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Commentary

Tra Libro Bianco e F35, qui Renzi gioca in "Difesa"

01 luglio 2014

Sebbene il presidente del Consiglio Matteo Renzi non abbia personalmente dedicato molta attenzione alla politica di difesa nei primi mesi di mandato, il suo governo ha adottato alcune decisioni rilevanti in materia, intraprendendo un processo di riforma che merita di essere analizzato da vicino, anche alla luce del prossimo semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea.

Pure trattandosi di un processo in fieri, esaminando le scelte compiute, il dibattito politico e i molteplici annunci è già possibile individuare tre elementi distintivi che caratterizzano la modalità con la quale il governo Renzi ha affrontato i temi della difesa e le sue pressanti esigenze di trasformazione, in particolare in relazione alle questioni della spesa del comparto e al legame fra bilancio (mezzi) e obiettivi della politica di difesa italiana. 

Il primo e più importante aspetto che emerge nella politica di difesa dell’esecutivo è rappresentato dalla decisione, attesa per più di un decennio, di elaborare un nuovo Libro Bianco. In un contesto regionale e globale in mutamento, dopo oltre un decennio di impiego costante delle Forze Armate, e di fronte alla necessità di una ristrutturazione della spesa per la difesa (in termini quantitativi e qualitativi), il percorso di revisione strategica permetterà finalmente all’Italia di indicare obiettivi, limiti ed opportunità rispetto all’evoluzione dello strumento militare nazionale nei prossimi quindici anni e delineare la struttura del comparto difesa nel suo complesso (anche nella sua componente non militare). In aggiunta, la definizione di una nuova dottrina rappresenta una grande opportunità per rafforzare e promuovere la superficiale e traballante cultura strategica italiana. 

Due elementi vanno sottolineati. Da un lato emerge l’apprezzabile tentativo di avviare un percorso trasparente, aperto e inclusivo, in primis nei confronti del Parlamento e dell’opinione pubblica. Finora, tale processo ha visto il coinvolgimento di alcuni esperti che hanno fornito preliminari suggerimenti accolti dal Ministero nell’elaborazione delle prime “Linee Guida” che orienteranno il Libro Bianco rispetto ai “grandi interrogativi che sottendono alla sicurezza e difesa nazionale e al futuro delle Forze armate”. I prossimi mesi consentiranno allora di valutare appieno il grado di apertura e inclusività dell’intero processo.

Dall’altro lato, l’annunciata elaborazione del Libro Bianco permette all’esecutivo di introdurre una più ampia cornice politica e strategica nel quale inserire le difficili scelte relative agli aspetti finanziari della difesa. In altre parole, le questioni più spinose dovrebbero essere subordinate – condizionale d’obbligo – alle premesse contenute nella nuova dottrina rispetto alle scelte di fondo della politica di difesa. Le Linee Guida, per esempio, si concentrano su elementi quali “il contesto globale”, “gli interessi nazionali”, “i compiti e la configurazione della forze armate”. Tutti elementi che influenzeranno considerevolmente aspetti più puntuali, quali “i futuri modelli operativi”, “la struttura organizzativa” e “l’acquisizione di capacità”. 

La questione delle risorse assume qui un ruolo rilevante. E il secondo tratto distintivo della politica di difesa del governo Renzi attiene proprio alla modalità con quale l’esecutivo ha cercato di affrontare i nodi finanziari relativi alla difesa, all’interno della più ampia discussione connessa alla revisione della spesa pubblica e in parallelo all’accesso dibattito pubblico sui costi relativi a controversi programmi d’armamento come gli F-35. A tal proposito affiorano due contraddizioni rispetto all’approccio finora adottato dal governo. 

In primo luogo emergono le contraddizioni fra la necessità di “razionalizzare e ridurre significativamente la quota di spese destinate agli armamenti” (dal documento ”Indagine conoscitiva sui sistemi d'arma” della Commissione Difesa della Camera, 7 maggio 2014) e le pressioni volte mantenere un sistema produttivo all’avanguardia nel settore. Implementare tale programmazione metterebbe in forte dubbio la possibilità di portare avanti onerosi e complessi programmi come la “Forza NEC”. Il nodo centrale rimane comunque il programma F-35, le cui criticità sono ampiamente enfatizzate dalla Commissione, e poste in contrasto rispetto alle “prospettive di sviluppo commerciale e tecnologico” degli Eurofighter. Non sarà facile riconciliare “l’obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto” (richiamato nell’“Indagine”) con le recenti osservazioni del Ministro che ha posto l’accento su come l’attuale “congelamento” influenzi la “curva di apprendimento” del sistema produttivo (che permette cioè di imparare a fare nei tempi e nei costi richiesti), rimarcando come un’uscita dal programma F-35 non sia nemmeno da prendere in considerazione.  

La seconda contraddizione, strettamente legata, è che il rapporto fra Libro Bianco e ristrutturazione della spesa è stato già messo in discussione ad aprile quando il governo ha ridotto di 400 milioni di euro gli investimenti per la difesa (di cui 150 proprio relativi al programma F-35). Secondo il Ministro la scelta di continuare a tagliare il budget rischia di mettere in pericolo la sostenibilità di “impegni futuri non programmati”. Ma se, da una parte, la Difesa lamenta la mancanza di fondi e il contributo superiore a quello di altri dicasteri fornito in ambito di spending review, dall’altra, il Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, individua invece “un “benchmark di spesa” per la difesa maggiore a quello dell’area Euro, suggerendo di tagliare tale differenza (circa 3 miliardi di euro) nell’arco di tre anni. Tale analisi presenta però numerosi problemi, anche di metodo, e rischia di promuovere la logica del “taglio lineare” (spesso criticato “a parole”) in un settore che presenta peculiarità che vanno riconosciute. Lo stesso Ministro, nelle parole richiamate sopra, ne ha enfatizzate alcune relative al legame fra spesa e sistema industriale. 

Aldilà di tali contraddizioni, il dibattito politico sul bilancio della difesa ha permesso di far emergere comunque alcuni punti condivisi, tra i quali la necessità di equilibrare quanto prima il budget della Funzione Difesa secondo i dettami della Legge 244 del 2012 (ovvero 50% personale, 25% esercizio e 25% investimenti), di evitare ulteriormente riduzioni dei costi per l’esercizio, migliorare la trasparenza di dati finanziari finora aggregati e poco comprensibili, promuovere l’indispensabile interoperabilità tra forze (ancora da raggiungere) e tra alleati.

Infine, il terzo elemento rilevante che emerge dall’analisi dei primi mesi del governo e meno affrontato e dibattuto dai media è relativo alle missioni militari internazionali. La fine dell’operazione ISAF in Afghanistan rappresenta un momento di svolta anche per la politica di difesa italiana, che dovrà avviare un “riposizionamento” nello scenario regionale e internazionale. Al contempo, impone una rivisitazione del bilancio, perché il budget delle missioni ha permesso di sopperire alla mancanza di risorse destinate all’operatività delle Forze Armate. 

In conclusione, i tratti caratterizzanti le scelte di politica di difesa compiute dal governo Renzi, tra potenziale innovativo e contraddizioni, si inseriscono un contesto politico ormai segnato dalla consapevolezza dell’urgenza delle riforme, dal bilancio “squilibrato” alle procedure di autorizzazione alle missioni internazionali, dal controllo del procurement fino alla revisione dei codici militari. La scelta di elaborare un nuovo Libro Bianco rappresenta la premessa migliore per affrontare adeguatamente le considerevoli sfide del futuro. Solo le effettive caratteristiche di tale percorso e i suoi contenuti permetteranno di fornire una valutazione complessiva sulla politica di difesa dell’esecutivo. 

Fabrizio Coticchia, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

Francesco Niccolò Moro, Università Milano Bicocca and FBK-Cerpic, Trento

 

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