Negli ultimi anni, anche a causa delle difficoltà riscontrate nelle negoziati nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, molti paesi hanno preferito perseguire le loro strategie commerciali tramite accordi bilaterali, per molti versi più facili da finalizzare, ma non privi di conseguenze per i paesi terzi.
Anche l’Unione Europea (UE) ha intrapreso questa strada e nel 2015 ha annunciato la sua nuova strategia sul commercio e gli investimenti, denominata “Trade for All” nella quale sempre maggiore attenzione viene posta non solo alle questioni tariffarie, ma anche agli aspetti riguardanti la gestione del processo di globalizzazione in senso ampio: dall’eliminazione delle barriere tecniche (quali le misure sanitarie e fitosanitarie, i regolamenti, gli standard, le procedure) alla disciplina della concorrenza e della tutela della proprietà intellettuale, veri ostacoli all’internazionalizzazione delle imprese.
Il recente accordo commerciale con il Giappone (EU-Japan Economic Partnership Agreement), entrato in vigore il 1° febbraio 2019, rientra in questa categoria degli accordi “di nuova generazione”, come i precedenti accordi dell’UE con Corea del Sud e Canada; lo stesso nome indica la volontà di andare oltre il semplice accordo di liberalizzazione commerciale. Così tutti gli accordi recenti dell’UE hanno sostanzialmente in comune un primo blocco di capitoli che comprende le disposizioni generali, il trattamento nazionale e l’accesso al mercato dei beni, le misure di difesa commerciale, le barriere tecniche, le misure sanitarie e fitosanitarie, le pratiche doganali e l’agevolazione degli scambi. Vi è poi un secondo blocco di capitoli su servizi e investimenti che risulta articolato in maniera più o meno dettagliata. Tutti gli accordi prevedono poi capitoli dedicati alla concorrenza, agli appalti pubblici, alla proprietà intellettuale, alla trasparenza e allo sviluppo sostenibile. E si concludono con uno o due capitoli recanti le disposizioni istituzionali e finali.
Alcune peculiarità riguardano però l’accordo con il Giappone, che include capitoli sulle best practices e la cooperazione regolatoria, sulla cooperazione in materia di agricoltura, nonché capitoli sulla corporate governance e le piccole e medie imprese. I princìpi di corporate governance richiamati dall’accordo includono trasparenza e disponibilità di informazioni sulle imprese quotate; responsabilità dei manager; tutela dei diritti degli azionisti; trasparenza ed equità delle operazioni di acquisizione. Le disposizioni specifiche per le piccole e medie imprese sono finalizzate a facilitarne la partecipazione agli scambi internazionali. È prevista, ad esempio, la creazione di un sito web che fornisca informazioni rilevanti e di un punto di contatto dedicato alle piccole e medie imprese.
Si prevede di eliminare immediatamente i dazi sull’86% delle linee tariffarie, ovvero sul 91% dell’import giapponese dall’UE. Per gli altri prodotti, molti dei quali agroalimentari, il periodo di transizione previsto è di cinque, dieci o quindici anni, e alcuni prodotti saranno soggetti a quote tariffarie. L’obiettivo dell’accordo è di liberalizzare il 97% delle linee tariffarie, cioè eliminare dazi sul 99% dell’export dell’UE. Il settore agroalimentare, anche in questo caso, è quello più protetto.
Anche in assenza di dazi, la complessità e la scarsa trasparenza delle procedure doganali rappresentano un ostacolo sostanziale agli scambi. Un obiettivo dei recenti accordi è modernizzare e semplificare tali procedure, rendendo il passaggio delle dogane il più possibile rapido. La rapidità delle operazioni è assicurata non solo dal miglioramento delle procedure e dei regolamenti doganali, ma anche dalla trasparenza con la quale le informazioni necessarie sono rese disponibili agli esportatori. Negli accordi sono specificate in maniera il più possibile chiara le regole di origine, cioè i criteri da rispettare per ottenere lo status di esportatore. Le regole di origine sono particolarmente importanti perché in base ad esse si stabilisce se un prodotto è eleggibile per ricevere il trattamento preferenziale garantito dall’accordo. La questione delle regole di origine è ancor più delicata per i prodotti maggiormente soggetti alla frammentazione della produzione, per i quali l’import di parti e componenti è rilevante. La regola generale è che i prodotti siano considerati come originari di un paese se interamente prodotti sul territorio nazionale o se le lavorazioni sono state effettuate nel paese in misura “sufficiente”. A questo riguardo, l’accordo con il Giappone prevede l’utilizzo di dichiarazioni di origine presentate dall’esportatore. Sono vietate visite di controllo presso gli esportatori, ma si prevede che le autorità del paese importatore possano avvalersi della cooperazione amministrativa del paese esportatore al fine di ottenere le informazioni necessarie.
Le indicazioni geografiche che vengono incluse nei recenti accordi sono di particolare importanza per i paesi europei e specialmente per l’Italia, che ha un patrimonio enogastronomico ampio e soggetto a frodi e imitazioni a danno dei produttori e dei consumatori. L’indicazione geografica permette l’identificazione dei prodotti originari e caratteristici di certe aree territoriali. Per il consumatore è una fonte importante di informazione poiché costituisce una garanzia sulla provenienza e sull’adesione a un disciplinare specifico. Tramite l’accordo firmato, il Giappone riconosce 200 indicazioni geografiche, di cui 44 italiane. Il settore alimentare beneficia in modo sensibile dell’accordo oltre che per la protezione delle indicazioni geografiche anche per l’eliminazione dei dazi particolarmente elevati in questo comparto e per la semplificazione delle procedure di accesso al mercato giapponese.
Oltre al settore alimentare, che conta per oltre il 10% dell’export italiano verso il Giappone, di particolare rilievo per le esportazioni sono i settori della meccanica e della chimica, che insieme costituiscono oltre il 30% delle vendite verso quel paese, e il settore automobilistico, di grande interesse per tutta la filiera di produzione europea. Anche in questi settori sono previsti notevoli vantaggi. Al di là dell’eliminazione dei dazi, meno elevati per questi tipi di beni (ma comunque significativi in alcuni casi, come per le automobili), la riduzione delle barriere non tariffarie e relative alla regolamentazione può notevolmente agevolare gli scambi.