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Commentary
Transizione democratica interrotta in Burkina Faso?
17 settembre 2015

L’arresto da parte della Guardia presidenziale del capo dello Stato, Michel Kafando, e del premier, Isaac Zida, in Burkina Faso sembra aver interrotto la transizione democratica in atto nel paese, mettendo una seria ipoteca sul processo interno di democratizzazione.

I fatti sono presto detti. Ieri, mercoledì 16 settembre, militari della Guardia presidenziale hanno fatto irruzione nella sala dove si stava tenendo il Consiglio dei ministri e hanno preso in ostaggio i vertici dello stato. Perché?

La scintilla che ha fatto esplodere la crisi è stata la proposta avanzata dalla Commissione per la riconciliazione nazionale di sciogliere la Guardia che, in passato, si sarebbe macchiata di violenze. 

Alla base della rivolta però ci sarebbe altro. Ad agosto 22 politici avevano presentato le proprie candidature per le elezioni presidenziali che si sarebbero dovute tenere l’11 ottobre. Una tornata elettorale fondamentale perché avrebbe messo fine alla fase di transizione iniziata dopo la fuga dell’ex Presidente Blaise Compaoré, rifugiatosi in Costa d’Avorio il 31 ottobre 2014, dopo 27 anni di governo. A fine agosto, però, il Consiglio costituzionale, nel rispetto della nuova legge elettorale, ha annullato le candidature presentate da funzionari del passato regime. Sono stati così esclusi personaggi come il generale Djibril Bassolé, già ministro degli Esteri sotto la presidenza di Compaoré, e il colonnello Yacouba Ouedraogo, già ministro dello Sport. Qualche giorno prima, sempre il Consiglio costituzionale aveva dichiarato ineleggibili un quarantina di funzionari ed ex sostenitori del regime di Blaise Compaoré, che quindi non avrebbero potuto candidarsi alle elezioni legislative che si sarebbero dovute tenere in concomitanza con le presidenziali. La maggior parte degli interessati era membro dell’ex partito di Compaoré, il Congresso per la Democrazia e il Progresso (Cdp). Tra essi spiccano Eddie Komboïgo, il Presidente, Achille Tapsoba, il Vicepresidente, Fatoumata Diendéré, alto dirigente del partito e moglie del generale Gilbert Diendéré, braccio destro di «Blaise». 

Gli esclusi non hanno però accettato la decisione. E infatti sono proprio loro ad aver sostenuto e a sostenere la Guardia presidenziale, un reparto d’élite, forte di circa 1.200 uomini, che fungeva da guardia scelta dell’ex capo di stato Blaise Compaoré ed è considerato ancora vicino quest’ultimo. Non è un caso che nel primo comunicato del Comitato nazionale per la democrazia (Cnd), il comitato che riunisce i golpisti, sia stato deposto il Presidente Michel Kafando e siano state annullate le elezioni perché «poco inclusive». Inoltre, il generale Gilbert Diendéré è stato nominato Presidente del Cnd. L’alto ufficiale negli scorsi anni era considerato uno strettissimo collaboratore di Blaise Compaoré.

La società civile ha subito reagito organizzando manifestazioni di protesta che sono state disperse dai militari. Il rischio è che dimostrazioni di questo tipo vengano duramente represse come è capitato in Burundi nei mesi scorsi.

L’incognita è come si muoveranno le forze armate nelle prossime ore. Se i generali si schiereranno contro la Guardia presidenziale, il golpe potrebbe finire in poche ore. Se invece la appoggeranno, allora nei prossimi anni ci sarà poco spazio per la democrazia in Burkina Faso.

Enrico Casale, giornalista di Africa, bimestrale dei Padri bianchi

 

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Burkina Faso Africa colpo di stato militari Blaise Compaoré
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