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ISPI Watch

Troppo petrolio sulle Vie della Seta

Naser Al-Tamimi
29 gennaio 2020

Attualmente, la Cina è il più grande paese importatore di greggio al mondo e la sua dipendenza dalle importazioni di petrolio è superiore al 70%, molto al di sopra degli obiettivi del governo cinese che stabiliscono di limitarne l’import a circa il 62%. Trend destinati a crescere nel prossimo decennio. Ne consegue dunque che l’energia occupi un posto di rilievo nei progetti BRI di Pechino. La Banca Mondiale stima che i progetti BRI in tutti i settori (sia che siano già stati eseguiti, che siano in fase di implementazione o soltanto pianificati) valgono 575 miliardi di dollari, di cui quelli in campo energetico rappresentano oltre il 45% di tutti gli investimenti Belt and Roard Initiative (BRI).

In questo contesto, ci sono diversi obiettivi di sicurezza energetica che Pechino pianifica di raggiungere attraverso la BRI:

  • Garantire le risorse energetiche di cui la Cina ha bisogno per il suo sviluppo economico;
  • Acquisire una sicurezza energetica, diversificando le relazioni, le forniture e le rotte;
  • Accelerare la costruzione di riserve strategiche per mitigare eventuali shock di approvvigionamento futuri;
  • Esportare l’overcapacity e aprire nuovi mercati per le imprese energetiche cinesi.

Oltre al petrolio la Cina importa quasi la metà del suo gas naturale (attraverso condutture oppure gas naturale liquefatto “GNL”), e la maggior parte delle importazioni provengono dalla Russia, dall’Asia centrale e dall’Australia. In prospettiva, le importazioni cinesi di gas naturale continueranno a crescere a ritmo sostenuto nel corso del prossimo decennio, poiché l’uso di gas domestico aumenta di pari passo alle politiche “carbone-gas” di Pechino che spinge verso l’utilizzo di fonti energetiche più pulite. Certamente, se la fornitura di gas dovesse essere a rischio, Pechino potrebbe tuttavia aumentare la sua dipendenza dalla Russia o tornare temporaneamente all’utilizzo del carbone.

Pertanto, l’attenzione di Pechino in termini di sicurezza energetica rimane sulle importazioni di petrolio. Più di 3/4 delle importazioni di petrolio della Cina e meno di 1/5 delle importazioni di gas naturale attraversano il Mar Cinese Meridionale e lo Stretto di Malacca. Nonostante gli sforzi di Pechino per diversificare la fonte delle sue importazioni di petrolio, la sua dipendenza dalle forniture di Medio Oriente e Africa rappresenta ancora circa i 2/3 delle importazioni totali di greggio.

Questa crescente dipendenza dalle importazioni di petrolio per via marittima in un momento di crescente tensione geopolitica con gli Stati Uniti e instabilità in Medio Oriente e Nord Africa (MENA) preoccupano i decision makers a Pechino. In effetti, la Cina ha tutte le ragioni per essere preoccupata. La posta in gioco è molto alta data la sua importanza strategica per le forniture energetiche, i suoi enormi legami economici, nonché il benessere e la sicurezza delle centinaia di cinesi che vivono e lavorano nell’area.

Inoltre, l’aumento dei prezzi del petrolio e delle tensioni nella regione potrebbe essere particolarmente costoso per Pechino. In effetti, il costo annuale delle importazioni di petrolio della Cina ha superato i 239 miliardi di dollari nel 2018. Più di 75 miliardi rispetto all’anno precedente e quasi il doppio rispetto al 2016. È probabile che i prezzi aumentino nuovamente anche nel 2020. Nel 2019, la Cina ha importato 506 milioni di tonnellate di petrolio greggio (equivalenti a 10,12 milioni di barili al giorno) — circa il 9,5% in più rispetto al 2018, secondo i dati dell’Amministrazione generale doganale cinese. Pertanto, qualsiasi aumento significativo del prezzo mondiale del petrolio esercita una forte pressione sull’economia cinese.

Pechino ha alcune opzioni a breve termine per ridurre le vulnerabilità strategiche associate all’aumento delle forniture marittime e alla crescente instabilità in diversi paesi BRI. In primis, può fare affidamento su strumenti diplomatici ed economici per proteggersi nelle regioni BRI dove è più in difficoltà. Inoltre, sul medio e lungo periodo, grazie allo sviluppo delle sue capacità militari, la Cina avrà il potenziale per un cambiamento degli equilibri di potere su scala globale. La perseveranza di Pechino nell’assicurarsi risorse energetiche, nell’espandere gli interessi della BRI e nel costruirsi alleanze strategiche potrebbe essere associata alla necessità di una protezione statale e militare. Oppure Pechino potrebbe diventare più pericolosa e fare affidamento sulle sue forze militari per avanzare e proteggere i suoi interessi nei prossimi decenni. Tuttavia, la Cina sarà anche costretta ad alcune scelte difficili. Se vuole aumentare la sua influenza nei paesi BRI, dovrà infatti impegnarsi nella complicata geopolitica di queste regioni ed essere più energica nell’uso dei suoi asset strategici.

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Tags

Cina Asia MENA Energia OBOR
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AUTORI

Naser Al-Tamimi
Analista politico e giornalista

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Nella foto: la prima petroliera “intelligente” cinese

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