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Focus Mediterraneo allargato n.17

In Tunisia la crisi si stratifica

Fabio Frettoli
28 settembre 2021

Sempre più indebolita dal sommarsi di crisi parallele, differenti per natura ma tendenti a rafforzarsi a vicenda, la Tunisia sembra aver raggiunto un nuovo potenziale punto di rottura. In una società duramente provata dalla pandemia e sfibrata da un sistema economico da anni ormai non più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, la decisione del presidente tunisino Kais Saied apre scenari politici inediti per il paese.

Quadro interno

In seguito a una serie di partecipate manifestazioni di piazza, in alcuni casi anche violente, contro il governo in carica, lo scorso 25 luglio il presidente tunisino Kais Saied, invocando l’articolo 80 della Costituzione, ha rimosso il primo ministro (e avversario politico) Hichem Mechichi, sospeso per un mese i lavori del parlamento, e tolto l’immunità ai suoi membri.

La maggioranza delle formazioni politiche presenti in parlamento, e in particolar modo i partiti di governo, hanno immediatamente rigettato l’annuncio di Saied, accusandolo di aver interpretato a suo favore il contenuto dell’articolo 80 nonché di agire al di fuori della legalità. L’opposizione più marcata è arrivata da Ennahda, partito islamista moderato e pilastro della maggioranza di governo, e dal suo leader Rached Ghannouchi, anche in veste di presidente del parlamento tunisino.

Nonostante i dubbi, anche tra esperti e costituzionalisti, sulla legalità delle azioni del presidente tunisino, la grande maggioranza della popolazione, sfiancata da una crisi socioeconomica e sanitaria in continuo deterioramento, sembra sostenere la scelta di Saied. Secondo un sondaggio di Sigma Conseil pubblicato il 17 agosto, il 94,9% della popolazione approverebbe la decisione del presidente Saied, e il 91,9% voterebbe per lui in una nuova elezione presidenziale. Un suo potenziale partito raccoglierebbe il 20,1% dei voti, rendendolo la seconda forza politica, dietro soltanto al Partito Desturiano Libero (Pdl), formazione nostalgica del regime pre-2011.[1]

Da questi dati, suffragati anche dalle numerose manifestazioni pubbliche di sostegno a favore del presidente avvenute in seguito al suo annuncio, appare chiaro il desiderio di una larga fetta di cittadini tunisini di trovare un’alternativa all’attuale sistema politico, percepito come incapace di affrontare la crisi socioeconomica che da anni affligge il paese, aggravata ulteriormente dalla più recente crisi sanitaria causata dalla pandemia in corso. Le partecipate proteste e manifestazioni di piazza che hanno attraversato il paese nei mesi scorsi, in crescita rispetto agli anni scorsi, sono un’ulteriore spia del crescente livello di malcontento della popolazione.

Nella pratica, il colpo di mano di Saied sembra aver provocato una serie di conseguenze relativamente limitate, ma non per questo meno significative.

In primis, con la sospensione dell’immunità parlamentare, alcuni membri del parlamento sono stati raggiunti da mandati di arresto legati a inchieste o condanne in precedenza non applicabili. Il partito più colpito è stata la formazione ultraconservatrice e islamista radicale del movimento al-Karama, che ha subito l’arresto di due dei suoi 19 parlamentari.[2]

Inoltre, il presidente Saied ha rimosso o demansionato una serie di figure chiave della macchina statale e delle forze di sicurezza, sostituendole con personalità a lui più vicine. Tra le nomine di maggior peso ci sono un nuovo direttore generale per la sicurezza nazionale e, facenti funzione, un nuovo ministro dell’Interno e un ministro della Salute.[3]

A un mese dall’entrata in vigore dalle misure previste dell’articolo 80, termine massimo dopo il quale la loro applicazione avrebbe dovuto essere rivista e valutata dalla Corte costituzionale, il presidente tunisino ne ha annunciato il prolungamento fino a data da destinarsi. Tale mossa è stata possibile in primis poiché la Corte costituzionale non è mai stata costituita, nonostante sia prevista dalla Costituzione varata nel 2014. In un incontro istituzionale avvenuto all’indomani dell’annuncio, il presidente ha motivato l’estensione delle misure emergenziali con l’affermazione che le istituzioni politiche esistenti, nonché il loro modus operandi, siano “un pericolo per lo stato”, sottintendendo quindi la necessità di continuare, almeno per il momento, a impedire a questi attori di prender parte alla gestione della cosa pubblica. Un affondo a parte è stato riservato dal presidente Saied al parlamento.[4]

In seguito all’annuncio della presidenza tunisina, diversi esponenti di spicco della società civile hanno chiesto in un comunicato congiunto al presidente di presentare quanto prima una roadmap per il futuro del paese. Nello stesso comunicato hanno anche denunciato l’arbitrarietà di diverse decisioni prese da Saied, come ad esempio le restrizioni sui viaggi all’estero di un crescente numero di uomini politici, giudici e uomini d’affari. Tra i firmatari del documento spiccano la Lega tunisina per i diritti dell’uomo, il sindacato dei giornalisti e l’associazione tunisina delle donne democratiche.[5]

Nonostante il presidente sembri godere dell’appoggio della maggioranza dei tunisini, secondo diversi osservatori Saied non avrebbe ancora avviato alcun processo politico per affrontare le più profonde problematiche socioeconomiche del paese. In questo ambito il presidente sembrerebbe, almeno per il momento, volersi limitare a dichiarazioni che lo qualifichino come sostenitore delle classi sociali più deboli, senza però mettere in atto alcuna politica concreta che potrebbe inimicargli il ceto produttivo del paese.[6] Allo stesso tempo, un’ulteriore causa del quasi immobilismo del presidente in questo ambito sarebbe da trovarsi nell’impossibilità di avviare processi politici che abbiano un effetto profondo in campo socioeconomico utilizzando soltanto l’autorità presidenziale, senza potersi appoggiare a un governo in carica o a un organo legislativo. A questo riguardo è importante ricordare come Saied si sia sempre dichiarato contrario all’attuale sistema politico tunisino, in cui i partiti giocano un ruolo centrale, e sin dalla sua campagna per le elezioni presidenziali si sia espresso a favore della sostituzione dell’attuale sistema parlamentare con un sistema decentralizzato basato su consigli locali i cui membri verrebbero eletti direttamente dai cittadini. Tali consigli sceglierebbero al loro interno dei delegati che andrebbero a formare delle assemblee regionali, le quali a loro volta nominerebbero i membri di un’assemblea rappresentativa nazionale.[7]

Durante i mesi estivi, anche a causa del diffondersi della variante delta, la Tunisia si è trovata ad affrontare un’ennesima e più virulenta ondata di contagi di Covid-19. Durante il mese di luglio il numero di morti giornalieri da coronavirus ha raggiunto nuove cifre record, segnale di un livello di circolazione del virus fino a quel momento inedito per il paese. Il sistema sanitario tunisino, sfibrato da mesi di crescita dei ricoveri e di per sé inadeguato ad affrontare un’emergenza sanitaria che pesa in particolar modo sui reparti di lunga degenza e terapia intensiva, si è ritrovato ai limiti del collasso.[8] Oltre a una diffusa carenza di posti letto, sono stati numerosi i casi di strutture sanitarie che hanno faticato a ricevere approvvigionamenti di ossigeno, elemento chiave per garantire l’appropriato funzionamento delle terapie intensive e le cure a pazienti affetti da Covid-19.[9] Al termine del mese di agosto il paese contava 23.451 decessi per Covid-19, su una popolazione totale di circa 11,7 milioni di abitanti. Tale dato rende la Tunisia il paese con il più alto tasso di decessi pro-capite da Covid-19 di tutto il mondo arabo e di tutto il continente africano.[10] Vale la pena inoltre sottolineare che degli oltre 23.000 decessi registrati dall’inizio della pandemia fino al termine del mese di agosto, quasi 11.000 di essi si sono verificati nei mesi estivi.[11] Per far fronte a una situazione di tale difficoltà, il 20 giugno quattro dei governatorati più colpiti (Béja, Kairouan, Siliana e Zaghouan) hanno imposto un lockdown totale, mentre a partire dal 1° luglio il governo tunisino ha decretato l’entrata in vigore di un coprifuoco giornaliero di nove ore (dalle 20:00 alle 05:00) su tutto il territorio nazionale. Nell’area della Grande Tunisi è stato inoltre imposto un lockdown totale durante i finesettimana, e diversi governatorati hanno vietato l’ingresso e l’uscita di persone dai propri territori.

La campagna vaccinale, che dal suo inizio ufficiale del 13 marzo era progredita a ritmi ritenuti non sufficienti per raggiungere in tempi utili una copertura sufficiente della popolazione, ha subito una decisa accelerata nel mese di agosto.[12] Grazie all’organizzazione di diverse giornate nazionali di vaccinazione intensiva, sostenute anche dal massiccio coinvolgimento della società civile e di gruppi di volontari, nel mese di agosto il numero totale di dosi somministrate nel paese è passato da 2.880.402 a 5.715.232.[13] Tale accelerata nella campagna vaccinale è stata percepita da diversi osservatori come un successo politico per il presidente Saied. L’obiettivo annunciato dal governo è di completare il ciclo vaccinale per il 50% della popolazione entro dicembre.

Relazioni esterne

La mossa di fine luglio del presidente Saied ha provocato reazioni diverse e spesso contrapposte tra i membri della comunità internazionale. Se i partner occidentali hanno espresso una generica preoccupazione per gli sviluppi nel paese, con l’Unione Europea che ha chiesto a tutti gli attori politici del paese di rispettare la Costituzione ed evitare violenze, altri paesi hanno adottato posizioni più nette. La Turchia, sostenitrice di tutte quelle formazioni politiche che fanno riferimento più o meno esplicito alla Fratellanza musulmana e vicina al partito di Ennahda, ha dichiarato attraverso il suo ministro degli Esteri di essere profondamente preoccupata per gli sviluppi nel paese e ha invocato il ripristino della “legittimità democratica”. Il portavoce del presidente Erdoğan ha inoltre dichiarato, attraverso Twitter, che il suo paese rigetta la sospensione del processo democratico in atto in Tunisia e il non rispetto della volontà democratica del popolo tunisino.[14] Per contro, diversi paesi del mondo arabo che si pongono in contrapposizione rispetto alla Turchia e alla Fratellanza musulmana, hanno accolto favorevolmente l’annuncio del presidente tunisino. Nonostante nell’immediato dai tre paesi non sia arrivata nessuna dichiarazione ufficiale, i media di stato di Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno definito in termini positivi la scelta del presidente Saied, descrivendola come il trionfo della volontà popolare su Ennahda e, di riflesso, sulla Fratellanza musulmana e l’Islam politico. Secondo diversi esperti Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sembrano inoltre essere i fautori di una campagna di disinformazione sui social media volta a manipolare il dibattito online attorno agli sviluppi nel paese nordafricano.[15]

Un paese della regione che dall’annuncio del presidente Saied sembra aver ulteriormente rafforzato il livello di cooperazione con la Tunisia è la vicina Algeria. Nelle ultime settimane si sono infatti moltiplicati i contatti tra Saied e il suo omologo algerino Tebboune, già in passato su posizioni vicine rispetto al conflitto libico. Se da parte tunisina Saied sembra avere tutto l’interesse a rafforzare i rapporti con i suoi alleati in una fase così delicata, lo stesso si può dire per l’Algeria, anch’essa in un momento delicato a causa della rottura dei rapporti con il Marocco.[16] Il nuovo livello di collaborazione tra i due paesi sembra aver raggiunto anche l’ambito giudiziario. Il 30 agosto le autorità algerine hanno posto in stato di fermo l’ex candidato alla presidenza tunisina (e diretto sfidante di Saied), il magnate Nabil Karoui, leader del partito Qalb Tounes. Quest’ultimo, che era stato il secondo partito più votato alle elezioni legislative dell’ottobre 2019, aveva sostenuto il governo di Hichem Mechichi fino alla sua rimozione a luglio. Karoui dal 2017 è indagato per riciclaggio di denaro ed evasione fiscale ed era stato arrestato per la seconda volta nel dicembre 2020, per poi essere rilasciato lo scorso giugno. All’indomani del suo fermo in Algeria le autorità tunisine hanno emanato un mandato di arresto nei confronti di Karoui con l’accusa di aver attraversato illegalmente il confine con l’Algeria. Il fermo di Karoui da parte delle autorità algerine è stato visto da molti come parte di uno scambio tra Algeria e Tunisia che implica, da parte di quest’ultima, la riconsegna dell’attivista algerino Slimane Bouhafs, accusato di far parte di un gruppo separatista e condannato nel 2016 in patria per aver “insultato l’Islam”.[17] Bouhafs, che si trovava in Tunisia con uno status di rifugiato politico, sarebbe stato arrestato dalle autorità tunisine e, secondo alcune fonti, sarebbe già stato consegnato alle autorità algerine, in violazione dei suoi diritti di rifugiato.[18]

 

[1] “Tunisia: President Saied flying high in polls”, ANSA Med, 18 agosto 2021.

[2] “En Tunisie, plusieurs députés arrêtés après la levée de leur immunité parlementaire”, Le Monde, 2 agosto 2021.

[3] “Tunisian President Saied appoints new director general of national security -agency”, Reuters, 18 agosto 2021; “Under pressure, Saeid appoints Tunisia’s new interior minister”, AlJazeera, 30 luglio 2021; Tunisian president appoints Ali Mbrabet as new Health minister”, Africa News, 6 agosto 2021.

[4] “Tunisian party concerned at president's extension of emergency powers”, Reuters, 25 agosto 2021.

[5] M. Raynal, “En Tunisie, la société civile s'impatiente face à l'arbitraire de l'état d'exception”, RFI, 29 agosto 2021.

[6] F. Aliriza, The Tunisian president’s political capital is finite, Middle East Institute, 10 agosto 2021.

[7] “Kais Saïd pour la suppression des législatives”, Mosaique FM, 11 giugno 2019.

[8] “Covid-19 en Tunisie : situation ‘catastrophique’ et système de santé ‘effondré’”, France 24, 9 luglio 2021.

[9] N. Yoka, “Tunisie : les centres de santé paralysés par une pénurie d’oxygène”, Africa News, 21 luglio 2021.

[10] Worldometer – Covid-19 Coronavirus Pandemic.

[11] “The Covid-19 epidemic in Tunisia, in numbers”, Inkyfada, 26 febbraio 2021.

[12] M. Raynal, “En Tunisie, la société civile se mobilise pour les campagnes de vaccination”, RFI, 16 agosto 2021.

[13] “In numbers. Follow the Progression of Covid-19 vaccinations in Tunisia”, Inkyfada, 21 giugno 2021.

[14] “Tunisia coup: How the world reacted”, Middle East Eye, 27 luglio 2021.

[15] C. Parker, “Influential voices in Egypt, Saudi Arabia and UAE celebrate Tunisia turmoil as blow to political Islam”, The Washington Post, 27 luglio 2021.

[16] “Algeria severs diplomatic ties with Morocco, citing ‘hostile actions’”, France 24, 24 agosto 2021.

[17] “Amnesty calls for Tunisian authorities to 'come clean' over role in illegal rendition of Algerian activist”, Al-Monitor, 3 settembre 2021.

[18] “Algerian dissident case raises fears over Tunisian rights”, Reuters, 1 settembre 2021.

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ISPI Senior Advisor

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AUTORI

Fabio Frettoli
Fondazione Agenfor International

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