Berlino temporeggia sull’invio di carri armati all’Ucraina. E la coalizione rischia di dividersi sulla questione ‘Leopard’.
“Continueremo a fornire all'Ucraina tutto il sostegno di cui avrà bisogno, fin quando sarà necessario”: lo ha dichiarato ieri Olaf Scholz intervenendo ad una cerimonia alla Sorbona per il 60esimo anniversario del trattato dell'Eliseo, che sancì la riconciliazione tra Berlino e Parigi. Parole con cui il cancelliere tedesco prova a stemperare le nubi che da settimane si addensano sul ‘motore franco-tedesco’ e nelle relazioni tra i due paesi, attraversate da alti e bassi, in relazione alla guerra in Ucraina. Dopo le riserve sul price cap e la solidarietà finanziaria ai 27, infatti, ora la reticenza di Berlino riguarda un’altra decisione critica: l’invio di carri armati Leopard, di fabbricazione tedesca, ritenuti essenziali dal governo ucraino per difendersi e respingere una probabile nuova offensiva russa alla fine dell’inverno. Venerdì, a causa dei tentennamenti tedeschi, l’incontro dei rappresentanti di oltre 50 paesi nella base aerea di Ramstein si è concluso con una impasse: Olaf Scholz avrebbe ribadito che la Repubblica Federale non desidera essere il primo paese Nato a fornire armamenti di questo genere all’Ucraina e avrebbe sottoposto il proprio assenso all’invio da parte degli Stati Uniti dei propri M1 Abrams. Leopard tedeschi, Abrams statunitensi e Challenger britannici hanno capacità simili, ma secondo gli esperti militari sono più leggeri, facili da manovrare e da rifornire. Ma il vantaggio cruciale è la loro immediata disponibilità: oltre 2000 esemplari contenuti negli arsenali di 13 paesi europei, secondo l'International Institute for Strategic Studies.
Pressing su Berlino?
Se le cautele del cancelliere tedesco irritano Parigi, Varsavia non nasconde un vero e proprio fastidio. La mancata intesa registrata a Ramstein, infatti, impedisce ad altri paesi europei che dispongono di quei veicoli di inviarli all’esercito ucraino, perché la Germania – che li produce – deve autorizzare per contratto la loro riesportazione. “Manderemo i tank a Kiev se Berlino lo autorizzerà, ma anche se non dovesse”, ha detto il presidente polacco Andrej Duda ricordando che la Polonia ha già inviato oltre 260 carri armati T-72 e, assieme al presidente lituano Gitanas Nauseda, ha ribadito di aspettarsi una decisione rapida della Germania per ulteriori forniture a Kiev. Nauseda ha notato che “l’atteggiamento tedesco sta cambiando” anche se ha definito “un peccato” il ritardo di Berlino “perché ogni giorno di questa guerra costa molto”. Anche il ministro degli Esteri finlandese, Pekka Haavisto, ha invocato una svolta nelle forniture di carri armati e detto di sperare “che questa decisione (sui carri tedeschi Leopard) sia realizzata, la Finlandia è senz’altro pronta a giocare il suo ruolo negli aiuti”. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki si è spinto oltre, ipotizzando che se la Germania non manderà carri armati all’Ucraina, la Polonia creerà una “piccola coalizione” tra paesi europei per inviare tank alle truppe ucraine. “Non staremo a guardare – ha detto Morawiecki – mentre l’Ucraina muore dissanguata”.
Cambio di rotta?
La frustrazione polacca è ampiamente condivisa in Europa. Gli alleati lamentano scarsa comunicazione e chiarezza da parte di Berlino sulla questione dei carri armati. Una confusione alimentata nelle ultime ore dalle dichiarazioni di Annalena Baerbock, ministro degli Esteri dei Verdi, che ha detto che la Germania “non si opporrebbe” se la Polonia inviasse i suoi carri armati in Ucraina. Baerbock ha aggiunto che Varsavia non ha ancora richiesto il permesso tedesco per farlo. I dubbi in seno all’esecutivo tedesco starebbero creando tensioni nella coalizione ‘semaforo’ con gli alleati Verdi e Liberali che criticano l’indecisione del cancelliere socialdemocratico. In proposito la vice presidente del Bundestag, la verde Katrin Goering-Eckardt, si è detta “delusa” dell’indecisione di Scholz, mentre la presidente della Commissione difesa Marie-Agnes Strack-Zimmermann ha attaccato il cancelliere con un commento lapidario: “La storia ci sta guardando – ha detto – e purtroppo la Germania ha appena fallito”. Secondo varie fonti di stampa, l’indecisione tedesca avrebbe esasperato anche gli alleati a Washington, nonostante il nuovo ministro della Difesa di Berlino Boris Pistorius, abbia seccamente smentito ogni disaccordo tra Washington e Berlino sulla questione.
Germania isolata?
Sotto il fuoco di fila delle critiche, però, i funzionari tedeschi non ci stanno a passare per quelli che fanno mancare il proprio sostegno all'Ucraina. Dopo gli Stati Uniti, ricordano, la Germania è il principale fornitore di aiuti militari a Kiev. Berlino ha inviato avanzati sistemi di difesa aerea, cannoni antiaerei e lanciarazzi multipli, e solo poche settimane fa ha dichiarato che avrebbe inviato dozzine di corazzati da combattimento di fanteria Marder. La ragione profonda delle cautele tedesca, però, sarebbe da ricercare nel fatto che i Leopard segnerebbero un salto di qualità nelle forniture militari da parte di un paese Nato a Kiev, che vedrebbe aumentare la propria capacità offensiva. Il timore è quindi quello di una reazione russa e un ampliamento del conflitto, che Olaf Scholz è deciso a evitare a tutti i costi. “Dobbiamo sempre tenere conto di quale sia il rischio di escalation”, ha detto sabato alla radio tedesca Nils Schmid, portavoce per la politica estera dei socialdemocratici di Scholz. Mentre il ministro Pistorius – sottolinea il FT – ha insistito sul fatto che il cancelliere tedesco non è l’unico leader europeo ad avere dubbi. “L’impressione che ci sia una coalizione unita e che la Germania sia l’unica che si frapponga è sbagliata” ha detto, aggiungendo che ci sono “molti alleati” che condividono le cautele tedesche sulla questione dei carri armati.
Il commento
Di Danilo Taino, Corriere della Sera
“È probabile che, dopo vari tentennamenti, alla Germania non rimanga che accettare l’invio di carri armati Leopard all’Ucraina. E però le critiche che in queste ore vengono rivolte a Berlino, a mio avviso, non centrano il punto: c’è un non detto alla base dell’indecisione tedesca che è il frutto di una lettura diversa da quella degli alleati europei nei confronti della Russia. Berlino, e in particolare la componente Spd del governo, è convinta che Mosca non cederà mai. E che pur di non perdere la guerra, la Russa sia disposta a spingersi oltre ogni limite, fino a compromettere la sua stabilità. Una prospettiva che è di per sé un’incognita e che preoccupa la Germania”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.