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Commentary

Ue–Cina: per Berlino e Parigi è l’ora di giocare in difesa

Francesco Rocchetti
25 luglio 2017

Le relazioni commerciali tra Unione europea e Cina stanno vivendo una fase assai delicata. Un momento difficile docuto soprattutto al mancato riconoscimento europeo dello status di economia di mercato alla Cina in seno al World Trade Organization (Wto), che avrebbe modificato l’applicabilità delle misure anti–dumping contro la Repubblica popolare. Ma dal momento che questo riconoscimento è solo rimandato, nelle istituzioni europee si dibatte sulle possibili riforme della regolamentazione Ue sull’anti-dumping per contrastare l’espansionismo cinese e di altri paesi emergenti.

In aggiunta a ciò è importante seguire l’intesa che il nuovo asse franco-tedesco sembra aver trovato per l’introduzione, a livello europeo, di una regolamentazione che permetta ad ogni Stato membro di creare delle difese nazionali a protezione di aziende strategiche per il paese.

 

Dumping e antidumping
Dallo scorso novembre a Bruxelles si sta lavorando su un pacchetto di misure che mirano a cambiare il sistema di calcolo delle misure anti-dumping e anti-sussidi. Tenendo presente che il settore siderurgico europeo (e in particolare italiano) negli ultimi anni ha subito i contraccolpi della concorrenza cinese e della mancanza di misure difensive adeguate.
La posta in gioco non potrebbe essere più elevata: nel decidere come saranno regolati i rapporti commerciali con la Cina, i policy maker di Bruxelles sono soggetti ad un’enorme pressione da parte di Pechino che da una parte ha aperto un contenzioso al Wto contro la regolamentazione anti-dumping dell’Unione europea e dall’altra ha, neppure troppo velatamente, minacciato di introdurre limitazioni alle importazioni di auto tedesche nel paese se i limiti europei si rivelassero troppo restrittivi.
Questi elementi contribuiscono a creare una situazione delicata, che necessita però di azioni tempestive. È necessario infatti che l’Ue si doti di nuovi strumenti di difesa commerciale prima che l’organo di appello del Wto, come è molto probabile, si pronunci in favore del ricorso cinese e chieda quindi all’Unione europea di riconoscere, come promesso 15 anni fa, lo status di economia di mercato alla Cina.
Nonostante questa scadenza vada avvicinandosi, si fanno sempre più manifeste le inusuali timidezze della Commissione e del Consiglio europeo che hanno presentato proposte assai poco ambiziose, proprio per evitare di intaccare il delicato equilibrio esiste tra Unione europea e Cina.
Il Parlamento europeo, facendo suoi i timori di cittadini e Pmi preme invece perché la nuova regolamentazione anti-dumping sia il più stringente possibile.
In questo scenario, il sistema Italia all’interno delle istituzioni europee, consapevole che il nostro paese sia uno degli Stati membri che soffre maggiormente la competizione cinese, sta giocando una ruolo centrale nella costruzione di una maggioranza a favore di misure più restrittive nei confronti della Cina. La conclusione della partita sugli strumenti di difesa commerciale è prevista per dicembre 2017.

 

Limitazione di investimenti stranieri
Oltre alle norme antidumping, in questi mesi è in discussione la possibilità di creare nuove norme che regolino l’ingresso di capitali stranieri in aziende strategiche europee.
La Germania, per esempio, ha appena approvato una legge che rinforza le misure di difesa commerciale già esistenti permettendo al governo centrale di poter sovrintendere all’ingresso di soggetti stranieri pronti ad acquisire più del 25% del pacchetto azionario di aziende tedesche. Questo intervento normativo, che ha trovato l’appoggio francese, ha un obiettivo duplice: da una parte introdurre regole che impediscano che dietro al compratore non si celino fondi pubblici cinesi e dall’altra allargare lo spettro dei settori chiave nei quali il governo può intervenire limitando le acquisizioni straniere (oggi è circoscritto soltanto ad acquisizioni critiche per la sicurezza nazionale, senza includere settori come l’hi-tech e la robotica, per esempio).
Osservando le mosse di Emmanuel Macron in queste prime settimane di presidenza nell’ambito della politica commerciale, è possibile ipotizzare che, provando ad accontentare Angela Merkel sul fronte della limitazione degli investimenti esteri, la Francia voglia costruire il capitale politico che le sarà utile nei prossimi mesi, quando dovrebbe annunciare le sue proposte per la riforma del sistema europeo che avranno bisogno di tutto il sostegno possibile.


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Francesco Rocchetti, ISPI Research Assistant

 

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Europa commercio investimenti
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Francesco Rocchetti
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