Il premier italiano Mario Draghi chiama il presidente russo Vladimir Putin. Al centro dei colloqui i migranti al confine polacco, l’Ucraina e i rifornimenti di gas.
Mario Draghi ha chiamato ieri il presidente russo Vladimir Putin. Una telefonata, quella del presidente del consiglio italiano, che arriva in un momento di grande tensione tra il Cremlino e le capitali europee, a causa di diversi dossier caldi. Che sono, precisamente, quelli citati nel comunicato stampa diffuso al termine del colloquio: i due leader – riporta sinteticamente il documento – hanno discusso della crisi dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, della dinamica dei prezzi dell'energia e della situazione in Ucraina. Secondo fonti diplomatiche riportate oggi dalla stampa italiana, Putin avrebbe invitato il premier italiano a recarsi in visita a Mosca. Quello di ieri è il quarto colloquio telefonico che i due leader si scambiano in poco più di quattro mesi. L’ultimo era stato incentrato sul G20 straordinario sull’Afghanistan, voluto dall’Italia e a cui, però, Putin non aveva partecipato. E segue quelli avuti nei giorni scorsi dal leader del Cremlino con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron. Con la prima ormai quasi fuori di scena, i leader di Italia e Francia, che nei prossimi giorni firmeranno a Roma il Trattato del Quirinale, si muovono di concerto per orientare il dibattito europeo e individuare soluzioni alle sfide comuni. Un’intesa rinnovata e per cui il rapporto con la Russia di Putin si presenta come il primo vero banco di prova.
Cortocircuito sui migranti?
Sulla vicenda dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, il presidente russo ha risposto a Draghi come aveva già fatto con Merkel e Macron, ovvero consigliando di trattare direttamente con Minsk. Inoltre, secondo il servizio stampa del Cremlino, Putin avrebbe sottolineato le sistematiche “violazioni degli obblighi internazionali da parte della Polonia nella protezione dei diritti dei profughi” e lamentato episodi di “trattamento crudele” dei migranti da parte delle guardie di frontiera polacche. Un’evidenza denunciata anche dalle organizzazioni per i diritti umani che rischia di mandare in cortocircuito l’intera Unione Europea: è di oggi la notizia che dall’Ungheria il premier Viktor Orban ha chiesto che – alla luce delle violazioni polacche – Bruxelles annulli la procedura di infrazione nei confronti di Budapest sui respingimenti dei migranti, poiché la crisi al confine orientale ha messo in luce “una nuova realtà dei fatti sul terreno”. Da Strasburgo, intanto, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dovrebbe annunciare la lista dei destinatari del nuovo pacchetto di sanzioni europee contro la Bielorussia: misure rafforzate per chi collabora al traffico di esseri umani organizzato da Minsk per raccogliere migranti provenienti dal Medio Oriente e trasportati verso il confine con la Polonia.
Ucraina: accuse incrociate?
Altro argomento cardine nella conversazione di ieri è stata la questione ucraina, in particolare, le tensioni in Donbass. L'Ucraina – ha detto Putin a Draghi – non sta rispettando gli impegni presi a Minsk e nei successivi negoziati condotti con Francia e Germania. “Sono particolarmente preoccupanti – ha detto Putin nel resoconto riportato dal Cremlino – le provocazioni da parte ucraina per esacerbare deliberatamente la situazione nel Donbass, compreso l'uso di armi vietate dagli accordi di Minsk”. Da un lato, quindi, americani e ucraini denunciano la mobilitazione di uomini e mezzi militari nelle aree a ridosso di Luhansk e Donetsk, le regioni separatiste dell’Ucraina, e dall’altro, secondo i russi, Kiev si starebbe armando con l’aiuto di “paesi terzi”: leggi Turchia con la complicità di Washington. Ma il rafforzamento della capacità difensiva, rispondono gli ucraini, sarebbe reso necessario per fronteggiare una possibile aggressione russa. Secondo l’intelligence statunitense, Mosca starebbe valutando un possibile attacco da sferrare tra gennaio e febbraio. “Non è vero”, risponde il Cremlino, secondo cui “la Russia non ha intenzione di attaccare l'Ucraina e non nutre piani aggressivi nei suoi confronti”. Un dialogo tra sordi.
L’inverno sta arrivando?
Ultima, ma non per importanza, i due leader hanno affrontato la questione dei rifornimenti di gas all’Europa. Un settore in cui la dipendenza europea da Mosca è evidente: al momento oltre il 40% dei rifornimenti del Vecchio Continente è in mano a Gazprom, il colosso energetico controllato dal Cremlino. Per questo Putin ritiene – non a torto – di poter dettare le condizioni: “Le forniture di gas all’Europa – ha rassicurato – non subiranno interruzioni, anche grazie a Nord Stream 2”. Un modo neanche troppo velato per chiarire che fintanto che il nuovo gasdotto non sarà approvato (la procedura da parte della Germania è in corso in questi giorni), per l’Europa non ci saranno garanzie sui rifornimenti. Una strategia – quella di usare il gas come strumento di influenza geopolitica – che sta dando i suoi frutti e che contribuisce alle divisioni in seno all’Ue tra chi è favorevole all’appeasement con Mosca e chi invece pensa che sia sbagliato subire passivamente il “ricatto dell’energia”. In assenza di una linea condivisa il dibattito prosegue, ma bisogna far presto. Sullo sfondo, ci sono già prezzi quadruplicati, riserve che scarseggiano e l’inverno ormai alle porte.
Il commento
Di Eleonora Ambrosetti Tafuro, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale, ISPI
“Sebbene i dettagli della telefonata non siano noti, è lecito aspettarsi che Putin abbia reiterato molti degli argomenti che è solito sostenere. Quello che mi sembra più rilevante è l’enfasi sugli avversari della Russia: gli Stati Uniti, i loro “client states” – leggi Ucraina, ma anche Polonia – e gli alleati NATO. Nell’ultima categoria, la Turchia assume un ruolo particolare: da un lato, collabora con la Russia in vari contesti e ne dipende energeticamente; dall’altro, sta assumendo sempre più centralità geopolitica (proprio come hub energetica, ma anche come attore politico regionale) e utilizza l’Ucraina anche per bilanciare il rapporto con Mosca. Le “garanzie di sicurezza” richieste da Putin nel suo discorso del 18 novembre vanno lette non solo come critica alla possibile espansione della NATO, ma anche come monito ad Ankara riguardo alla sua crescente cooperazione con Kiev”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)