Liz Truss si dimette travolta dalle polemiche per la manovra fiscale. Il suo mandato da premier è il più breve della storia del Regno Unito.
Alla fine è durata di più l’insalata. Ad appena 45 giorni dall’insediamento, Liz Truss si è dimessa dall’incarico di leader del partito conservatore e rimarrà in carica come premier del Regno Unito solo fino a quando non sarà scelto un successore. Lo ha annunciato lei stessa in una breve dichiarazione dal 10 di Downing Street precisando che il voto per la sua successione si terrà “da qui alla prossima settimana”. Il governo “ha ottenuto risultati sulle bollette energetiche” oltre a “delineare una visione per un'economia a bassa tassazione e alta crescita che sfrutterebbe le libertà della Brexit”, ha detto. Ma “riconosco che, data la situazione, non posso portare a termine il mandato per il quale sono stata eletta dal partito conservatore”: poche parole per condensare il mandato più breve della storia del Regno Unito. A travolgere la premier – subentrata a Boris Johnson dopo un’accesa campagna interna ai Tories – è stato un vortice che lei stessa ha contribuito a creare: il suo ‘mini-budget’, un pacchetto economico iperliberista, basato su tagli fiscali ai redditi più alti e sostegni a famiglie e imprese finanziati a debito che avrebbe dovuto – nelle intenzioni – rilanciare l’economia e invece ha scatenato il panico sui mercati, affondato la sterlina e costretto la Banca centrale di Londra a intervenire per salvare la valuta e i fondi pensione. Mai l’avvio di un nuovo esecutivo aveva causato un tale terremoto, politico e finanziario; un vero e proprio tsunami che il dietrofront della premier – che si era rimangiata tutto silurando il suo Cancelliere dello Scacchiere – non è bastato a far rientrare. Dopo giorni di pressioni, molte anche da parte di colleghi di partito, ‘The iceberg lady’ come l’aveva soprannominata l’Economist scommettendo che non sarebbe durata più di un cespo di insalata, ha rassegnato le dimissioni.
Un disastro annunciato?
Non doveva andare così. Truss aveva trascorso l'estate e la corsa per la leadership conservatrice contro lo sfidante Rishi Sunak, promettendo di rilanciare l’economia riducendo le tasse ai redditi più alti e alle società e sostenendo i cittadini alle prese con l’inflazione. Inizialmente acclamato dai suoi sostenitori come “un vero bilancio Tory”, il mini-budget prevedeva il più grande taglio delle tasse mai proposto dal 1972 e sostegni economici che, secondo gli ideatori, avrebbero dovuto generare una rapida crescita economica con ricadute positive su tutti i settori della società, secondo il principio del “trickle down”. Gli economisti – contrari all'idea che 45 miliardi di sterline di tagli fiscali ai ricchi potessero mai innescare una tumultuosa crescita economica e ripagarsi da soli, come sosteneva il governo – hanno fortemente criticato la misura. E anche il Fondo Monetario internazionale, con un intervento insolitamente duro, ha invitato il governo a ritirare la manovra. Con un’inflazione ai massimi da 40 anni, l'aumento dei rischi di una recessione e il peso degli interessi su un debito britannico esploso con il governo Johnson, gli investitori hanno temuto per la sostenibilità delle finanze pubbliche e sono scappati. La reazione dei mercati è stata rapida e schiacciante. La sterlina è scesa al livello più basso di sempre rispetto al dollaro, mentre i titoli di stato britannici sono crollati. Se non ci fossero stati gli interventi d’emergenza della Banca d’Inghilterra molti fondi e società finanziarie sarebbero fallite in pochi giorni.
Welcome to Britaly?
Per cercare di rassicurare mercati e istituzioni, Truss era stata costretta a chiedere le dimissioni del suo ministro dell’Economia, Kwasi Kwarteng, e a nominare al suo posto il moderato Jeremy Hunt, che ha cancellato la stragrande maggioranza delle misure fiscali su cui la prima ministra aveva basato il suo mandato. Ma in pochi erano convinti che sarebbe bastato a tenere la premier al sicuro da ulteriori rovesci. Mercoledì, le dimissioni di Suella Braverman, ministra dell’Interno, che aveva definito la gestione di Truss “inetta e inadeguata” erano state un nuovo, inatteso scossone che aveva reso ancor più incerta la sopravvivenza dell’esecutivo. E oggi, le dimissioni della premier confermano quello che gli scricchiolii lasciavano intendere. “Welcome to Britaly” è il titolo di copertina – poco lusinghiero per l’Italia – che l'Economist dedica oggi alla vicenda Truss e al momento di caos in cui annaspa la politica britannica. In copertina Liz Truss è raffigurata come Britannia, la personificazione femminile della Bretagna, con una pizza tricolore a mo’ di scudo e una forchetta che avvolge degli spaghetti in luogo del tridente. Il settimanale britannico ricorda che proprio Truss, insieme a Kwasi Kwarteng, era stata l’autrice di un opuscolo chiamato “Britannia Unchained”, nel quale metteva in guardia dal “rischio di diventare come l’Italia”. Ovvero un paese a crescita bassa, scarsa produttività e conti in disordine. Dieci anni dopo, “nel loro fallito tentativo di forgiare un percorso diverso – sottolinea l’Economist – la signora Truss e il signor Kwarteng hanno contribuito a rendere il confronto inevitabile”.
Nuova corsa per la leadership?
Parlando con i giornalisti, il presidente del Comitato 1922 interno al Partito Conservatore, Sir Graham Brady, ha detto di aspettarsi che la scelta del nuovo leader avvenga entro il prossimo 28 ottobre, ma non ha chiarito con quali modalità. “Ho parlato con il presidente del partito Jake Berry e ha confermato che sarà possibile condurre uno scrutinio e concludere le elezioni della leadership entro venerdì 28 ottobre. Quindi dovremmo avere un nuovo leader in carica prima della dichiarazione di bilancio che avrà luogo il 31” ha detto Brady, ma secondo alcuni giornalisti, il fatto che abbia parlato dei membri del partito e non dei soli parlamentari potrebbe voler dire che le votazioni – per questioni di tempo – si terranno online. Affinché un membro del partito possa candidarsi deve dimostrare di avere il sostegno di almeno 20 parlamentari. Tra i nomi più quotati, al momento ci sono Rishi Sunak, ex ministro dell’Economia del governo Johnson, arrivato secondo nelle primarie di quest’estate, e Penny Mordaunt, ex sottosegretaria al Commercio. I commentatori politici non escludono nemmeno la possibilità che Boris Johnson, dimessosi a luglio dopo una serie di scandali ma ancora alto nei sondaggi tra gli elettori, possa riproporsi per l’incarico.
Il commento
di Antonio Villafranca, Direttore della ricerca ISPI
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.