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Commentary

Un passato da cui fuggire? Il Congo tra colonialismo e guerre civili

Isabella Soi
18 giugno 2018

Il territorio che oggi costituisce la Repubblica Democratica del Congo (RDC) è il risultato di una storia tragica e travagliata iniziata alla fine del XIV secolo, quando il re Leopoldo II del Belgio avviò l’impresa per colonizzare la regione del fiume Congo, dove sorgeva l’omonimo regno. L’azione di Leopoldo, che agiva come privato cittadino e non come sovrano del Belgio, si avvalse, dagli anni settanta del 1800, dei servizi dell’esploratore gallese Henry Stanley, naturalizzato americano, che dopo aver navigato il fiume impose la sua autorità sulle terre del bacino del Congo. Le rivendicazioni di Leopoldo sul Congo furono riconosciute dalla Conferenza di Berlino del 1884-85 che in pratica sancì la nascita del Libero Stato del Congo, prima entità statuale che comprendeva gran parte del territorio della RDC al quale venne annesso pochi anni dopo il Congo orientale (Katanga), terminando così la conquista della regione. A causa della crisi economica che colpì Leopoldo, e delle proteste ispirate dai metodi particolarmente violenti e autoritari impiegati da Stanley nella conquista e gestione del territorio, nel 1908, Leopoldo si vide costretto a cedere il suo possedimento personale al Belgio, determinando il primo cambio di nome dello "stato" che fu rinominato Congo belga. Dopo quattro decenni di amministrazione non particolarmente illuminata del territorio, negli anni Cinquanta, anche nel Congo, come in gran parte dell’Africa, comparvero i primi movimenti nazionalisti, che contribuirono alla perdita di controllo del Belgio sul paese africano.

 I travagliati anni post-indipendenza

Si arrivò così al giugno 1960, quando il Congo, nonostante le tensioni con la madrepatria, divenne una repubblica indipendente guidata da Patrice Lumumba come Primo Ministro e Joseph Kasavubu nelle vesti di Presidente. L’ottimismo della conquistata indipendenza, però, durò pochi giorni, perché già in luglio l’esercito si ammutinò e Moise Tshombe (il nome viene a volte italianizzato in Ciombe) dichiarò indipendente la regione del Katanga, suscitando la reazione armata del Belgio con la giustificazione di proteggere i cittadini belgi, ma soprattutto i propri interessi minerari. Alla mossa del Belgio seguì quella dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che chiese allo stato europeo di ritirare le proprie truppe, votando anche una risoluzione per l'invio di truppe ONU nel Congo orientale con l'obiettivo di riportare l’ordine. Nonostante il tentativo dell’ONU, nel mese di settembre dello stesso anno, Kasavubu impose le dimissioni a Lumumba, che in dicembre venne arrestato, trasferito nella regione orientale e, due mesi dopo, ucciso, suscitando un clamore internazionale tale da essere ancora oggi uno dei politici africani più noti. Le ingerenze internazionali sul Congo si fecero sempre più pesanti, causando l’intervento dei principali attori della Guerra fredda, dagli Stati Uniti a Cuba, trasformando una crisi "interna" in una vera e propria crisi internazionale, dai contorni non ben definiti. L’accordo per far terminare la secessione del Katanga fu raggiunto solo nel 1963, e l’anno successivo Tshombe venne nominato Primo Ministro. L’equilibrio precario non era, però, destinato a durare e già nel 1965 Tshombe venne destituito dal capo dell'esercito congolese, il generale Joseph-Désiré Mobutu.

Il lungo dominio di Mobutu

Il colpo di stato del 1965 diede, quindi, inizio al lungo dominio di Mobutu, che aveva come obiettivo quello di riformare lo stato africano. Nel 1971, in seguito alla decisione di africanizzare i nomi del paese, lo stato e il fiume furono ribattezzati Zaire, la regione del Katanga diventò Shaba e lui stesso cambiò il proprio nome in Mobutu Sese Seko. Subito dopo iniziarono le riforme economiche che portarono alla nazionalizzazione di molte industrie, soprattutto minerarie, costringendo molti investitori stranieri a lasciare il paese. Pochi anni dopo, in seguito alla crisi, Mobutu tentò di richiamarli, incoraggiando gli investimenti stranieri, ma senza troppo successo. L'economia del paese iniziò, quindi, un lento declino che, associato alle pratiche neo-patrimoniali e clientelari del Presidente, che trattava il paese come fosse un dominio privato, sulle orme di Leopoldo II, portò a una grave crisi non solo economica ma anche politica e sociale. Negli anni ottanta il discontento della popolazione si fece sempre più chiaro e visibile. La maggior parte dei dipendenti pubblici non ricevevano un regolare stipendio, interi settori statuali (come sanità, istruzione o opere pubbliche) erano a dir poco sotto-finanziati, il settore privato era ugualmente semi-paralizzato da politiche e pratiche sbagliate, determinando il lento declino del vasto paese africano.

Al malcontento economico si aggiunse quello politico, al quale il Presidente riuscì a resistere grazie alle alleanze internazionali (in particolare con gli Stati Uniti e la Francia) e assicurandosi la lealtà dei "clienti", i sostenitori interni che traevano beneficio dal mantenere Mobutu al potere. La lealtà degli alleati internazionali si dimostrò particolarmente utile in occasione delle periodiche crisi che colpirono il paese, come nel 1977 quando un nuovo tentativo ribelle di destabilizzare il Katanga si risolse grazie all'intervento di truppe francesi, belghe e marocchine. Ma la crisi non aveva ancora raggiunto l’apice. Alla fine degli anni Ottanta l'impossibilità di ripagare i prestiti internazionali e l'acuta crisi economica costrinsero Mobutu a chiedere l’intervento delle istituzioni finanziarie internazionali, che lo obbligarono a riammettere il multipartitismo e creare un governo di transizione, nel quale, però, deteneva sempre la maggior parte dei poteri. La posizione del presidente andò peggiorando nei primi anni Novanta, quando iniziarono gli scontri a Kinshasa a causa del mancato pagamento degli stipendi all'esercito, innescando una crisi politica gravissima, alla quale Mobutu rispose aprendo il governo all'opposizione e tentando di riformare l’economia. Ma ormai era giunto il 1994, l’anno di svolta nella politica dell'intera regione dei grandi laghi africani.

L'ascesa dei Kabila

A causa del genocidio che sconvolse il vicino Rwanda tra l'aprile e il luglio del 1994, decine di migliaia di rifugiati entrarono nella regione orientale dello Zaire, aggravando una situazione già drammatica. I movimenti di rifugiati e la successiva invasione dello Zaire orientale da parte dell’esercito del Rwanda, ufficialmente impegnato a inseguire i responsabili del genocidio, innescò una profonda crisi che in breve tempo provocò l'instabilità di tutta la macro-regione. Così nel 1996-97 iniziò la cosiddetta Prima Guerra del Congo, che vide coinvolti tra gli altri i vicini Rwanda e Uganda, e che finì con il rovesciamento del regime di Mobutu dopo più di 30 anni. Nel maggio del 1997 i ribelli anti-Mobutu conquistarono Kinshasa, il paese venne ribattezzato Repubblica Democratica del Congo e Laurent-Desire Kabila, vecchio "ribelle" del Katanga, venne nominato presidente.

Nonostante la caduta e la morte nel 1997 del vecchio dittatore Mobutu, il Congo non conoscerà la pace. Il Rwanda, infatti, continuò a percepire la presenza dei rifugiati rwandesi nel vicino Congo come una minaccia alla propria stabilità e decise, quindi, di invadere nuovamente la regione orientale nel tentativo di risolvere una volta per tutte il problema. Il governo di Kabila, dal conto suo, si stava dimostrando poco interessato alle preoccupazioni rwandesi, giacché iniziò a reclutare i "ribelli" hutu nel proprio esercito, esasperando maggiormente gli animi del presidente rwandese Paul Kagame. Nel 1998 iniziò la Seconda Guerra del Congo, quando i ribelli appoggiati da Rwanda e Uganda minacciarono Kabila, supportato a sua volta da Zimbabwe, Namibia e Angola. Nel luglio del 1999 furono firmati gli accordi di Lusaka, che sancivano il cessate-il-fuoco tra i sei stati africani e i gruppi ribelli appoggiati da Uganda e Rwanda, ma non portarono alla fine della guerra che, con alterne vicende, continua a flagellare il paese. Il nuovo millennio iniziò con l’uccisione nel 2001 di Laurent-Desire Kabila, a cui subentrò il figlio Joseph Kabila, presidente in carica a tutt’oggi.

Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI

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Africa Repubblica Democratica del Congo
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AUTORI

Isabella Soi
Università di Cagliari

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