Il cambiamento climatico costituisce la sfida cruciale della nostra epoca. Colpiscono, infatti, tutti i settori economici, creando maggiori rischi a causa sia della crescente frequenza di disastri ambientali sia dei rischi da transizione, che risultano dalle risposte di policy. Recentemente, è stata annunciata una lunga serie di ambiziosi impegni per la neutralità climatica da parte di aziende e governi. La persistente deviazione dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi indica però come le misure messe in atto e la conoscenza dei problemi siano insufficienti. Qual è lo stato attuale delle discussioni sul ruolo delle banche centrali in queste circostanze? Che cosa possono fare per evitare la catastrofe che si staglia all’orizzonte? Questo articolo presenta la discussione in atto sul green quantitative easing, un modello di politiche monetarie non convenzionali tramite le quali le banche centrali possono contribuire direttamente alla decarbonizzazione attraverso l’acquisto di titoli a lungo termine.
Le banche centrali e i cambiamenti climatici
Normalmente il mandato di una banca centrale è definito in modo piuttosto netto dal legislatore. Il mantenimento della stabilità dei prezzi è il suo ruolo principale nelle economie avanzate, come la Federal Reserve americana (FED) o la Banca Centrale Europea (BCE). Con i pericoli causati dal riscaldamento globale però, le autorità monetarie hanno iniziato a discutere di come affrontare anche la drammatica questione del cambiamento climatico. Si è aperto così un dibattito sui rischi della transizione e le loro implicazioni per la stabilità macroeconomica e finanziaria.
Si è ormai giunti a una situazione in cui le banche centrali non si domandano più se debbano o no intervenire per affrontare i rischi legati al clima, ma piuttosto su come lo possano fare senza compromettere la propria indipendenza né deviare dall’obiettivo della stabilità dei prezzi. Alcune hanno tra gli obiettivi secondari il sostegno alle politiche economiche (come la BCE) o la piena occupazione (come la FED). Tuttavia, la sola istituzione ad aver esplicitamente inserito il cambiamento climatico è stata la Banca d’Inghilterra, che lo ha fatto dal 2021 supportando la transizione verso la neutralità climatica prevista per il 2050. Anche senza considerare apertamente all’interno dei propri obiettivi i cambiamenti climatici o la transizione verso un modello a basse emissioni, la maggior parte delle banche centrali oggi riconosce l’importanza di queste iniziative.
Rischi fisici derivanti da eventi climatici, come i disastri ambientali, sono generalmente ritenuti come eventualità frequenti soltanto nel medio o lungo periodo. In realtà, come si può osservare già ora, gravi fenomeni ambientali rendono più arduo il compito delle banche centrali rispetto ai loro obiettivi di stabilità dei prezzi. Le politiche di transizione, come le tasse sulle emissioni, possono inoltre impattare anche sulle fluttuazioni di breve periodo, risultando così in oscillazioni nei prezzi di beni e servizi.
Un Quantitative easing verde
La crescente consapevolezza che i cambiamenti climatici siano una fonte importante di instabilità finanziaria ha plasmato il modo in cui le politiche monetarie integrano i rischi ambientali e il comportamento delle stesse banche centrali, che ora includono considerazioni di sostenibilità nelle proprie scelte di investimento. Fin dal 2017, il Network for Greening the Financial System (NGFS) ha incoraggiato la banche centrali e i loro supervisori a dare l’esempio e integrare i fattori di sostenibilità nel loro portafogli seguendo il mandato principale. Schemi per l’acquisto di asset che supportino industrie verdi, noti come green quantitative easing, sono tra le proposte di NGFS.
Le banche centrali non sono comparabili ad altri fornitori di capitali, dato che le loro pratiche di investimento sono dettate da mandati di politica monetaria, principi di liquidità, sicurezza e ritorni finanziari, oltre che dalla necessità di evitare conflitti di interesse per salvaguardare la propria indipendenza istituzionale. Di conseguenza, per mantenere la propria neutralità rispetto al mercato, le banche centrali sono sempre state assai caute riguardo alle modalità con cui includere considerazioni climatiche nelle scelte di investimento. Tuttavia, politiche di neutralità possono avere una naturale inclinazione nei confronti delle industrie storiche a elevata intensità carbonica, rallentando così la transizione verso un’economia a emissioni zero.
Misure di quantitative easing verde, come i programmi di acquisto di titoli in operazioni neutre rispetto al mercato, sembrano avere la capacità di stimolare l’economia. Lo svantaggio di queste tecniche è costituito però dal rischio di politicizzare le decisioni delle stesse banche bentrali, compromettendo così la loro indipendenza. Va poi considerato come la limitata offerta di asset verdi sia risultata nell’esplorazione di meccanismi alternativi, come i requisiti climatici per le disclosure nei criteri di idoneità per gli emittenti nei programmi di acquisto dei titoli.
La finanza di transizione della Banca d’Inghilterra
Dopo la decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea nel 2016, il Comitato per le Politiche Monetarie (MPC) della Banca d’Inghilterra indicò una serie di azioni per rafforzare la crescita e raggiungere gli obiettivi di inflazione. Il Corporate Bond Scheme (CBPS) costituiva una misura cruciale per acquistare fino a 10 miliardi di sterline in titoli (denominati in sterline) di aziende per un periodo di 18 mesi. Il MPC ha recentemente incorporato fattori climatici nel programma CBPS a novembre dello scorso anno, per incentivare le imprese ad avviare una transizione verso la neutralità climatica senza mettere in pericolo gli obiettivi fondamentali di politica monetaria. Ora sarà dunque necessario per le aziende soddisfare i requisiti climatici per poter essere ammesse al programma CBPS, con le acquisizioni dei titoli orientate verso gli emettitori che presentano i migliori indicatori ambientali nel settore di riferimento.
Il CBPS è stato accolto come uno spartiacque in grado di invertire il pregiudizio storico negli acquisti di titoli corporate e contribuire a un aumento del costo del capitale per i settori ad alta intensità carbonica, spostando i flussi finanziari verso attività di transizione e sostenibili. Anziché focalizzarsi esclusivamente su asset verdi, come i green bond, la Banca d’Inghilterra ha scelto un approccio di finanza della transizione che riconosce il ruolo chiave dei capitali nel portare avanti politiche realistiche e ambiziose di decarbonizzazione nelle industrie a maggiore intensità carbonica.
Il quadro del CBPS è formato da quattro meccanismi che puntano a (1) raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, (2) stabilire criteri di idoneità per le aziende, (3) spostare gli acquisti verso gli attori che hanno le migliori prestazioni in termini ambientali, (4) aumentare l’intensità delle attività in base a una valutazione annuale del CBPS stesso. Il primo strumento prevede un obiettivo di emissioni zero per il portafoglio CBPS entro il 2050. Il secondo elemento stabilisce invece che le aziende sono idonee al programma di acquisto titoli se raggiungono gli obiettivi di governance previsti dal Governo britannico a partire dal 2022 e le soglie di riduzione delle emissioni per i settori più inquinanti (energia e servizi). Le attività di estrazione del carbone sono espressamente escluse. Le acquisizioni di asset si basano su un punteggio che considera prevalentemente i livelli di emissioni attuali, il percorso di riduzione delle emissioni in termini assoluti, le disclosure climatiche e le verifiche fatte da terze parti sugli obiettivi sostenibili. Infine, la configurazione CBPS includeranno anche sviluppi sulle metriche delle coperture e la loro solidità.
Come si possono valutare gli effetti del programma CBPS? Si dovrebbe innanzitutto esaminare se l’emissione di obbligazioni da parte degli emittenti con le migliori performance ambientali è aumentata a seguito degli annunci del novembre scorso. Sarebbe poi opportuno valutare i miglioramenti nella liquidità del mercato dei corporate bonds denominati in sterline. Anche se l’ordine di grandezza di questi benefici non è noto, i dati a disposizione indicano che il programma CBPS ha beneficiato il mercato dei bond in sterline e ridotto i costi di finanziamento per gli emittenti. Affrontare questi temi consentirebbe di valutare infine la trasmissione degli effetti di CBPS nell’economia reale e nella transizione verso la neutralità climatica.