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Commentary

Un salvataggio obbligato

18 maggio 2012

Sull’eventuale uscita della Grecia dall’euro ci sono tante opinioni tra i diversi Paesi e tra le diverse istituzioni su che cosa potrebbe accadere.

 Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ritiene che l'unione monetaria sia perfettamente in grado di sostenere l'addio della Grecia. Il collega belga Didier Reynders è di parere opposto e parla invece di «evento catastrofico». Il direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde contempla la Grexit (Greece exit) come un’eventualità “molto incasinata” anche se avvenisse nel modo più consensuale possibile. Ma non la esclude. La cosa spaventa tanto i mercati e gli Stati che la Reuters, descrivendo l’agenda del primo incontro tra Angela Merkel e il neo-eletto presidente francese François Hollande, ha concluso concisamente: «C’è stata più Grecia che crescita». Più partigiana – ma forse anche più onesta – delle altre è la dichiarazione del ministro spagnolo De Guindos che, senza mezzi termini, ha detto di temere il contagio che, dalla Grecia, potrebbe arrivare fino al suo paese.

La verità è che il detto di Orazio: «de te fabula narratur» vale probabilmente per tutti i partecipanti al dibattito: sembra che si parli della Grecia ma in realtà si parla di quanto importante la Grecia è diventata per tutti gli altri paesi del mondo.

In realtà, sulla Grecia, è in corso una partita a scacchi al termine della quale si stabilirà l’entità del conto e chi pagherà il conto del salvataggio della Grecia. Sulla base dei calcoli del settimanale tedesco «Der Spiegel», i finanziamenti che fino a questo momento si prevede affluiscano in Grecia da qui al 2014 hanno già raggiunto la colossale cifra di 380 miliardi di dollari: 240 miliardi dal primo e secondo salvataggio finanziato dai paesi dell’eurozona e dal Fondo Monetario, 100 dal cosiddetto haircut – la rinuncia a una parte del valore nominale – del credito dei privati, e poi ci sono i 40 miliardi di aiuti strutturali e della Pac (Politica Agricola Comune). 380 miliardi sono due volte il Pil della Grecia. Ma non bastano. Non bastano perché i massicci aiuti previsti oggi non offrono ai greci un futuro all’interno dell’area euro. I finanziamenti di oggi, infatti, nella migliore delle ipotesi porteranno il debito pubblico greco al 120 per cento del Pil nel 2020. E con un fardello del 120 per cento del Pil non si torna a crescere né a convivere pacificamente. Nessun paese lo ha mai fatto. Ma se esce la Grecia, l’unione monetaria sarà diventata quello che nessuna unione monetaria è mai stata: un club di paesi con porte girevoli da cui si può uscire, come da un comune accordo di cambio.

È per evitare questo risultato che la Merkel e Hollande hanno concluso il loro incontro con un comunicato congiunto: «Non lasceremo uscire la Grecia dall’euro». Anche se il vero suggello a queste settimane di passione l’ha messo Alexis Tsipras – il leader della sinistra radicale e probabile detentore della maggioranza relativa alle prossime elezioni di giugno. È lui, infatti, che, mentre le borse di tutta Europa cadevano, è uscito con la probabile frase guida dei prossimi mesi: «Ci inseguiranno per chiederci di quanti soldi abbiamo bisogno per essere salvati».

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