In un Sudafrica xenofobo s'infrange il sogno dell'Unione Africana | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

In un Sudafrica xenofobo s'infrange il sogno dell'Unione Africana

27 maggio 2015
Ancora una volta il sogno di un'Africa unita si è infranto. Proprio nel luogo più carismatico, il Sudafrica, il paese leader negli ultimi vent'anni nello sviluppo democratico del continente nero, capace di mediare innumerevoli crisi politiche e diplomatiche, attraverso la figura di Nelson Mandela, il pacificatore per eccellenza. Il concetto di “ubuntu (fratellanza)” non ha retto ai morsi della fame, alla rampante disoccupazione, alla disperazione di milioni di giovani sudafricani, che non si nutrono di pane e ideologia. O almeno non più, stanchi di promesse che ormai da troppi anni l'Anc (Africa National Concress), il partito al potere dalla fine dell'apartheid, ha realizzato solo in parte. Una rabbia sfogata contro i “fratelli neri”, africani immigrati in Sudafrica per scappare da carestie, guerre civili e che nel corso degli anni si sono insediati con piccole attività commerciali all'interno della società locale. Come nel 2008, la xenofobia è sfociata nella violenza più estrema causando 7 morti. Questa volta negli scontri, oltre a un etiope, un mozambicano, e due giovani di Zimbabwe e Bangladesh sono morti anche 3 sudafricani. Le aggressioni sono iniziate dopo una discutibile esternazione del tuttora influente re degli Zulu, che aveva “invitato” gli stranieri a lasciare il Sudafrica, dato il livello di disoccupazione, che tra i giovani ha superato il 50%. Benzina sul fuoco e, prima a Durban, poi a Johannesburg, la rabbia latente si è presto trasformata in attacchi mirati. Centinaia di ragazzi sudafricani armati di coltelli e machete hanno dato il via a una vera e propria caccia all'uomo. La motivazione principale sarebbe che gli immigrati africani, soprattutto somali ed eritrei, agirebbero in modo scorretto applicando dei prezzi al ribasso nei cosiddetti “spaza shop”, dei piccoli chioschi presenti nelle township (baraccopoli) che vendono generi alimentari di prima necessità. Più una giustificazione che una realtà dato che, secondo il centro di ricerca sudafricano Migrating for Work Research Consortium (MiWORC) solamente il 4% della forza lavoro totale, circa 33milioni, è rappresentata da stranieri. Una tesi rafforzata da Zaheera Jinnah, antropologo e ricercatore all'African Center for Migration and Society, «c'è uno scollamento tra la percezione e la realtà, molto di quanto è stato detto è mitologico». Interpretazione che, però, non sembra esser stata recepita dal presidente sudafricano Zuma, che per non perdere ulteriori consensi ha preso di petto la situazione. L'esercito è stato spiegato negli ostelli dove sono presenti molti immigrati, ma soprattutto è stata lanciata l'operazione “Fiela”, coordinata da una task-force interministeriale e mirata a estradare dal paese tutti gli irregolari, compresi i richiedenti asilo politico.
 
Secondo l'agenzia dei rifugiati delle Nazioni Unite, sono nel 2015 i richiedenti sono già stati 330mila. Nelle prime settimane sono state fermate oltre mille persone, con modalità più o meno ortodosse, dato che varie associazioni di diritti civili hanno protestato sostenendo che non gli è stata garantita alcuna assistenza legale e molti si trovano ammassati in centri di deportazione pronti all'espulsione. È difficile stimare esattamente la presenza straniera irregolare nel paese, l'ultimo censimento del 2008 parla di circa 2,3 milioni di persone, secondo il New York Times invece si tratterebbe del doppio, cifra confutata dal sito di fact-checking AfricaCheck. Intanto non sembrano fermarsi le minacce nei confronti degli immigrati stranieri, soprattutto nelle vicinanze della città portuale di Durban dove è stato costruito un campo per sfollati dove circa 5mila persone di diversa nazionalità vivono. Alcuni di loro hanno deciso di lasciare il paese. Circa 400 mozambicani sono rientrati nella loro madrepatria e anche il governo del Malawi ha predisposto dei bus per andare a recuperare circa mille connazionali. Una situazione che sta complicando le relazioni diplomatiche di quella che fino al 2014 era la principale potenza economica del continente africano, oggi sorpassata dalla Nigeria. La prima a minacciare i grandi rivali sudafricani di boicottare e chiudere le numerose aziende attive sul proficuo mercato locale. Pronta la risposta di Pretoria che ha tuonato la possibilità di licenziare 6mila impiegati nigeriani del colosso della telefonia MTN. L'azienda petrolchimica Sasol ha rimpatriato i suoi lavoratori dal confinante Mozambico per paura di ritorsioni dopo l'uccisione di un cittadino mozambicano ad Alexandra, una delle baraccopoli di Johannesburg. Segnali di quanto la ventata xenofoba stia allontanando possibili investitori esterni da cui il paese è fortemente dipendente e incrinando l'opportunità di rafforzare gli scambi commerciali inter-africani, oggi ancora solo al 10%.
 
Nelle ultime settimane si sono succeduti a ripetizione vari meeting nelle diversi capitali africane per appianare diplomaticamente la situazione. La sensazione di fondo è che molti paesi africani si vogliano togliere qualche sassolino della scarpa contro il gigante sudafricano, ma ci sia la paura di farlo. Proprio nei giorni delle celebrazioni della fondazione dell'Unione Africana che, scherzo del destino, si riunirà in sessione straordinaria in Sudafrica, i sogni di un'agenda pan-africana e di un Continente unito sembrano infrangersi, proprio nel luogo dove, nel 1994, era rinata la speranza grazie a Nelson Mandela.
 
Lorenzo Simoncelli, giornalista freelance con base a Johannesburg
 

Ti potrebbero interessare anche:

Russia’s Global Image: Another Casualty of the War?
Eleonora Tafuro Ambrosetti
ISPI
Side Effects: Ukraine's Perfect Storm Looming Over Africa
Giovanni Carbone
ISPI
,
Lucia Ragazzi
ISPI
Ukraine and Africa: Food Crisis, Energy Ambiguity and an Uncertain Political Outcome
Lucia Ragazzi
ISPI
The War in Ukraine is Pushing the Eu Green Deal Ahead. Will This Affect Africa’s own Transition?
Alfonso Medinilla
ECDPM
Why Africa’s Stance on Ukraine Is Not Aligned with the West
Matthew Crandall
Tallinn University
The Charm of Anti-Westernism: Russia's Soft Power in Africa
Eleonora Tafuro Ambrosetti
ISPI

Tags

Africa sudafrica immigrazione scontri asilo politico zuma Unione Africana
Versione stampabile
Download PDF

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157