FOCUS - Cina nel Mediterraneo: scambi, infrastrutture e hi-tech
Cresce la presenza della Cina in Medio Oriente e Nord Africa, con interessi che vanno ben oltre gli idrocarburi. Se infatti l’area MENA nel suo complesso costituisce la principale fonte di approvvigionamento energetico del gigante asiatico – è da qui che proviene il 52% delle importazioni cinesi di petrolio, mentre il solo Qatar fornisce un terzo del fabbisogno di gas –, negli ultimi anni le relazioni economiche di Pechino con i paesi della regione si sono intensificate, estendendosi ad altri ambiti. La Cina è diventata uno dei principali fornitori di beni dell’area MENA. Nel 2016 l’interscambio dei paesi della regione con la Cina è stato pari a 186 miliardi di dollari, superando di misura gli Stati Uniti (148 miliardi di dollari), e distanziando i principali partner europei: Germania (90 miliardi di dollari), Italia (75 miliardi di dollari), Francia (66 miliardi di dollari) e Gran Bretagna (52 miliardi di dollari). Viste le potenzialità delle relazioni economiche, l’obiettivo cinese sarebbe quello di raggiungere quota 600 miliardi di dollari di interscambio nel 2025.
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di Valeria Talbot
LIBIA - Alba di ricostruzione e l'Italia c'è
La Libia continua a vivere un momento difficile della sua storia. Dal punto di vista politico, la conferenza del 29 maggio a Parigi, voluta dal presidente francese Emmanuel Macron, potrebbe rappresentare un piccolo passo avanti. Ma le incognite almeno ad oggi rimangono molte.
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di Arturo Varvelli
PREVISIONI SACE - Infrastrutture ferroviarie: progetti e rischi in Nord Africa
I paesi africani che affacciano sul Mediterraneo dispongono, nel loro insieme, di una rete ferroviaria che è circa la metà di quella italiana, nonostante un’estensione territoriale quasi venti volte superiore. Se evidenziamo le sole reti ferroviarie, riusciamo a delineare molti dei Paesi costieri lungo la sponda settentrionale del Mediterraneo, mentre il Nord Africa quasi scompare, nonostante la pressione demografica, il dinamismo economico e la dipendenza dal commercio di queste economie svelino potenzialità enormi. Raffrontando le singole economie, emerge come la popolazione, l’inurbamento, l’estensione territoriale e un effetto di catching-up abbiano inciso sullo sviluppo del trasporto ferroviario con pesi diversi. Non sembra invece esserci correlazione con il livello raggiunto di Pil pro capite. Con l’eccezione del Marocco, nei paesi dell’area la crescita demografica negli ultimi vent’anni è stata superiore rispetto a quella del trasporto ferroviario. Due terzi della popolazione di Algeria, Marocco e Tunisia risiedono nei centri urbani, in particolare nell’area circostante alla capitale e in città comprese tra gli 80 e i 150 mila abitanti.
di Luca Moneta, Ufficio Studi Sace
Perché Mena Watch
MENA Watch è il nuovo strumento di ISPI per le imprese, che si aggiunge alle tante pubblicazioni sull’area e agli eventi, tra cui Rome MED - Mediterranean Dialogues. L’obiettivo è delineare gli scenari geopolitici e geoeconomici per l’area, con focus su tendenze emergenti e opportunità di business.
Il dato
IRAN - USA fuori dall'accordo sul nucleare iraniano: cosa cambia per l'Italia?
Il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) e la conseguente reintroduzione delle sanzioni secondarie USA, volute dal presidente Donald Trump e che erano state sospese nel gennaio 2016, aprono nuovi scenari di incertezza per le relazioni economiche tra Italia e Iran.
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di Annalisa Perteghella e Tiziana Corda
TURISMO - Dall'Arabia all'Egitto area MENA in crescita
Ottime le prospettive di crescita per l’industria del turismo nell’area MENA: il settore, che nel 2017 ha generato un fatturato di 115 miliardi di dollari, dovrebbe toccare i 350 miliardi entro il 2027. Un’aspettativa di crescita, che confermerebbe le più recenti tendenze: secondo UNWTO World Tourism Barometer, nel 2017 il numero di visitatori internazionali è aumentato del 15% in Nord Africa (21,7 milioni di arrivi) e del 4,4% in Medio Oriente (58 milioni) rispetto al 2016. La percentuale dell’industria turistica sul Pil della regione MENA è cresciuta, passando dall’1,5% del 2016 al 4,6% nel 2017. Anche a livello occupazionale il turismo riveste un ruolo importante per l‘area: il 7,4% della forza lavoro è occupato nel settore turistico.
di Lorena Stella Martini
ALGERIA - Settore energetico tra burocrazia e tentativi di riforma
L’export dell’Algeria è costituito per circa il 94% da petrolio. Nonostante l’abbondanza di materia prima, tuttavia, il paese non riesce a soddisfare la domanda interna di carburante – che lo scorso anno ha pesato per 2,5 miliardi di dollari sulla bilancia commerciale – per la mancanza di un sistema di raffinamento adeguato. Per ovviare a questo problema la compagnia statale algerina Sonatrach ha recentemente concluso con ExxonMobil un accordo per l’acquisto della raffineria di Augusta in Sicilia.Questo permetterà ad Algeri di raffinare il suo petrolio in Sicilia e reimportarlo in patria.
Per sviluppare un settore petrolifero più efficiente l’Algeria avrebbe bisogno di maggiori investimenti, soprattutto stranieri. Tuttavia, la chiusura del paese e la complessa burocrazia non favoriscono l’afflusso di capitali esteri. Di recente, il ministro dell’energia algerino, Mustapha Guitouni, ha annunciato la volontà di emendare l’attuale normativa energetica per favorire gli investimenti dall’estero, prevedendo l’introduzione di incentivi fiscali per gli investitori internazionali.
Questa iniziativa si colloca nel tentativo algerino di diversificare la sua economia fortemente dipendente dagli idrocarburi. In particolare, il governo ha fissato un ambizioso obiettivo di crescita del 6,5% annuo per i settori non legati al petrolio. Per favorire lo sviluppo di questi settori l’Algeria ha tra le altre cose bloccato l’importazione di numerosi prodotti e imposto alti dazi su altri. Il tentativo protezionista, tuttavia, non sta ottenendo l’effetto desiderato e le aziende algerine faticano a rimpiazzare i beni importati. Inoltre, l’incertezza provocata da queste politiche potrebbe scoraggiare gli operatori internazionali a investire nel paese, con conseguenze per un’economia che procede con non poche difficoltà nel processo di diversificazione.
EXPO DUBAI 2020 - Infrastrutture e hotel c'è anche l'Italia
Lo scorso 10 maggio, il Governo italiano ha fondato il Commissariato generale di sezione per la partecipazione italiana a Expo 2020 Dubai, con lo scopo di assistere il Commissario generale, Paolo Glisenti, nella progettazione, realizzazione e valorizzazione della partecipazione italiana alla prima Esposizione universale con sede nel mondo arabo, che si terrà dal 20 Ottobre 2020 al 10 Aprile 2021. L’Italia è stata il primo paese G7 a confermare la propria presenza alla manifestazione, con grandi aspettative di sviluppare ulteriormente le relazioni con gli Emirati Arabi Uniti, già prima destinazione dell’export italiano in Medio Oriente. Il progetto italiano, intitolato ‘Creativity, Connection, Competence’, ben si accorda alla tematica generale della manifestazione ‘Connecting the minds, creating the future’. Dubai sarà completamente trasformata in vista dell’Expo: tra i progetti più imponenti, figurano la costruzione del nuovo al-Maktoum International Airport, l’isola artificiale Bluewaters Island, la ruota panoramica Dubai Eye, il nuovo porto Dubai Harbour, il prolungamento della Red Metro Line e il potenziamento di tutte le linee di trasporto. Il District 2020, vero cuore dell’esposizione, comprenderà oltre ai padiglioni anche spazi residenziali (65 mila mq), zone commerciali (135 mila mq), e numerosi altri servizi. Il valore complessivo dei progetti di costruzione che ruotano intorno a Dubai 2020 è stimato a 42,5 miliardi di dollari. Vi sono importanti opportunità per le imprese italiane, in particolar modo nel comparto edile, delle infrastrutture, dell’energia e nel settore alberghiero. È stata appunto affidata a un’impresa italiana, la Salini Impregilo, la costruzione del Meydan One Mall, progettato per diventare il più grande centro commerciale al mondo. Anche la realizzazione di al-Wasla Plaza, piazza centrale di Dubai 2020, peraltro ispirata al design di Expo Milano 2015, sarà prerogativa italiana: ad aggiudicarsi l’appalto sono state Cimolai e Rimond.
TUNISIA - Ottima annata per l'olio, più produzione e agevolazioni UE
È un’ottima annata per la produzione di olio tunisina: secondo le dichiarazioni del ministero dell’Agricoltura, tra novembre 2017 e aprile 2018 ne sono state prodotte circa 280 mila tonnellate, ben al di sopra della media nazionale degli ultimi cinque anni (190 mila tonnellate) e delle seppur rosee aspettative del Consiglio Oleicolo Internazionale (220 mila tonnellate). Questo incremento rende la Tunisia il primo produttore di olio extra UE, sulla base di una produzione mondiale che questo anno si assesta intorno ai 3,2 milioni di tonnellate (COI). Al passo con l’aumento di produzione, anche le esportazioni di olio tunisino sono cresciute del 150%, registrando un cospicuo aumento di valore del 180%: si è passati dai 163 milioni di euro della scorsa stagione ai 457 milioni dell’attuale.
La Tunisia sta investendo attivamente nel comparto dell’olio: nel 2016 era stato annunciato un piano nazionale per la piantagione di 10 milioni di alberi nei successivi tre anni, che ha portato all’effettiva introduzione di 4 milioni di ulivi nel 2017. Inoltre, durante un colloquio tenutosi il 24 aprile 2018 a Bruxelles tra il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il Capo del governo tunisino Youssef Chahed sono stati presi nuovi accordi per favorire l’esportazione di olio tunisino verso l’Unione europea. L’Accordo di Associazione UE-Tunisia già prevede un contingente tariffario di 56.700 tonnellate di olio tunisino vergine esportabili ogni anno senza dazio verso l’UE, quota che per il periodo 2016-2017 era stata aumentata di ulteriori 35.000 tonnellate annuali. L’incontro di aprile 2018 ha reiterato questa agevolazione, con la concessione annuale di 30 mila ulteriori tonnellate di olio tunisino esportabili senza dazi fino alla fine del 2019. Nella stessa occasione, Juncker ha espresso la volontà europea di concludere l’Accordo di libero scambio completo e approfondito UE-Tunisiaentro il 2019, prima della fine del mandato dell’attuale Commissione. Il 28 maggio è infatti iniziato il secondo round di negoziazioni, che prevede anche il libero scambio dei prodotti agricoli con la Tunisia.
Il mercato
La curiosità
INVESTIRE - In Bahrain: capitali esteri per diversificare
La crescente diversificazione energetica nell’area del Golfo sta attirando consistenti investimenti diretti esteri. A supporto di questo sviluppo si è tenuto a maggio a Manama un importante forum, Gateway Gulf. Nell’occasione il Bahrain ha manifestato la volontà di stabilire un fondo del valore di 100 milioni di dollari per supportare giovani imprenditori. L’Autorità Nazionale di Gas e Petrolio del paese, poi, ha annunciato la creazione di un fondo del valore di un miliardo di dollari per favorire l’investimento da parte di attori stranieri negli asset energetici locali. Nel 2017 il Bahrain ha raggiunto un record per quanto riguarda gli investimenti internazionali attratti (circa 733 milioni di dollari e 71 aziende straniere). Anche il settore edile del paese si sta aprendo sempre più ai capitali privati. Sono proprio questi ultimi a essere impiegati nella costruzione di nuove unità abitative per i cittadini del Bahrain.
La competitività bahreinita è stata confermata anche dalla recente decisione di Aristondi aprire in loco la sua prima sede nell’area MENA. La scelta è stata motivata dal clima favorevole al business e dal posizionamento del paese in Medio Oriente. Il Bahrain, da parte sua, auspica che altre aziende italiane seguano l’esempio di Ariston e investano nel paese, dove a oggi sono presenti più di 180 soggetti italiani. Il tutto si inserisce all’interno di Vision 2030, il programma lanciato nel 2008 dal Regno per modernizzare e diversificare la sua economia. Nell’ultimo decennio la crescita sostenuta (con il Pil passato dai 21,7 miliardi di dollari del 2007 ai 35,3 miliardi di dollari attuali), l’attrazione degli investimenti (più che triplicati) e la riduzione della dipendenza dell’economia dagli idrocarburi (da circa 84% dell’export in idrocarburi e metalli del 2008 a circa il 70% attuale) dimostrano la volontà del regno di proseguire sulla strada della diversificazione economica. Il Bahrain sembra dunque avere posto le basi per la creazione di un clima favorevole all’attrazione degli investimenti diretti esteri nei prossimi anni.