“Oggi più che mai garantire cibo sano e sufficiente è il miglior vaccino contro il caos”, ha detto il direttore del WFP (World Food Program), dopo la notizia del conferimento del Nobel per la Pace alla sua organizzazione. L’incrocio tra crisi sanitaria, crisi ambientale e crisi alimentare è il nodo più complesso della fase che stiamo attraversando e gli effetti della pandemia sul sistema alimentare globale non possono essere sottovalutati. Anche se il sistema nel complesso ha retto l’urto, non dovremmo mai dimenticare che, troppo spesso, abbiamo assistito a situazioni estreme come quelle di contadini costretti a buttare i frutti del loro lavoro magari nelle stesse realtà dove migliaia di persone si mettevano in fila per avere almeno un pasto caldo al giorno. Contraddizioni inaccettabili su cui ho cercato di riflettere anche nel libro “Cibo Sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus” (Mondadori).
L’aumento della disoccupazione, le perdite di reddito e la crescita dei prezzi dei generi alimentari espongono ovunque milioni di persone a nuovi rischi di povertà e malnutrizione. Per la FAO circa 690 milioni di persone stanno già soffrendo la fame e altri 183 milioni potrebbero aggiungersi proprio a causa della perdurante emergenza. Le oscillazioni dei prezzi delle materie prime, i blocchi della logistica delle merci e i rischi di nuove barriere tariffarie e di restrizioni alle esportazioni minacciano ancora la tenuta delle filiere alimentari. Al tempo stesso, la trasformazione vorticosa dei sistemi agricoli e alimentari da piccoli e diversificati a grandi e specializzati ha aperto problemi inediti e l’iperspecializzazione rende spesso più difficile, con le crisi, il passaggio a mercati diversi. Certamente anche per i sistemi agricoli e alimentari siamo di fronte a una stagione di riorganizzazione delle catene del valore e ad un loro potenziale accorciamento su base macro regionale.
L’Italia può avere un ruolo strategico nel confronto che si è aperto. L’anno prossimo guiderà il G20 in un momento straordinariamente complesso come quello che stiamo vivendo. Cogliendo questa responsabilità, il nostro Paese, forte anche dell’esperienza di Expo Milano, ha lanciato sotto la guida della FAO il progetto della “Food Coalition” alla quale hanno già aderito ben quaranta Paesi. L’obiettivo è quello di promuovere un percorso sperimentale e innovativo - multi-stakeholder e multi-settoriale - in grado di unire le forze e le idee delle istituzioni, della ricerca, della conoscenza, delle imprese e della società civile per affrontare gli impatti della pandemia sui sistemi alimentari e sui modelli agricoli e per delineare azioni utili nei diversi paesi per contrastare la fame e potenziare i sistemi territoriali.
Una prima presentazione della piattaforma è prevista il prossimo 5 novembre. Si tratta a mio avviso di una occasione unica per contribuire al rafforzamento degli sforzi multilaterali in questa fase e per qualificare sempre di più il nostro Paese come attore di primo piano, specialmente in Europa e nel Mediterraneo, sui temi della diplomazia agricola e alimentare al servizio di una nuova stagione di cooperazione.