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Vertice CELAC

Una moneta comune per il Sudamerica?

Emiliano Guanella
24 gennaio 2023

La visita del neopresidente brasiliano Lula da Silva a Buenos Aires per il vertice della CELAC (Comunità dei paesi latino-americani e dei Caraibi) ha dato un nuovo slancio ai progetti di integrazione regionale, con un annuncio che ha sorpreso molti: l’avvio del processo di creazione di una moneta comune tra Argentina e Brasile per regolare le relazioni commerciali tra i due paesi.

La nuova valuta si dovrebbe chiamare “Sur” (Sud) e non sostituirà a livello nazionale il peso argentino o il real brasiliano, ma servirà come alternativa al dollaro per l’interscambio di prodotti e servizi. Un progetto che potrebbe essere esteso anche agli altri paesi sudamericani, ma che appare ambizioso e di difficile realizzazione. “Vogliamo superare le barriere che ostacolano i nostri rapporti commerciali – si legge nel comunicato ufficiale – per creare una moneta comune sudamericana che possa essere usata per i flussi finanziari e gli scambi di prodotti, riducendo i costi operazionali e la nostra vulnerabilità esterna”. La parola d’ordine, in sostanza, è alleviare la dipendenza dal dollaro, croce e delizia soprattutto dell’economia argentina. Infatti, Buenos Aires è alla costante ricerca di valuta estera per risolvere i suoi problemi di finanziamento e instabilità cronica.

La moneta comune sudamericana è un sogno nel cassetto che circola da decenni nella regione, ma per diverse ragioni non è stato possibile realizzarlo e sono pochi gli esperti che credano che questa sia la volta buona. È una suggestione sicuramente importante per suggellare la ritrovata affinità ideologica tra governi progressisti, ma dal punto di vista pratico presenta ostacoli che paiono a prima vista insormontabili. Lula ha chiesto scusa ai “cugini” argentini per l’ostilità dimostrata dal conservatore Jair Bolsonaro verso l’esecutivo peronista e ha rilanciato l’aspirazione brasiliana a fare da paese il leader dei progetti di coesione continentale tra governi maggiormente a sinistra.

Per creare una piattaforma valutaria comune, però, bisognerebbe risolvere i problemi strutturalisoprattutto dell’economia argentina. Buenos Aires e Brasilia sono, in questo senso, due realtà molto diverse. Il Brasile ha saputo nel corso degli anni dotarsi di riserve monetarie solide, riesce a contenere il deficit fiscale e ha saputo controllare l’inflazione dopo la crescita dovuta alla crisi pandemica. L’Argentina, al contrario, da anni non sa controllare la spesa pubblica, non può fare a meno di ricorrere a linee di credito internazionali e non è riuscita a contenere l’inflazione, che nel 2022 ha raggiunto la soglia record del 95%, un valore che non si vedeva da trent’anni. Si tratta di due paesi con una spiccata vocazione esportatrice di materie prime ma con una struttura industriale e una solidità fiscale completamente diversa. Non è un caso che le principali resistenze all’idea di una valuta comune vengano proprio dal settore privato brasiliano.

Diverso è invece il discorso relativo alle relazioni politiche. Il vento è cambiato in Sudamerica, i principali paesi della regione hanno governi di sinistra e questo sicuramente favorisce i processi di integrazione regionale. Di questo non può che rallegrarsi il presidente venezuelano Nicolas Maduro, che può uscire dall’ostracismo degli ultimi anni. La Colombia di Gustavo Petro ha già riaperto la sua ambasciata a Caracas e presto lo farà il Brasile di Lula, con buona pace dell’opposizione venezuelana e dei movimenti organizzati di emigrati che vorrebbe che si mantenesse la pressione sul regime chavista per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani nel paese. Lula ha più volte ribadito che non intende interferire nei problemi interni del Venezuela e che riconosce la legittimità del governo in carica. Nicolas Maduro era atteso a Buenos Aires, ma ha preferito non partire a causa delle forti proteste avvenute in Venezuela il 23 gennaio, anniversario della fine della dittatura militare di Marcos Perez Jimenez del 1958. Mentre il chavismo commemorava la ricorrenza con una parata militare, decine di migliaia di venezuelani sono scesi in piazza in una “marcia delle pentole vuote”, per ricordare la fame e la povertà diffuse in un paese segnato da un decennio di gravissima crisi economica. Proteste che sono state ignorate dal vertice latino-americano di Buenos Aires.

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America Latina Brasile Argentina
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AUTORI

Emiliano Guanella
CORRISPONDENTE DA SAN PAOLO (RSI - TV SVIZZERA E LA STAMPA) E ANALISTA POLITICO

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