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Daily focus

Ungheria: New Normal alla Orban

25 maggio 2022

Il premier ungherese dichiara lo stato d’emergenza per la guerra in Ucraina. E sull’embargo al petrolio rinnova il suo veto, tenendo in scacco l’intera Unione.

 

L’Ungheria dichiara lo stato d’emergenza per la guerra in Ucraina. Lo ha stabilito il premier Viktor Orban attribuendosi così il diritto a governare per decreto in risposta a una “crisi economica” causata dal conflitto nella vicina Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia. Il premier ha fatto ricorso ad una norma appena approvata dal Parlamento di Budapest – dominato dal suo partito, Fidesz, dopo la schiacciante vittoria alle elezioni del mese scorso – che ha di fatto emendato la Costituzione dando al governo ampio margine di manovra e poteri speciali per reagire immediatamente alle conseguenze del conflitto. L'obiettivo, ha spiegato Orban in un video su Facebook, è “salvaguardare gli interessi di sicurezza nazionale dell'Ungheria, assicurarci di stare fuori dalla guerra e proteggere le famiglie ungheresi”. Il suo governo annuncerà le prime misure nel corso della giornata di oggi. “Il mondo sta affrontando una crisi economica. L'Ungheria deve stare fuori da questa guerra. Abbiamo bisogno di spazio di manovra e libertà di agire”, ha detto ancora il premier ungherese, il cui esecutivo aveva ottenuto i pieni poteri già durante la pandemia di coronavirus. La differenza – osserva Emese Pásztor, direttrice del Progetto per le libertà politiche dell'Unione per le libertà civili ungheresi (TASZ) – è che da oggi in Ungheria i poteri emergenziali sono diventati il “New Normal”, nel senso che “l’emergenza diventa la norma, che mette in pericolo i nostri diritti fondamentali in quanto diluisce ulteriormente i poteri legislativi del parlamento”.

Il commento di Paolo Magri, Vice Presidente esecutivo di ISPI

L’Europa sotto scacco?

Sul fronte delle sanzioni alla Russia, intanto, l’Ungheria prosegue il suo braccio di ferro con l’Unione Europea: ieri la stampa ha diffuso i contenuti di una lettera inviata da Orban al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel in cui il premier ha sostanzialmente chiesto di stralciare la questione dal Consiglio previsto il 30 e 31 maggio, in quanto “discutere il pacchetto di sanzioni in assenza di un consenso sarebbe controproducente”. Secondo Orban, la discussione “evidenzierebbe solo le nostre divisioni interne senza offrire una possibilità realistica di risolvere le differenze”. Dichiarazioni che allontanano ogni speranza di raggiungere un accordo sull’embargo entro la prossima settimana, come ha ammesso la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in un’intervista a Politico. L'Ungheria è tra i paesi europei maggiormente dipendenti dal petrolio e dal gas russo e il suo veto da solo basta a bloccare l’approvazione dell’embargo a 27. Per convincere Budapest la Commissione ha proposto una deroga all’embargo fino a fine 2024 (due anni addizionali rispetto agli altri stati membri), e fondi per costruire nuovi oleodotti e aggiornare le raffinerie. Non c’è stato niente da fare e, in cambio del ‘sì’, Orbán ha chiesto 3 miliardi di euro, ma soprattutto lo sblocco dei 7 miliardi del Pnrr ungherese, attualmente congelati dalla Commissione per la condizionalità al rispetto dello stato di diritto.

 

Un’emergenza dopo l’altra?

La decisione di imporre lo stato di emergenza arriva poco dopo l’insediamento del nuovo governo e a pochi giorni dallo scadere di un altro stato di emergenza, imposto per far fronte alla pandemia, che a sua volta subentrava a un precedente stato di emergenza del 2020. In concreto significa che i decreti governativi ottengono validità immediata e per 15 giorni salvo proroga del parlamento, in cui il partito Fidesz detiene una maggioranza di due terzi dal 2010. Embargo o no, l’economia ungherese non se la passa comunque bene: nel paese l'inflazione annua è al 9,5% e il deficit di bilancio è aumentato nel primo trimestre a causa di un eccesso di spesa preelettorale. Il governo è chiamato anche ad evitare un ulteriore rallentamento dell'economia, diretta conseguenza della guerra in Ucraina. Ma numerose associazioni e critici dell’esecutivo di Budapest lamentano il fatto che la mossa servirà solo a rafforzare la presa di Orban sul paese, minacciando i diritti fondamentali e continuando la sua opera di erosione dello stato di diritto. L’altro ieri Budapest è stata ascoltata al Consiglio Affari Generali nell’ambito della procedura dell'articolo 7 del Trattato UE che disciplina le sanzioni ai paesi membri ritenuti in contrasto con i valori fondanti dell’Unione Europea. 

 

 

Arriverà la resa dei conti?

Quella a cui assistiamo è infatti solo l’ultima puntata di una lunga saga che vede l’Ungheria di Viktor Orban costantemente in opposizione all’interno dei 27. “Ma una resa dei conti deve arrivare”, osserva in un editoriale il quotidiano britannico The Guardian che si chiede apertamente “cosa può fare Bruxelles mentre Orban trolla l'Ue sempre più sfacciatamente dall'interno e tiene corsi di perfezionamento alla ‘alt-right’ americana?”. Se è vero, infatti, che la procedura avviata contro Budapest per le violazioni dello stato di diritto potrebbe portare a trattenere i fondi previsti dal Recovery Fund, è altrettanto probabile che si tratti di un processo lungo. Il tutto mentre la guerra in Ucraina ha complicato le cose, fornendo al leader ungherese nuove leve nella partita con Bruxelles impegnata a presentarsi più che mai unita contro il presidente russo Vladimir Putin. “Ma entrare a far parte di un club significa giocare secondo le sue regole, non le tue – sottolinea il Guardian – Prima o poi, ci devono essere conseguenze significative per non farlo”.

 

 

Speciale Ucraina

 

  • L'intelligence di Kiev ha confermato i progressi sul campo di Mosca: i russi hanno il pieno controllo del Mare D'Azov. Mentre la loro avanzata prosegue anche a Severodonetsk.
  • Il primo treno merci con un carico di grano dall'Ucraina è arrivato in Lituania attraverso la Polonia. Per le esportazioni, Kiev cerca rotte alternative ai porti bloccati dalla guerra.
  • Il presidente russo Vladimir Putin si è recato all'ospedale militare di Mandrika a Mosca per visitare per la prima volta alcuni dei soldati feriti nella guerra in Ucraina.
  • Il Parlamento russo ha approvato un progetto di legge che prevede di abolire il limite di 40 anni per chi desidera arruolarsi nelle forze armate.

 

 

***

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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