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Il commento
USA-Cina, chi paga il conto della guerra fredda
Giampiero Massolo
26 luglio 2020

Chiusure reciproche di consolati con accuse di spionaggio, presunte spie scomparse nel nulla, interferenze cibernetiche.

A cosa somiglia la guerra fredda nel XXI secolo? In parte, a quello che era quando le spie venivano scambiate sui ponti di Berlino. In parte, è nuova per protagonisti e strumenti. Non ne è mutata l'essenza: una lotta senza quartiere per il predominio mondiale. Ora come allora, è difficile che diventi calda.

I protagonisti, anzitutto. Gli Stati Uniti e la Cina sono una coppia differente da quella russo-americana del secolo scorso. Nessun equilibrio del terrore: gli arsenali non si equivalgono e l'interdipendenza economica resta rilevante. Washington possiede ancora la supremazia nel mondo e intende conservarla, malgrado pulsioni isolazioniste. Pechino vuole acquisirla, ben sapendo di non poter ancora competere sul piano militare, per dimensione economica e capacità d'influenza. Gli americani hanno visto via via frustrata la loro scommessa che una Cina più prospera avrebbe prima o poi fatto squadra con l'Occidente e i suoi valori. Ora è una minaccia strategica.

La posta in gioco è il controllo delle autostrade del 5G sulle quali viaggiano volumi illimitati di dati e dei sistemi di intelligenza artificiale che li rielaborano: questi i nuovi fattori abilitanti della sovranità. Una "scorciatoia" pericolosa verso l'egemonia di chi ne disporrà per primo.

La natura del confronto si riflette sugli strumenti e le modalità impiegati per combattersi.

Alcuni gesti spettacolari: l'appello inedito di Mike Pompeo al popolo cinese all'insubordinazione contro il partito comunista e agli alleati a serrare le fila contro interferenze e manipolazioni. Altri molto più concreti. Dall'uso americano delle sanzioni e delle barriere commerciali, ai limiti posti alle operazioni internazionali di Huawei e Zte. Dalle restrizioni di accesso cinesi, al dumping, alla sottrazione di brevetti e proprietà intellettuale, ai tentativi di uso strumentale degli aiuti emergenziali, alle operazioni cibernetiche offensive.

Sul piano dell'ordine complessivo, la perdurante disparità delle forze in campo rende prematuro parlare di un nuovo duopolio mondiale. Le premesse per una situazione di conflittualità durevole, tuttavia, ci sono tutte. Già si intravvede uno sdoppiamento di filiere tecnologiche e economico-commerciali a guida rispettivamente americana e cinese; l'accorciamento prudenziale delle catene produttive globali e la tendenza al rimpatrio di aziende delocalizzate era già in atto prima della pandemia; la corsa al vaccino anti Covid è in pieno svolgimento senza esclusione di colpi; il tentativo cinese di costruire reti infrastrutturali e finanziarie alternative è sotto gli occhi di tutti; come l'ambizione di condizionare l'attività delle organizzazioni multilaterali. Sul piano geopolitico, la presa di controllo di Hong Kong, la minaccia di farlo anche con Taiwan, l'intolleranza in materia di diritti umani, le tensioni al confine con l'India, gli asseriti investimenti in vettori missilistici, l'esibizione di potenza navale nel Mar cinese meridionale sono altrettante manifestazioni di un'assertività inedita. Aggiungiamo la necessità strategica americana di non perdere la battaglia delle tecnologie, quella elettorale del presidente Trump di darsi un avversario e di far dimenticare il Covid, quella economica di mettere al riparo le aziende dalla concorrenza sleale: ecco gli ingredienti della guerra fredda dei nostri giorni.

A pagarne il prezzo più salato rischia di essere l'Europa, poco vocata alla politica globale e alle scelte scomode tra valori e convenienza economica. Messa da parte ogni velleitaria intenzione di mediare tra le superpotenze, resta la necessità per l'Unione - pressante nel mondo non ancora deglobalizzato - di mantenere con la Cina un dialogo pragmatico e su base di reciprocità. Evitando fughe in avanti individuali.

Va condotto senza sconti sui principi: le scelte di fondo sono chiare. Ma anche nel quadro di un rapporto transatlantico basato su solidarietà storiche e di lungo periodo e perciò sottratto a logiche solo transattive e di contingente convenienza.

 

*Articolo pubblicato nell'edizione cartacea del quotidiano La Repubblica del 25 luglio 2020.

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AUTORI

Giampiero Massolo
Presidente ISPI

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