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Commentary
USA-Cina: quale futuro per Hong Kong?
Alessia Amighini
12 giugno 2020

Nel bel mezzo della pandemia da COVID-19, che funge da acceleratore di fenomeni che covavano sotto la cenere, la recente decisione degli Stati Uniti di revocare lo status di Hong Kong come territorio cinese in gran parte autonomo (in quanto Regione Amministrativa Speciale (SAR) della Cina) apre la strada a una serie di misure punitive di Washington che potrebbero danneggiare stabilmente lo status di Hong Kong come centro commerciale e finanziario globale. Si è verificata cioè la più drastica tra le aspettative degli ultimi due anni, da quando la crescente tensione tra Washington e Pechino per la supremazia tecnologica nel mondo, sfociata in guerra commerciale, aveva lasciato fuori volutamente Hong Kong.

Hong Kong sarà anche piccola in termini di Pil rispetto alla Cina e agli Stati Uniti, ma è un crocevia di capitali e commerci, è uno snodo cruciale nelle relazioni economiche e finanziarie della Cina con il resto del mondo, soprattutto con gli Stati Uniti ed è al centro degli interessi delle due potenze nel commercio, nella tecnologia e nella finanza. Se è vero che dal punto di vista economico, Hong Kong condivide più vantaggi reciproci diretti con la Cina continentale che con gli Stati Uniti, è proprio lo status speciale concesso dagli Stati Uniti e riconosciuto a livello internazionale l’elemento centrale e vitale per lo sviluppo economico passato e futuro. È anche il motivo per cui le imprese e le banche della Cina continentale sono le più attive a Hong Kong. La revoca di questo status mette Pechino ai ferri corti, perché al momento Hong Kong è ancora insostituibile, se mai potrà esserlo.

I supposti candidati alla successione che in questi mesi vengono spesso citati – Macao, Singapore, Hainan, Shenzhen – sono e continueranno a essere tutti largamente imperfetti e pertanto inadeguati. Il ruolo di Hong Kong dipende in modo imprescindibile dal suo sistema giuridico e finanziario, che nessun’altra regione o città può vantare e neppure costruire. Sebbene il governo cinese abbia da tempo pianificato la progressiva riduzione del ruolo di Hong Kong, attraverso la sua inclusione nella Greater Bay Area (GBA), oggi si è ancora molto lontani, almeno per quanto riguarda le relazioni economiche e finanziarie, da una riscrittura del modello cosiddetto di ‘un paese, due sistemi’. Una GBA che includa Hong Kong darebbe benefici soprattutto alle città dentro la Cina continentale, nel Guangdong. La libera circolazione dei lavoratori è un problema minore rispetto a quello dei capitali, il che sembra impossibile in quanto richiederebbe che il Guangdong aprisse completamente il suo conto capitale o che Hong Kong lo chiudesse, almeno in parte. La prima sembra oggi improbabile nella Cina continentale e la seconda sembra rischiosa per Hong Kong e per la GBA in quanto la renderebbe meno attraente per gli investitori esteri e ridurrebbe il ruolo di Hong Kong come intermediario di capitali.

È in questa prospettiva che vanno lette le recenti dichiarazioni di Carrie Lam, capo dell'esecutivo di Hong Kong, sulla volontà di "promuovere una maggiore connettività" tra i suoi mercati finanziari e quelli della Cina continentale. Poiché la posizione speciale di Hong Kong dipende visceralmente dalla relazione simbiotica con la Cina, diventare indipendente economicamente non è un’opzione. L’unica salvezza per Hong Kong, l’unico modo per preservare i suoi grandi benefici economici, è diventare ancor di più un centro globale per la ricchezza privata e il centro offshore più importante per la circolazione del Renminbi (la valuta cinese). Per questo nel corso degli anni sono stati firmati gli accordi cosiddetti Joint Stock Connect tra le borse di Hong Kong e quelle di Shanghai e di Shenzhen-Hong Kong, e Lam ha parlato di altre connettività possibili in futuro, per esempio sul fronte assicurativo. La proposta sembra aver ricevuto un feedback positivo da Pechino, che ha certamente tutto l’interesse a mantenere lo status di Hong Kong come centro finanziario internazionale dopo l'attuazione della legislazione sulla sicurezza nazionale. Tuttavia, un maggior legame con la Cina continentale ridurrebbe comunque l’attrattività di Hong Kong per i capitali esteri, e quindi sarebbe meno importante per gli Stati Uniti. Infatti, la decisione del governo americano nell'aprile 2020 di escludere Hong Kong dal Pacific Light Cable Network (PLCN) è la punta dell’iceberg di tensioni più profonde e dimostra che Hong Kong potrebbe non essere più la prima scelta di Washington sotto molti nuovi aspetti, rispetto ai vicini asiatici, come Singapore e Taiwan. Pare quindi che, per mano di Pechino o per mano di Washington, il ruolo finanziario di Hong Kong sia comunque destinato ad assottigliarsi.

 

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AUTORI

Alessia Amighini
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