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Commentary

Vaticano: oltre i confini dell'Europa: multipolarismo vs universalismo

28 febbraio 2013

Accade spesso che l’interpretazione delle questioni moderne e contemporanee debba essere fondata, se si vuole davvero comprendere e non solamente commentare gli eventi, nelle grandi tradizioni del pensiero antico. Ad esempio, semplificando al massimo - a costo di non fare pienamente giustizia al né al profetismo di Giovanni Paolo II né al pensiero “complesso” di Benedetto XVI - si potrebbe dire che Papa Ratzinger si muove più nel solco dell’agostinismo politico, improntato a un realismo etico internazionalista e alla trascendenza della “città di Dio” rispetto alla città terrestre (il cristiano, più che un cosmopolita, è essenzialmente un “uranopolita”, un cittadino della città celeste), mentre Giovanni Paolo si ispirava ad un universalismo di matrice tomista, impregnato di dottrina sociale della Chiesa nelle sue articolazioni della governance globale.[1]

Per Ratzinger l'idea di pace risponde, a grandi linee, alla formula agostiniana tranquillitatis ordinis: si tratta, potremmo dire con Bobbio, di un pacifismo finalistico. 

Giovanni Paolo II aveva percorso, dal canto suo, la via del pacifismo istituzionale per la "pacificazione" del nuovo "Impero", quello dell’unipolarismo americano e della globalizzazione, nelle tre dimensioni tomiste della pace intra-gentes, inter-gentes e supra-gentes. Kant, nel suo Progetto di pace perpetua (1795) si riferirà in chiave critica e nei termini giuridici alla tripartizione ius civitatis, ius gentium e ius cosmopoliticum, come tre ambiti che non dialogavano più tra loro. 

Nel caso di Giovanni Paolo II l’accento è posto sulla pratica delle relazioni internazionali, sulle tematiche della pace e della “umanizzazione” della globalizzazione, spesso denunciata come foriera di tensioni sociali, economiche, politico-internazionali.

La strategia di Benedetto XVI è apparsa ispirarsi a un approccio che mira, oltre a percorrere questa stessa dimensione operativa e concreta, anche a cambiare in profondità la logica delle relazioni internazionali, con una chiara messa in valore della razionalità e della ragionevolezza della cooperazione. 

Se questo è il tema di fondo, allora si spiega perfettamente la strategia di in ambito internazionale di Benedetto XVI, centrata in buona parte sull’Europa e sul mondo occidentale e sulle sue “emanazioni” americane, africane, oceaniche (con l’eccezione, forse, del Medio Oriente, che in ogni caso rientra tra le indiscusse priorità del Vaticano).

Potremmo, inoltre, dire che, mentre per Giovanni Paolo II erano rilevanti gli atti di pace (come la riunificazione dell’Europa, la remissione del debito estero dei Paesi più poveri, o la denuncia della guerra in Iraq), per Benedetto XVI acquistano importanza cruciale anche gli stati di pace. La pace, per Ratzinger, va ben più in là della semplice valorizzazione delle istituzioni internazionali esistenti. 

Se nel caso di Giovanni Paolo II si può ancora parlare di diplomazia, sia pure a un livello profondamente etico e non certo tattico e strumentale, per Benedetto XVI si deve parlare di antropologia, intesa come riscoperta della capacità razionale dell’essere umano e della sua spiritualità.

Continuando, si potrebbe affermare che, mentre Giovanni Paolo II pone l’accento sulla pastorale delle relazioni internazionali, Benedetto XVI predilige invece una teologia delle relazioni internazionali.

Non sembrino considerazioni astratte. Ad esempio, nelle relazioni internazionali riappare oggi, con nuove fattezze, la dialettica tra "Regna" e "Imperium", tra identità politiche nazionali e sub-nazionali e identità politica collettiva mondiale e trans-nazionale. 

Nell’agenda politico-internazionale del prossimo Papa questi due approcci (vale a dire l'eredità della riflessione internazionalistica della Patristica, da un lato, e della Scolastica, dall'altro) dovranno confrontarsi, in concreto, con il crescente multipolarismo “sovranista” (Cina, Russia, India, Brasile) e la conseguente tensione che esso sta già generando con il multilateralismo, in termini di una crescente pressione per una riforma della governance mondiale.

 [1] Giovanni Paolo II lodò pubblicamente, in un discorso al Pontificio Ateneo "Angelicum" (17.11.1979), lo "spirito di apertura e universalismo" nella filosofia di San Tommaso.

 

* Pasquale Ferrara, segretario generale, Istituto Universitario Europeo di Fiesole.

 

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