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Speciale insediamento

Weekly Focus USA2020: Inizia l’era Biden

Paolo Magri
|
Alessia De Luca
|
20 gennaio 2021

Joe Biden si appresta a giurare come 46esimo presidente degli Stati Uniti. Come si svolgerà la cerimonia di insediamento? E cosa aspetta il presidente una volta entrato nello Studio Ovale?

Inizia l’era Biden - Stasera Joseph Robinette Biden giurerà come 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Sarà una cerimonia di insediamento senza precedenti nella storia americana, senza pubblico e blindata, a causa della pandemia e delle minacce alla sicurezza, un ‘evento virtuale’ trasmesso in streaming sul web e da centinaia di emittenti tv di tutto il mondo. Virtuale sarà anche la tradizionale parata davanti al North Lawn che segue l’arrivo del nuovo presidente alla Casa Bianca, mentre il ballo di gala con il presidente e la First Lady sarà sostituito da una serata di musica e performance artistiche condotta dall’attore Tom Hanks: “Celebrating America”. Grande assente della giornata sarà ovviamente Donald Trump: il presidente uscente ha annunciato che non parteciperà all’inaugurazione, mentre sembra che la figlia Ivanka e il marito Jared Kushner, tra i più fidati di consiglieri Trump, dovrebbero partecipare.

Attorno a Capitol Hill e alla Casa Bianca, però, l’atmosfera non è esattamente festosa. Lungo il National Mall, il viale che corre dal Campidoglio al Memoriale di Lincoln, quasi 200mila bandiere americane a rappresentare il pubblico assente e ricordare le 400mila vittime americane della pandemia. I luoghi del potere e della democrazia americani sono circondati da barriere e filo spinato, con 25mila soldati schierati per prevenire il ripetersi di scene di violenza come quelle del 6 gennaio contro Capitol Hill. Proteste sono attese sia a Washington sia nelle altre 50 capitali statali e le autorità stanno vagliando ogni possibile scenario: l’FBI è all’erta contro il rischio di infiltrati ostili tra le fila della Guardia Nazionale schierata a difesa del nuovo presidente.

La strada del presidente che promette di “guarire l’America” dalle sue ferite più profonde si preannuncia in salita fin dal primo giorno.

 

L’ultimo schiaffo - Intanto, dopo aver cosparso il cammino di Joe Biden di ‘mine vaganti’ in politica estera, il Dipartimento di Stato americano ha definito ‘genocidio’ la persecuzione della minoranza uigura in Cina. “Il genocidio è in corso e stiamo assistendo al sistematico tentativo della Cina di distruggere gli uiguri”, afferma in una nota il segretario di Stato Mike Pompeo. Uno schiaffo, quello rivolto a Pechino nell’ultimo giorno di Trump alla Casa Bianca che segna un’ulteriore escalation nei rapporti tra i due paesi. Funzionari di politica estera e osservatori affermano che la Cina sarà la più grande sfida per l’amministrazione americana entrante e in quelle nei decenni a venire.

Nelle ultime ore del suo mandato, Trump ha anche firmato una ultima serie di 73 grazie e 70 commutazioni. Tra i fortunati c’è anche Steve Bannon, stratega della sua vittoria nel 2016, sotto accusa per frode elettorale. Bannato dalla maggior parte delle piattaforme social, Trump ha pubblicato un ultimo messaggio attraverso il profilo della Casa Bianca. “È solo l’inizio del movimento che abbiamo creato” – ha detto, lasciando intendere che da oggi intende vestire i panni di oppositore alla nuova amministrazione.

 

I primi 100 giorni - “Hit the ground running” è un’espressione colloquiale derivata dal gergo militare, che si può tradurre più o meno come ‘partire in quarta’. Ed è quello che secondo il suo Chief of Staff, Ron Klain, Joe Biden intende fare firmando fin dai primissimi giorni una serie di ordini esecutivi che annullino alcune decisioni di Trump. Tra questi: eliminare i “travel ban” imposti contro alcuni paesi (soprattutto a maggioranza musulmana), rientrare nell’Accordo di Parigi sul clima, estendere la moratoria sugli sfratti e sul pagamento dei debiti universitari, imporre l’obbligo federale a portare mascherine e riunire i bambini immigrati separati dalle famiglie al confine. Non sarebbe la prima volta che un presidente inaugura la scrivania dello Studio Ovale firmando una serie di ordini esecutivi per imprimere un cambio di direzione e segnare una svolta con la precedente amministrazione, ma Joe Biden vuole accelerare il passo: avrebbe già pronti una dozzina di executive acts e intende far vaccinare 100 milioni di americani nei suoi primi 100 giorni. Il neopresidente intende anche sfruttare fin da subito la maggioranza al Congresso, presentando alcune importanti proposte di legge. Sul tema dell’immigrazione, chiodo fisso del suo predecessore, Biden proporrà un disegno di legge che potrebbe portare 11 milioni di immigrati irregolari ad ottenere la cittadinanza. Settimana scorsa, il neo presidente ha anche anticipato i contenuti di un pacchetto da 1.900 miliardi di dollari per combattere la crisi legata alla pandemia.

Gli USA devono “fare le cose in grande” - ha detto Janet Yellen, la nuova Segretaria al Tesoro entrante - per evitare una “recessione più lunga e dolorosa”. Un cambio di passo rispetto ai mesi scorsi, quando un precedente pacchetto da 900 miliardi è stato approvato solo dopo lunghissime trattative al Congresso.

Con una maggioranza risicata al Senato, però, Biden dovrà bilanciare le aspettative dell’ala liberal del suo partito e le richieste dei moderati; ma non solo: per superare l’ostruzionismo (“filibustering”) che tradizionalmente blocca i lavori del Senato avrà bisogno anche dei voti di almeno 10 repubblicani, oppure di far ricorso al processo di “reconciliation” - che permette, tre volte all’anno, di evitare l’ostruzionismo e procedere al voto a maggioranza semplice su proposte di legge legate a tasse, bilanci pubblici e debito. In entrambi i casi, strade per nulla facili da percorrere, in cui il voto di ogni senatore diventa potenzialmente decisivo.

Voltare pagina - I segnali che quella del 2021 sarebbe stata un’inaugurazione di rottura con la tradizione erano chiari da tempo, con un presidente uscente che continua tutt’ora a negare di essere stato sconfitto e che non ha mai pronunciato il ‘Concession speech’. Altrettanto fuori dal comune è stata una transizione che è riuscita a condensare in due mesi e mezzo una campagna su larga scala di delegittimazione del voto popolare, con tentativi legali e non di ribaltare i risultati, una folla all’assalto del Campidoglio e un presidente messo sotto impeachment (per la seconda volta) a una settimana dalla fine del suo mandato.

Per Joe Biden, che nell’aprile 2019 - un’era geopolitica fa - si era presentato come il candidato della moderazione e della mediazione, pronto a raccogliere il testimone di Barack Obama, si tratta ora di fare ricorso a strumenti straordinari per provare a mettere la parola “fine” a un anno che ha devastato gli Stati Uniti. Dodici mesi che si erano aperti con gli USA pericolosamente vicini un’escalation militare con l’Iran e proseguiti poi con la più grave pandemia dell’ultimo secolo, la peggior crisi economica del mondo occidentale dal 1929, le più grandi proteste popolari nella storia americana e un’estate di incendi che hanno devastato il paesaggio statunitense. A incoraggiare il nuovo presidente restano però alcuni dati significativi: il record di affluenza alle urne alle presidenziali di novembre, con numeri record per le minoranze etniche tradizionalmente marginalizzate; la solidità dimostrata dalle istituzioni americane - dalle forze armate ai giudici dei tribunali, ai funzionari elettorali dei 50 stati - che hanno dimostrato di essere pronti a resistere a tentativi di destabilizzazione incoraggiati dallo stesso presidente; il sospiro di sollievo con cui molti dei tradizionali alleati degli Stati Uniti nel mondo hanno accolto la vittoria di Biden, con la speranza del ritorno di un’America pronta a cooperare sui grandi dossier globali - non prima, però, di aver messo ordine in casa propria.

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USA 2020

AUTORI

Paolo Magri
ESPI Executive Vice President
Alessia De Luca
ISPI Advisor for Online Publications
ISPI Research Assistant

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