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#USA2020
Weekly Focus USA2020: Persone dell'anno
Paolo Magri
|
Alessia De Luca
|
Elena Corradi
11 Dicembre 2020

Time incorona il duo presidenziale Biden-Harris ‘Persone dell’anno’. Ma mentre la transizione procede spedita, al Congresso è ancora stallo per l’approvazione di un nuovo pacchetto di aiuti.

 

Joe Biden e la sua vice Kamala Harris conquistano la copertina del Time come persone dell’anno. Il prestigioso settimanale americano spiega che il neo presidente eletto e la sua vice “hanno cambiato la storia dell'America, mostrando che le forze dell’empatia sono più grandi delle furie divisive, e condiviso una visione di guarigione in un mondo in lutto”. Come di consueto, la rivista ha nominato anche i ‘Guardiani dell’Anno’, un riconoscimento attribuito a Anthony Fauci, con tutti i lavoratori del settore sanitario e agli organizzatori di Black Lives Matter.

Intanto, la Food and Drug Administration si prepara ad autorizzare la distribuzione del vaccino Pfizer-BioNTech. L’ente americano preposto a vagliare l’accesso dei nuovi farmaci sul mercato interno sta ultimando gli accertamenti. Cosi, dopo Regno Unito, Bahrain e Canada la prossima settimana potrebbe essere la volta del vaccino di Moderna. Una buona notizia soprattutto considerato i numeri: in questi giorni gli Stati Uniti hanno raggiunto un nuovo record negativo, quello degli oltre 3mila decessi giornalieri per coronavirus. Mentre il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che potrebbe obbligare le case farmaceutiche USA a dare priorità al mercato americano nella distribuzione dei vaccini, il New York Times rivela che a luglio il presidente avrebbe rifiutato l’offerta di Pfizer di opzionare un acquisto aggiuntivo di milioni di dosi di vaccino. Da parte sua il presidente eletto Joe Biden, ha promesso che nei primi 100 giorni di mandato il governo distribuirà 100 milioni di vaccini.

A meno di sei settimane dal suo insediamento, Biden sta procedendo con le nomine per la futura amministrazione. Questa settimana ha annunciato quelle che andranno a comporre il team sanitario: oltre a Anthony Fauci come capo consigliere medico (di cui si era già parlato venerdì scorso), il presidente eletto ha nominato Xavier Becerra Segretario alla salute. Già procuratore generale della California, Becerra non ha esperienza nel settore sanitario ma negli ultimi anni si è speso per difendere l’Affordable Care Act, il diritto all’aborto e l’accesso alla sanità pubblica per i migranti. Insieme a lui, sono nel team sanitario di Biden anche Rochelle Walensky, Direttrice dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie e Vivek Murthy, capo dell’Ufficio federale per la salute pubblica (PHS).

Ma tra le nomine di questa settimana, ad attirare maggiore attenzione, sulla stampa e nei dibattiti, è quella di Lloyd Austin, generale in pensione che Biden vorrebbe a capo del Pentagono. Austin potrebbe diventare il primo Segretario alla difesa afroamericano, in un dipartimento tradizionalmente guidato da uomini bianchi. La nomina di Austin tra i “big four” del gabinetto, i quattro incarichi di maggior peso - Segretario di Stato, Segretario al Tesoro, Segretario alla Difesa e Procuratore generale - avrebbe un alto valore simbolico nell’anno dell’uccisione di George Floyd e delle proteste di Black Lives Matter. Austin non manca certo di esperienza, essendo stato tra l’altro a capo del Central Command dal 2013 al 2016 dove ha supervisionato le operazioni USA in Medio Oriente. Ciò nonostante, i critici gli rimproverano la poca familiarità con quella che ritengono la sfida principale per l’America nel futuro prossimo: la Cina. Altri lamentano che, non essendo passati sette anni dalla fine della sua carriera militare, Austin avrebbe bisogno di un’autorizzazione speciale dal Congresso, come Jim Mattis quattro anni fa. Altri ancora, invece, sottolineano che nominare un generale a capo del Pentagono romperebbe l’equilibrio interno tra funzionari civili e militari, e puntano il dito contro i potenziali conflitti di interesse tra l’incarico e i suoi attuali impegni nei board di aziende nel settore della difesa. Per mettere a tacere le polemiche è sceso in campo lo stesso presidente eletto, che in un editoriale per The Atlantic ha elogiato il lavoro di Austin nel ritiro delle truppe USA dall’Iraq, definita da Biden “la più grande operazione logistica intrapresa dall'esercito in sei decenni”.

Tra le altre nomine fatte questa settimana - Marcia Fudge come Segretaria del Dipartimento per la casa e dello sviluppo urbano; Tom Vilsack come Segretario all’Agricoltura; Denis McDonough, già capo di gabinetto di Barack Obama, come Segretario per i veterani; Katherine Tai come Rappresentante per il commercio - è arrivata anche quella di Susan Rice come Direttrice del Consiglio di politica interna della Casa Bianca. Una scelta inaspettata per l’ex consigliera per la sicurezza nazionale di Obama, per la quale si ipotizzavano la vicepresidenza o la guida del Dipartimento di Stato e che invece viene assegnata a un comitato di importanza secondaria. A spiegare la scelta potrebbe essere il fatto che la presidenza del Consiglio di politica interna non richiede l’approvazione del Senato, un passaggio che avrebbe visto Rice in difficoltà a causa dell’ostilità di molti repubblicani. In questo senso, un filo rosso sembra unire finora molte delle nomine fatte da Biden: una formula che combina diversità etnica, di genere e di esperienza, ma soprattutto un rapporto di lunga durata con il presidente eletto. 

 

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Cosa succede con Facebook?

Un punto di accordo tra i due rami del parlamento sembra esserci, ed è un avversario comune: Facebook. Mercoledì la Federal Trade Commission, agenzia governativa bipartisan per la tutela dei consumatori e 47 stati USA, democratici e repubblicani, guidati dalla procuratrice generale di New York, hanno accusato l’azienda di Mark Zuckerberg di aver abusato della propria posizione di dominio per comprare i suoi rivali ed eliminare così i potenziali concorrenti. In due cause separate, le autorità statali e federali hanno spiegato le ragioni che le hanno portate a ritenere che l’azienda di Mark Zuckerberg abbia agito in modo anticoncorrenziale, citando gli esempi dell’acquisto di Instagram e Whatsapp come casi eclatanti di questa pratica. Tra le soluzioni proposte, si valuta quella di costringere l’azienda a separare le proprie attività; un’eventualità potenzialmente esplosiva dato che tocca un’azienda il cui valore di mercato sfiora gli 800 miliardi di dollari.

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A Washington, intanto, continuano al Congresso le schermaglie sul nuovo pacchetto di aiuti economici. Oggi scade il termine ultimo per la presentazione della legge di bilancio e, per evitare lo shutdown e la paralisi di tutte le attività e uffici governativi, la Camera ha dovuto proporre un bilancio provvisorio aggiuntivo di una settimana, nella speranza che basti a sbloccare il dossier. Negli ultimi giorni, i passi avanti sono stati pochi. L’amministrazione Trump ha presentato una proposta di 916 miliardi di dollari, che però tagliava i sussidi di disoccupazione che non sarebbero comunque previsti dopo l’estate 2021. È quest’ultimo elemento che ha portato la Speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer a liquidare la proposta, rimettendo sul tavolo l’ipotesi bipartisan discussa la scorsa settimana. Intanto dall’economia reale arrivano segnali preoccupanti: nell’ultima settimana le richieste di sussidi di disoccupazione sono salite a 853.000 unità, 137.000 in più rispetto alla settimana precedente. 

 

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Le politiche economiche di 4 anni di Trump: un bilancio

Dal Blog @Americana di Mario Del Pero, Senior Associate Research Fellow ISPI e professore SciencesPo

Cala il sipario su questi quattro anni di Presidenza Trump. Cala con grande mestizia, che le settimane successive al voto hanno rivelato – se mai ve ne fosse stato bisogno – tutta l’inadeguatezza politica, istituzionale e, verrebbe voglia di dire, finanche morale di un Presidente il cui ultimo atto è quello di avvelenare ulteriormente i pozzi di un confronto politico già tossico nella sua estrema polarizzazione, alimentando ora la leggenda di una “vittoria rubata” e di frodi elettorali prodotte da una cospirazione globale i cui contorni (e la cui credibilità ultima) paiono degne di un cattivo romanzo di Ian Fleming: che farebbero sorridere se, visto il loro successo presso molti elettori repubblicani, non fossero prima ancora spaventevoli.

Leggi l’approfondimento

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Nulla da segnalare invece sul fronte delle contestazioni elettorali. Martedì, nel giorno del “safe harbor”, entro cui le certificazioni dei risultati elettorali dei 50 stati vengono considerate definitive, la Corte Suprema ha respinto l’ennesimo tentativo del team Trump di rovesciare l’esito del voto, rifiutando la richiesta dei legislatori repubblicani della Pennsylvania di bloccare la certificazione dei risultati.

Nonostante la sconfitta sembri ormai difficile da evitare, molti repubblicani continuano a non riconoscere la vittoria di Biden. Nei giorni scorsi, il Procuratore generale del Texas Ken Paxton - sostenuto da altri 17 stati repubblicani e dallo stesso Trump - ha chiesto alla Corte Suprema di emanare un ordine di emergenza per invalidare i risultati dei quattro staati che hanno consegnato la vittoria a Joe Biden: Georgia, Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Secondo gli esperti di materie giuridiche neanche questo ricorso - definito da molti un tentativo “senza precedenti” di annullare arbitrariamente il voto di milioni di elettori - ha speranze di essere accettato.

La prossima scadenza su cui sono puntati gli occhi di tutti è quella del prossimo 5 gennaio, quando si terranno i ballottaggi per i due seggi al Senato assegnati dalla Georgia. È una sfida dalla quale dipende la maggioranza al Senato per i prossimi due anni e su cui i repubblicani puntano molto per ‘arginare’ la portata delle politiche della prossima amministrazione. Non a caso sia Trump che Mike Pence sono stati in visita nello stato e anche Biden vi si recherà la prossima settimana. Il neopresidente eletto sarà ad Atlanta, che gli ha consegnato la vittoria determinante per la Georgia e per le presidenziali di novembre.

 

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Altre cinque cose che sono successe questa settimana:

  • L’avvocato di Trump Rudy Giuliani è risultato positivo al coronavirus. Dopo aver passato quattro giorni in ospedale, è stato dimesso mercoledì.
  • I procuratori federali del Delaware hanno aperto un’inchiesta contro Hunter Biden, il figlio del presidente eletto. Tra i reati su cui si indaga ci sarebbe il riciclaggio di denaro in Cina.
  • Biden ha annunciato di voler completare tutte le nomine mancanti per la sua prossima amministrazione entro Natale, senza aspettare il risultato dei ballottaggi per il Senato in Georgia.
  • Il Marocco ha normalizzato le relazioni diplomatiche con Israele. È un nuovo passo di distensione tra lo stato ebraico e il mondo arabo mediato dalla Casa Bianca, che in cambio ha offerto di riconoscere il Sahara Occidentale come parte del Marocco.
  • Airbnb ha debuttato alla borsa di New York. Il prezzo delle azioni è salito subito a 146 dollari e la capitalizzazione ha raggiunto i 101 miliardi di dollari.

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Per approfondire

Republicans Are Going Down a Dangerous Road

Ronald Brownstein, The Atlantic

Civilian Control of the Military Is Vital

The Editorial Board, The New York Times

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Matteo Laruffa
Harvard University
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USA 2020

AUTORI

Paolo Magri
ISPI Executive Vice President
Alessia De Luca
ISPI Advisor for Online Publications
Elena Corradi
ISPI Research Assistant

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