La guerra in Ucraina ha causato un nuovo shock all’economia globale e in particolar modo agli scambi commerciali: il secondo in meno di tre anni, dopo il primo “cigno nero” rappresentato dalla pandemia. In questi ultimi tre mesi, a causa degli alti prezzi delle commodities e delle difficoltà a livello logistico e di trasporto soprattutto nella regione del Mar Nero (ma non solo, in conseguenza dei lockdowns che hanno interessato Shanghai e le altre principali città cinesi), si è tornati a mettere in discussione la globalizzazione economica preconizzandone la sua fine. Ma, mentre ci si interroga sul futuro della globalizzazione, dopo vari rinvii dovuti alla pandemia si sta finalmente per svolgere a Ginevra (dal 12 al 15 giugno) la 12esima Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO). È il momento giusto per cercare di rivitalizzare un’organizzazione che da anni attraversa un periodo di crisi?
Cosa sta accadendo?
È sufficiente dare un’occhiata ai dati del commercio internazionale pubblicati dall’UNCTAD: nel 2021 gli scambi globali hanno raggiunto – in valore – il livello record di 28,5mila miliardi di dollari, con un incremento del 25% rispetto al 2020 e del 13% rispetto al periodo pre-pandemia. Peraltro, nel 2020 la contrazione degli scambi internazionali è stata decisamente inferiore rispetto al 2009 quando la crisi finanziaria globale aveva avuto un impatto ben più pesante sull’economia globale.
Ciò significa che nonostante il Covid, i colli di bottiglia lungo le supply chains, i prezzi elevati dei containers, il sistema commerciale globalizzato ha dimostrato di saper reggere allo shock. Certamente, la guerra in Ucraina rappresenta un altro shock – il secondo in meno di tre anni. Prima di tracciare scenari, è però importante capire quali sono i tratti distintivi di questa nuova crisi. Lo shock attuale è in parte simile a quello provocato dalla pandemia, essendosi originato sul lato dell’offerta che, a causa della guerra e delle sanzioni economiche, ha causato un’impennata dei prezzi di energia e materie prime. Pensiamo infatti che nell’eurozona l’inflazione, che a maggio ha raggiunto il livello record di 8,1%, è spiegata per più della metà dall’aumento delle componenti più volatili, tra cui ci sono energia e beni alimentari. E come nel caso della pandemia, lo shock si potrebbe estendere in tempi relativamente rapidi anche a uno shock (almeno temporaneo) di domanda, frenando la ripresa economica (come già abbiamo visto dalle previsioni di crescita globale e a livello UE riviste al ribasso) e creare, nello scenario peggiore ipotizzato dagli economisti, stagflazione.
È evidente che questa situazione produrrà un rallentamento degli scambi commerciali. Innanzitutto per la forte contrazione che si è già verificata al livello delle transazioni tra Russia e Paesi europei per effetto delle sanzioni, con flussi commerciali che sono calati di ben oltre il 50% rispetto a un anno fa. Ma le conseguenze non saranno soltanto a livello regionale, con il commercio internazionale che quest’anno potrebbe crescere solamente del 3% rispetto al 4,7% stimato all’inizio del 2022.
Una ripresa degli scambi che continua, dunque, ma che è resa più fragile dal conflitto. In questo contesto, un rafforzamento della governance multilaterale sarebbe necessario e auspicabile per poter facilitare i commerci. La “MC12” in programma a Ginevra dovrebbe essere l’occasione per cercare di risolvere alcune questioni di cui si discute da anni senza riuscire a fare grandi passi avanti.
Le questioni sul tappeto
Innanzitutto, il vertice multilaterale di Ginevra sarà l’occasione per i ministri del Commercio dei 164 Stati membri del WTO sarà l’opportunità per incontrarsi di persona e discutere – a livello politico – dei grandi nodi che vanno sciolti per rivitalizzare ulteriormente gli scambi. A tal proposito, la discussione principale riguarda il dilemma tra multilateralismo e regionalismo: quest’ultimo ha rappresentato negli ultimi anni una soluzione di second best, nell’impossibilità di fare concreti passi avanti sulla liberalizzazione degli scambi secondo un approccio votato all’unanimità. E così, da un lato sono fioriti accordi di libero scambio preferenziali – spesso su base geografica – che hanno permesso di fare progressi sul fronte dell’apertura economica e dell’integrazione regionale; dall’altro lato, però, questi stessi accordi rischiano di aumentare la frammentazione e di nutrire rivalità di tipo geoeconomico: basti pensare, ad esempio, alla rete sempre più intricata di Free Trade Agreements (FTAs) – già in vigore o in fieri – che si sono sviluppati nella regione dell’Asia-Pacifico con l’intento di isolare la Cina e di contrastarne l’espansionismo economico nella regione. Il pericolo (peraltro già sollevato alcuni anni fa) è che si generi un effetto “spaghetti bowl” che, anziché facilitare gli scambi, li ostacoli a causa della sovrapposizione di accordi troppo diversi tra loro.
Per questo, è fondamentale che in seno al WTO si riesca a ripristinare un clima di collaborazione improntato all’individuazione di un terreno comune e di regole condivise. Ecco perché, a tal proposito, una questione centrale è quella dei sussidi: tentazione di molti governi per sostenere le proprie aziende ma che rischiano di distorcere una corretta concorrenza sui mercati internazionali e di penalizzare l’efficienza. In particolare, durante la Ministeriale si discuterà dei sussidi alla pesca, di cui molti Paesi hanno abusato negli scorsi decenni determinando pesca in eccesso, con effetti distorsivi sul mercato e danni ingenti alla fauna ittica di molti mari.
In termini di regole, un altro tema chiave sarà quello della proprietà intellettuale legata ai vaccini anti-Covid. Più di cento Paesi, guidati da India e Sudafrica, chiedono una deroga al brevetto su vaccini e trattamenti contro il coronavirus per consentire una più facile circolazione di questi prodotti. Del resto, anche se l’emergenza pandemica sembra conclusa (o quantomeno uscita dalla fase più acuta), definire regole più omogenee che consentano ai Paesi più poveri di accedere facilmente a vaccini e farmaci sarebbe importante in vista di future pandemie o crisi sanitarie. Il punto è trovare un equilibrio fra le diverse esigenze in campo: da una parte i guadagni delle case farmaceutiche a fronte di ingenti investimenti fatti in ricerca e sviluppo, dall’altra l’importanza di non escludere nessuno dall’accesso alle cure.
Infine, vi sono poi le discussioni legate alle nuove frontiere del commercio internazionale che si intersecano con la transizione digitale e quella ecologica. Fare progressi sulle regole che disciplinano l’e-commerce a livello globale sarebbe un risultato importante, così come intraprendere un dibattito costruttivo sull’introduzione degli aspetti legati alla sostenibilità ambientale nelle pratiche commerciali (come, ad esempio, le proposte per una carbon tax, che vedono Unione Europea e Stati Uniti in prima linea ma che sono avversate dai Paesi in via di sviluppo i cui processi produttivi spesso non raggiungono gli standard minimi necessari in termini di riduzione di emissioni di CO2).
Quali scenari?
Nonostante pandemia e guerra, la globalizzazione economica in ogni caso non è destinata a morire (almeno, non ancora). Grazie alla profonda interdipendenza commerciale, gli scambi potrebbero proseguire anche con una sorta di “pilota automatico”, dunque senza la necessità di riformare il WTO. In realtà, un multilateralismo più forte servirebbe proprio a rafforzare questa rete di scambi scongiurando le spinte centrifughe verso una frammentazione dei rapporti economici internazionali. Dopo due anni di grandi difficoltà per l’economia mondiale, la MC12 potrebbe appunto essere un’occasione per compiere alcuni passi avanti significativi nella direzione di un rilancio e di un rafforzamento del multilateralismo. Difficile attendersi risultati di portata storica, ma alcuni risultati meno ambiziosi sembrano a portata di mano.