La strategia d’inclusione dei Balcani nell’Unione europea subisce oggi i contraccolpi di una duplice complicazione: la diminuzione dell’entusiasmo generale nei confronti dell’Unione europea (2005 - oggi) e la crisi economica e finanziaria generale (2008-oggi). Queste due difficoltà si sono sovrapposte e hanno generato una sindrome negativa, per la quale si fa ancora fatica a vedere una soluzione soddisfacente.
Risultati della ricerca:
Il secondo anno di presidenza di Obama è stato più difficile del primo. Si chiude infatti con un insuccesso elettorale e con un franco e insolito riconoscimento di responsabilità da parte sua. Quando si va indietro con la mente alle aspettative di novità e di progresso suscitate a suo tempo dall’elezione di questo brillante e innovativo presidente, i risultati effettivamente raggiunti appaiono piuttosto deludenti e non gli sarà agevole ora risalire la china per affrontare al termine del suo mandato una nuova consultazione popolare.
Il decennio che si sta per chiudere ha assistito al progressivo sgretolamento dell’illusione di continuità che politici, commentatori e studiosi avevano proiettato sulla fine del sistema bipolare e, con essa, dell’intero Novecento: continuità nella distribuzione internazionale del potere, grazie all’inattaccabile e confortevole superiorità degli Stati Uniti e dei loro alleati europei; continuità nei principi e nei valori di fondo della convivenza interna e internazionale, celebrati nella religione civile della “transizione al mercato e alla democrazia”;...
Dopo il salvataggio in extremis della Grecia e dell’Irlanda, è la penisola iberica a tener alta la tensione in Europa. La crescita dello spread tra i titoli portoghesi e quelli tedeschi lascia pochi dubbi sul fatto che il Portogallo possa essere uno dei prossimi bersagli – se non proprio il prossimo – degli attacchi speculativi. Un nuovo intervento – dopo quello irlandese – del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf) sarebbe in tal caso inevitabile.
Le Olimpiadi di Pechino saranno ricordate come il simbolo tangibile della potenza cinese. A organizzarle è stato Xi Jinping, il futuro presidente della Repubblica Popolare, attuale vicepresidente, capo delle Forze armate e membro del Politburo. L'incarico di sovrintendere ai lavori gli era stato affidato dal Partito, come test finale per dimostrare la propria capacità politica e diplomatica. Una prova superata con successo, anche se forse non ce n'era bisogno.
Protagonisti dei dieci anni che hanno capovolto il mondo, dal 2000 al 2010. Sicuri protagonisti del secondo decennio di quello che è stato definito il secolo dell’Asia, ma che in realtà sarà il “secolo del Sud del mondo”, a fronte di quel che appare uno strisciante ma quanto mai inesorabile declino del Nord del globo. È l’avanzata dei paesi emergenti, (molti ormai emersi a pieno titolo), scritta nel Dna della Storia.
Fin dalla sua traumatica fondazione nel 1979, la Repubblica islamica dell’Iran ha rappresentato – o perlomeno è stata percepita – come uno dei principali fattori d’insicurezza regionale da parte di una pluralità di attori diversi, dagli Stati Uniti, a Israele, ai paesi arabi sunniti. Il timore e l’ostilità verso il governo post rivoluzionario di Teheran hanno, in questi decenni, catalizzato improbabili alleanze o sinergie politiche, economiche e persino militari da parte di stati pur molto divisi fra loro.
Il 2010 avrebbe dovuto essere ricordato come quello delle nuove istituzioni europee create dal Trattato di Lisbona appena entrato in vigore: dall'entrata in scena di Herman von Rompuy e Catherine Ashton, dall'avvio della nuova Commissione (la Barroso-2) e dal lancio del servizio diplomatico europeo (il Seae). È stato invece, soprattutto, l'anno della crisi della zona euro, dalla Grecia all'Irlanda, e forse ora giù di nuovo verso Sud.
Verso la fine di novembre, alla vigilia di una visita in Germania, Vladimir Putin ha scritto un articolo per la «Sueddeutsche Zeitung» proponendo all’Europa di lanciare insieme alla Russia «una nuova ondata di industrializzazione»: alleanze strategiche dal settore dell’auto al nucleare, un’infinita area di libero scambio tra Lisbona e Vladivostok.
L’ombra lunga della storia si proietta nella politica estera indiana e si avvinghia con l’emersione della cronaca. È un rapporto complesso, chiaroscurale, sicuramente non definito e non definitivo. Il ricordo della rovinosa guerra con la Cina del 1962 si mescola con l’esplosione dei rapporti economici. La Cina è riuscita a divenire il primo partner commerciale dell’India, scalzando una lunga supremazia statunitense. Pechino ha intercettato le aperture, prima timide e poi più convinte, di Delhi.