Settembre 2011. L’economia statunitense è in difficoltà. Nonostante i proclami e gli sforzi istituzionali, l’attività non decolla, la disoccupazione è ferma al 9% e la saggezza popolare fa notare come nessun presidente sia mai stato rieletto con una disoccupazione così alta[1]. Pochi scommettono nel rinnovo del mandato del presidente Obama, stretto da una maggioranza traballante restia ad approvare ulteriori piani di stimolo per l’economia.
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Quando Polonia e Ucraina congiuntamente si aggiudicarono nell’aprile del 2007 l’organizzazione degli europei di calcio per il 2012, gli stati membri della Ue credettero ancora di più nelle potenzialità della Politica europea di vicinato (Pev) che mira a rafforzare la cooperazione fra l’Europa allargata e l’Europa posta a est dei nuovi confini. La Polonia sembrava realizzare l’aspirazione, palesata fin dall’inizio del suo percorso europeo, di costituire un “ponte” fra Ovest ed Est e diventare un modello di riferimento per la transizione dei vicini orientali.
Il fallimento (già avvenuto) dello stato greco, l’ingovernabilità del paese sancita dalle urne e la pro-spettiva della sua uscita dall’euro evocano lo spettro del “contagio”.
François Hollande and Nicolas Sarkozy are often said to be deeply opposed. The first would be more inclined to maintaining public spending, which does not fit with the current European budgetary discipline policies. The second, more experienced at the helm, would have the benefit of greater credibility on European issues. This crude opposition is too simplistic to be satisfying.
La piccola repubblica dell’Ossezia del Sud si è trovata recentemente alle prese con una profonda crisi politico-istituzionale, legata ai turbolenti sviluppi delle elezioni presidenziali dello scorso novembre, quando i suoi cittadini sono stati chiamati alle urne per decidere il successore del presidente in carica dal 2001, Eduard Kokojty, per il quale non è previsto a livello costituzionale un terzo mandato.
Il prezzo del petrolio è un animale assai lunatico, che si lascia ingabbiare con molta difficoltà dalle previsioni degli esperti. Perfino un’istituzione come la governativa “Energy Information Administra-tion” degli Stati Uniti ha vita durissima a indovinare le quotazioni del barile, anche solo per l’anno successivo :
Il tema dell’indipendenza energetica americana è di grande attualità in queste ultime settimane, da quando cioè i grandi giornali statunitensi e internazionali sono tornati a occuparsi della questione, legandola agli altissimi prezzi mondiali del greggio e alla notizia che il 2011 ha visto gli Stati Uniti tornare esportatori di petrolio per 1,2 milioni di barili al giorno.
Non è possibile parlare della Russia di Vladimir Putin, paese ricco di contraddizioni, passato in pochi anni dalla pianificazione centralizzata ai meccanismi di mercato e con un’economia in rapida e costante espansione, se non si considera che nel 1991 non solo si è dissolto il Partito comunista sovietico ma è avvenuta la disunione dell’ultimo degli imperi europei, che il Partito aveva ereditato da secoli di storia degli zar.
Nonostante la netta vittoria di Putin, non vi è dubbio che si stia chiudendo la lunga fase politica iniziata nel marzo del 2000, quando egli ottenne il suo primo mandato. Una fase che può essere definita di “generale consenso”, determinata soprattutto dal sostanziale miglioramento della situa-zione economica interna (dovuta peraltro essenzialmente all’alto prezzo di petrolio e gas) e dalla diffusa percezione di un rafforzamento della posizione internazionale del paese.
L’atmosfera alla vigilia delle elezioni presidenziali in Russia è molto effervescente a causa di un’inattesa attivazione della società civile, a partire dall’ufficializzazione dei risultati delle elezioni alla Duma del 4 dicembre 2011. Pochi giorni dopo migliaia di moscoviti sono scesi in strada per dare vita a una imponente e variegata manifestazione, la più grande protesta a Mosca dai tempi della perestroika e della dissoluzione dell’Unione Sovietica.