The Democratic People’s Republic of Korea (DPRK) has an active nuclear weapons program which is of great concern to the international community. It also has the capability to enrich uranium as well as the ability to produce plutonium suitable for nuclear weapons (weapons-grade plutonium). In parallel, Pyongyang has an advanced ballistic missile program in terms of short and medium range missiles and, more recently, is trying to develop a long-range and three-stage ballistic missile.
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Dopo un avvio d’anno positivo, con gli spread ritornati sotto i livelli di guardia e la volatilità sui mercati finanziari ridotta a valori che non si vedevano dalla crisi di Lehman Brothers, l’Europa sembra di nuovo sotto scacco.
Non passa giorno senza che la Germania venga criticata dalla stampa europea: incurante dei suoi vicini e insensibile alla crescita. La cancelliera Angela Merkel è stata colpevolmente lenta a capire la gravità della crisi. Solo dopo angosce e dubbi si è arresa all’idea di salvare la Grecia, aiutare il Portogallo e l’Irlanda, creare e poi rafforzare il fondo di stabilità europeo (noto con l’acronimo in-glese Esm). La lentezza tedesca ha fatto probabilmente molti danni e ha aumentato purtroppo i costi della crisi.
«La forza dell’Egitto e la sua difesa sono nell’unione tra l’esercito e il popolo»: questo il motto che, dopo la Thawra del 25 gennaio 2011, echeggiava per le strade del Cairo, veniva ripetuto dalla televisione di stato e si leggeva su alcuni manifesti affissi per le vie della capitale egiziana.
Dopo una lunga e travagliata fase di transizione, con forti contrasti tra militari, islamisti e forze secolari, continue proteste popolari ed episodici scoppi di violenza, l’Egitto si sta finalmente avviando alle elezioni presidenziali del 23 e 24 maggio. I candidati sono tredici, ma secondo i sondaggi (la cui affidabilità è da verificare) la rosa dei favoriti è ristretta a cinque nomi.
Le elezioni presidenziali egiziane si collocano nel contesto della road map che condurrà il paese al completo rinnovamento dei suoi organi politici, a seguito della rivolta dello scorso anno e l’elezione del Parlamento avvenuta nei mesi di novembre e gennaio. Il processo costituente si è attivato secondo una prassi già nota nel paese, l’adozione di una Dichiarazione Costituzionale successivamente al momento rivoluzionario e redatta da un’assemblea ristretta.
I 14 mesi di transizione hanno rappresentato un “anno sabbatico” per la politica regionale egiziana. Il paese, scosso dagli scontri politici interni fra liberali, laici, islamisti e militari ha infatti ridotto al minimo il proprio coinvolgimento internazionale anche in scenari importanti come la vicina Libia e la Siria.
Il fallimento (già avvenuto) dello stato greco, l’ingovernabilità del paese sancita dalle urne e la pro-spettiva della sua uscita dall’euro evocano lo spettro del “contagio”.
The foundation of the African Union, on the 9th of July 2002 in Durban, was rightly hailed as a new era for collaboration across the continent. The AU promoted a new vision on democracy and good governance by sanctioning coups. African commitments on continental peace and security issues were reinforced, thanks to the creation of the African Peace and Security Architecture. Economic regional integration was further promoted through the pan-African body. The tenth anniversary of the AU's foundation, however, marks a difficult time for the organization.
The AU’s response to popular upris-ings in North Africa during 2011 – and to the NATO-led intervention in Libya in particular – differs from the organisation’s record of rejecting unconstitutional changes of government in the past ten years.