La formazione di un governo e l’approvazione di un bilancio dopo un lungo periodo di instabilità politica, così come la convergenza di dinamiche regionali e internazionali favorevoli, offrono a Israele l’opportunità di affrontare le sfide interne e di politica estera che lo attendono. Rimangono però notevoli elementi di possibile destabilizzazione, come per esempio la complessità e la fragilità dell’attuale governo e la necessità di rafforzare le carenti strategie perseguite verso le tre principali sfide: l’arena domestica, la questione palestinese e lo scenario iraniano.
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Centesimo giorno di guerra. Dall’inizio dell’“operazione speciale”, Mosca ha più che raddoppiato la quota di territorio ucraino sotto il suo controllo: dal 7% post eventi del 2014 al 20% attuale. Una superficie conquistata di 125mila km2, quanto l’intero Nord Italia. E ogni giorno l’esercito russo avanza di qualche chilometro nella regione di Lugansk, ora controllata al 90% e che secondo l’intelligence britannica sarà conquistata totalmente entro due settimane.
Per l’Arabia Saudita, la crisi internazionale seguita all’invasione russa dell’Ucraina offre opportunità e rischi. Sul fronte economico, la risalita del prezzo del petrolio sostiene la diversificazione post-idrocarburi del regno, fra nuovi progetti urbanistici e industria nazionale della difesa. Il piano diplomatico è invece denso di rischi: nessun ridimensionamento, finora, delle alleanze “multipolari”, anche a costo di logorare quelle tradizionali.
In the Arab capitals of the Gulf, ruling classes are quietly emerging beside rulers, boosted by economic diversification. Power and politics continue, traditionally, to be centralized and personalized. “Dynasticism”[1], driven by oil revenues, still represents the core of politics in the Gulf. In other words, it’s always a (royal) family affaire with a trend of power concentration in the hands of a single branch of royal families.
Le due maggiori economie francofone nell’Africa occidentale – la Costa d’Avorio e il Senegal – mescolano caratteristiche che le accomunano e altre che ne marcano le differenze. In entrambi i casi si tratta di mercati in espansione con ottime probabilità di seguire un percorso virtuoso.
Dopo la pandemia i cieli tornano a essere trafficati, e inquinati. I combustibili puliti costano ancora troppo, ma aumentano impegni e iniziative per ridurre le emissioni.
L’Etiopia è un Paese in cui da oltre un anno e mezzo è in corso una dura guerra civile, una gravissima crisi interna che non solo si combina con la peggiore siccità registrata da quarant’anni a questa parte, ma si inserisce nel mezzo della sequenza di shock esterni generati prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina.
Gli stati del Pacifico dicono no all’accordo di sicurezza e commercio proposto da Pechino. A pesare sono i dubbi e rischi per la stabilità, ma anche la ‘controffensiva’ di Usa e Australia.
In Danimarca si sta votando per decidere se ribaltare una decisione presa trent’anni fa: quella di non partecipare alle discussioni Ue in materia di difesa e sicurezza. Potenzialmente una decisione storica, che riflette ciò che sta attraversando il Nord Europa alla luce dell'invasione russa dell'Ucraina.