Il nuovo ciclo dei colloqui sul nucleare tra l'Iran e il gruppo 5+1, inaugurato a seguito dell'elezione del nuovo presidente filo-moderato iraniano Hassan Rouhani, ha avuto, nelle ultime settimane, un discreto successo ed entrambe le parti hanno espresso un timido ottimismo sui risultati raggiunti, che continuano a rimanere riservati. Tuttavia molto dipenderà dai risultati dei nuovi colloqui in programma oggi (21 novembre) a Ginevra tra la delegazione iraniana, rappresentata dal ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, e il gruppo 5+1.
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Mancano poche ore al prossimo incontro tra l’Iran e i rappresentati del 5+1 (Cina, Francia, Germania Regno Unito, Russia e Stati Uniti). Nonostante molte incognite e variabili possano incidere negativamente sull’esito finale dei negoziati sul nucleare, per la prima volta dall’agosto 2005, sono presenti elementi concreti e significativi per raggiungere un’intesa ad interim.
La ripresa del round negoziale ginevrino sul dossier nucleare iraniano, il 20 novembre, ha vissuto la tragica vigilia di un duplice attentato contro l’ambasciata della Repubblica Islamica a Beirut, in Libano, costato la vita a 23 persone oltre al ferimento di altre 146.
Alcuni delicati passaggi politici come le elezioni in Cile e le decisioni in Venezuela sui poteri speciali del presidente potrebbero fornire indicazioni sugli scenari dell’America Latina. Nel primo decennio degli anni Duemila il subcontinente sudamericano è stato un formidabile laboratorio di idee ed esperimenti politici. Non solo populismo, liberalismo e nazionalismo, la regione è riuscita negli anni a promuovere progresso e sviluppo grazie ad un contesto esterno favorevole: crescita generalizzata dei prezzi delle materie prime e progressivo disimpegno degli Stati Uniti hanno permesso a...
Alla vigilia delle elezioni presidenziali vinte da Pinera nel 2010, un esperto di cose cilene affermò: «Bachelet resterà nella storia come la prima donna presidente del Cile, ma potrebbe essere ricordata anche come l'ultimo presidente della Concertazione». I fatti si sono incaricati di smentire quella previsione.
Per un programma sociale, dieci anni sono un compleanno importante. Non tanti piani riescono a perpetrarsi per tre successivi governi. Ancor meno, possono vantare di aver elargito 50 miliardi di dollari, togliendo dalla miseria quaranta milioni di cittadini. Quando, il 20 ottobre 2003, l’allora presidente Ignacio Lula da Silva decise di attribuire l’equivalente di 50 dollari alle persone che ne guadagnavano meno di 30 al mese, molti definirono la misura “inefficace” o, quanto meno, populista.
Manfuhah, quartiere meridionale di Riyadh abitato soprattutto da africani dell’est (etiopi, eritrei, somali), è stato nei giorni scorsi teatro di scontri fra la polizia e gruppi di immigrati costretti al rimpatrio, come previsto dalla nuova legge sul lavoro.
Il Partito Comunista Cinese ha appena concluso il Terzo Plenum del suo 18° Comitato Centrale, la riunione che riunisce le personalità più influenti a livello nazionale e che traccia le linee guida della politica economica dei successivi cinque o dieci anni. Questa particolare sessione plenaria è stata largamente pubblicizzata da parte di molti leader dello schieramento riformatore, in primis Xi Jinping, come un evento di profondi mutamenti per la sua struttura produttiva.
Un attentato in piazza Tian’anmen, una cortina di fumo che si leva di fronte al ritratto di Mao, fa notizia e la fa in modo speciale se la polizia cinese ammette (o arriva ad ammettere) la premeditazione del fatto implicandone la matrice “terroristica”. Un secondo attentato, invece, può diventare la spia di una frattura nella pacificazione, sociale e politica, tanto importante per il tradizionale modello di consenso del Partito Comunista Cinese.
Alla fine di quello che è stato probabilmente il mese più difficile per la politica americana del Pivot to Asia, le scelte dell’Australia e del suo nuovo governo a guida conservatrice potrebbero risultare determinanti per gli equilibri strategici nella regione Asia-Pacifico. L’accelerazione della partnership con il Giappone, evidenziata dalla visita a Tokyo nei giorni scorsi del ministro degli Esteri Julie Bishop, appare un segnale in tal senso.