La vicenda Ucraina dimostra come i parametri del diritto internazionale, con specifico riguardo alla autodeterminazione da un lato e alla salvaguardia dell'integrità territoriale dall'altra, stentino ad affermarsi con inequivoci profili di determinatezza in assenza di una governance internazionale degna di questo nome. Con la conseguenza di lasciare spazio a dinamiche suscettibili di sfuggire di mano, con conseguenze imprevedibili e potenzialmente perniciose.
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La crisi ucraina - iniziata con le manifestazioni contro il regime di Yanukovich a Kiev lo scorso novembre e culminata con l'annessione della Crimea alla Russia di fine febbraio - è lontana dall'essere conclusa, ma sta già comportando rilevanti mutamenti negli equilibri internazionali.
L’annessione della Crimea da parte della Russia rischia di far precipitare le relazioni fra la Russia e l’Occidente verso una pericolosa stagnazione che potrebbe durare a lungo, poiché un cambio di leadership al vertice del Cremlino - elemento che potrebbe creare discontinuità e quindi modificare lo status-quo – non è realistico fino alla scadenza del mandato presidenziale prevista per il 2018.
I recenti eventi in Ucraina e nella penisola di Crimea hanno, giustamente e prevedibilmente, attratto l´attenzione dell´intera Comunità internazionale e dell´opinione pubblica mondiale. Quello che sorprende è che, pur nella divergenza, spesso totale, sullo svolgimento dei fatti, le parti direttamente coinvolte e altri attori internazionali di primo piano che si sono pronunciati in merito, hanno continuamente fatto riferimento al diritto internazionale per giustificare le rispettive posizioni e decisioni.
Le elezioni del 5 aprile prossimo potranno dire molto dell’Afghanistan che verrà, ma lo scenario rimarrà incompleto fino alla oramai probabile firma tra Kabul e Washington del BSA, il Bilateral Security Agreement che regolerà i rapporti di collaborazione in tema di sicurezza, antiterrorismo, addestramento e contributo economico dopo il ritiro americano alla fine di quest’anno.
Pochi giorni fa, la stampa ha riportato alcune dichiarazioni del presidente uscente afgano, Hamid Karzai, che possono suggerire quale sarà il futuro del Paese degli aquiloni. Almeno in termini di posizionamento sullo scacchiere internazionale. «Spetterà al mio successore consolidare i rapporti con la Cina», ha detto Karzai intervistato da Xinhua, la principale agenzia stampa di Pechino.
È un fatto che gli ultimi due momenti salienti nella vita politica cinese siano stati entrambi accompagnati da atti di terrorismo: la macchina esplosa in piazza Tiananmen (28 ottobre 2013) pochi giorni prima il terzo plenum; e la strage della stazione ferroviaria a Kunming (1 marzo 2014) mentre si chiudeva la sessione dello standing committee dell’Assemblea Nazionale del Popolo, che preludeva all’annuale riunione dell’assemblea stessa.
«Quando milioni di persone sono in movimento, accogliere 200-300 persone non risolve il problema». Le parole pronunciate il 5 febbraio scorso dall’allora ministro degli Esteri Emma Bonino riguardo alla possibilità che l'Italia accolga un certo numero di profughi siriani, in occasione del suo incontro a Beirut con l'omologo Adnan Mansour, chiariscono l’entità del ruolo di Italia e, più in generale, Europa nella gestione della crisi in Siria.
“Recupero delle province ribelli e nuovo vigore internazionale”. Se la politica estera seguisse davvero le regole del Risiko, potremmo dire che la carta nelle mani di Putin preveda proprio questo obiettivo. Dopo la Crimea quindi, quali altre carte pretenderà di giocare Putin nell’ottica di vincere la sua partita a Risiko? Al di là delle possibili manovre in Europa orientale – in Transnistria per esempio – l’obiettivo di Mosca è di tornare a svolgere il ruolo esclusivo di antitesi agli Stati Uniti sullo scacchiere internazionale.
Nell’Egitto caratterizzato dalla polarizzazione politica e sociale c’è un elemento che sembra compattare tutti gli abitanti: il Nilo. Oltre all’importanza storica rivestita dal fiume, nel corso degli ultimi mesi esso è stato riportato al centro della scena in seguito alla costruzione, da parte dell’Etiopia, di un’enorme diga sul Nilo Azzurro, la Grande Diga del Rinascimento.