La chiamano diaspora tax, è il controverso tributo che il governo eritreo impone agli emigrati sui redditi che producono all’estero (e che si aggiunge alle imposte dovute agli stati che li ospitano). Questa imposta è stata introdotta nel 1995 con la legge n. 67 (Diaspora Income Tax Proclamation), ma in realtà affonda le radici negli anni precedenti. Nel 1993, raggiunta l’indipendenza dall’Etiopia, l’Eritrea chiede agli espatriati di donare una parte dei redditi per contribuire alla ricostruzione del paese. La risposta è generosa.
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Tre frecce che, secondo un detto giapponese, insieme non possono essere spezzate. È la simbologia scelta dal premier Shinzo Abe – insediatosi al Kantei il 26 dicembre scorso, dopo la schiacciante vittoria elettorale alla Camera Bassa che ha riportato al potere il Partito Liberaldemocratico dopo poco più di 3 anni di rarissima opposizione – per definire l’insieme delle politiche economiche del nuovo governo.
A distanza esattamente di una settimana dalle elezioni venezuelane, un altro stato del continente sudamericano si trova pervaso dal fervore della corsa alle presidenziali. In Paraguay – il paese senza sbocchi sul mare stretto tra i colossi di Brasile e Argentina – si sono disputate domenica 21 aprile le elezioni generali per la scelta del nuovo presidente, del vice-presidente, 45 senatori, 80 deputati, 18 parlamentari di Mercosur e 17 governatori dipartimentali.
A dispetto di quel che si è sempre scritto, l’Afghanistan occidentale e con esso Farah non è l’Eldorado. È vero, in confronto alla continua instabilità dell’Helmand, dove gli scontri a fuoco tra le forze Isaf-Nato e gli insorgenti restano all’ordine del giorno, questa provincia resta in uno status di tensione controllata. Una tensione data da due fattori: la posizione geografica e la polverizzazione degli insorgenti locali.
Da qualche mese la sicurezza energetica è scomparsa dai radar. Complici un periodo di grave incertezza politica interna e l’arrivo della primavera, le notizie continuano a rincorrersi, ma ben lontane dalle prime pagine dei grandi quotidiani nazionali. La scottatura della crisi delle forniture di gas naturale dalla Russia, che ci ha costretti a rimettere in esercizio centrali elettriche a olio e ha riaperto il dibattito sulle riserve strategiche, data febbraio 2012.
Uno dei termini usati dai media per descrivere la parte più estremista dei gruppi armati operanti in Mali o Siria è “salafita”. Questa parola è diventata ormai sinonimo di musulmano conservatore o, in altri casi, d’integralista che condivide o è ideologicamente vicino alle posizioni espresse dalle organizzazioni terroristiche più radicali, come al-Qaida.
"Il coraggio dell'Europa": questo lo slogan con cui il premier sociademocratico croato Zoran Milanović invitava i propri concittadini a partecipare alle prime elezioni europee mai tenutesi in Croazia – l'ingresso del paese nell'UE è previsto per il 1° luglio. Tuttavia, il risultato elettorale locale e il clima politico continentale offrono tutt'altro panorama: coraggio ed entusiasmo sembrano lasciare il posto a una certa sfiducia e diffidenza reciproca.
Tempi di prosperità si aprono per i commercianti e i venditori di biciclette – e perché no? Anche ai ladri di biciclette, tanto cari alla cinematografia nostrana – nel ricco regno dell’Arabia Saudita. Il governo – forse toccato dalla visione de “La bicicletta verde”, il film della prima regista donna saudita Haifa al-Mansour – ha infatti deciso di permettere l’uso delle due ruote a pedali anche all’altra metà del cielo. Le donne potranno andare in bicicletta, dunque, ma naturalmente con somma attenzione per il pubblico pudore.
La tecnologia del drone è in crescita esponenziale e si prevede che nei prossimi 15 anni il settore dei droni creerà oltre 23mila posti di lavoro negli Usa dove già oggi si contano circa 150 programmi universitari di pilotaggio virtuale.