Lo scenario iraniano si può riassumere in tre elementi: l’Iran sta cercando di sviluppare un arsenale atomico; gli Stati Uniti vogliono impedirlo imponendo un embargo sulle esportazioni di petrolio; Teheran in tutta risposta minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transitano tutte le petroliere che caricano greggio nel Golfo Persico, per circa 17 milioni di barili al giorno.
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Una settimana fa la minaccia iraniana di chiudere lo stretto di Hormuz (i 54 km dove transita il 20% del petrolio mondiale) in ritorsione verso le nuove e più dure sanzioni firmate da Obama. Poi la dura risposta americana («non tollereremo il blocco») con una portaerei della Quinta Flotta provocatoriamente mandata ad attraversare lo stretto. Pochi giorni dopo, l’esercitazione della marina iraniana con il lancio di missili di media gittata, ovvero in grado di colpire le basi Usa in Bahrain.
Il 2012 sarà un anno cruciale per l’euro. Il dibattito attuale è dominato dai pessimisti e profeti di sventura, che affermano che la battaglia è persa, che l’Eurozona è destinata a disintegrarsi in una serie di default sul debito sovrano. Io sono più ottimista, perché l’Europa ha finalmente preso coscienza della gravità della situazione, dopo aver troppo a lungo nascosto la testa sotto la sabbia.
A 10 anni dalla loro nascita i Brics riescono addirittura a sorprendere il chief economist di Goldman Sachs che li ha inventati il quale, nel suo libro appena pubblicato per celebrare il decennio, archivia definitivamente la definizione di “economie emergenti” per introdurre quella, oggi più coerente, di “economie in crescita”.
Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica sono, infatti, avanzati in modo apparentemente inarrestabile e, soprattutto, più velocemente del previsto.
La congiuntura internazionale nella quale ci troviamo è paradossale, ai limiti dell’ironia.
Barack Obama affronta la difficile sfida della rielezione con un’agenda che in patria è incentrata sui temi economici ma potrebbe essere dirottata dalle crisi internazionali. Con il 51% degli americani che bocciano il suo operato, il presidente è obbligato a una corsa in salita e per farcela la ricetta confezionata dai consiglieri David Axelrod e David Plouffe, che gli furono già accanto nelle elezioni del 2008, è di erigersi a paladino della classe media flagellata dalla crisi puntando a schiacciare i repubblicani sull’immagine del “partito dei super-ricchi...
L’islam politico come emulazione o riedizione del khomeinismo non sembra avere un futuro. A differenza di quanto avvenuto e avviene in Iran, la leadership religiosa, soprattutto nei paesi a maggioranza sunnita, non fa registrare una presenza attiva nella società e nel discorso sul potere balbetta. Al più mullah e ulema si pronunciano in modo più o meno solenne sulla morale pubblica e sui comportamenti personali.
La carenza di leadership economica mondiale è stata evidente nel 2011 e probabilmente continuerà nel 2012, ostacolando l’uscita duratura dal disordine depressivo dell’economia mondiale. Il mondo ha realizzato presto di essere in una crisi di governance, cioè di incapacità di approntare insieme strumenti adatti a governare le nuove interazioni globali. Dopo averlo realizzato ha cercato di reagire, rilanciando la cooperazione e valorizzando il G20, come cabina di regia.
Nel commentare i risultati dei vertici Ue degli ultimi anni ci si trova all’inizio nella scomoda posizione di oscillare tra l’apprezzamento per quello che è stato fatto (dati gli stretti vincoli politici) e la frustrazione per quello che si sarebbe potuto fare. Una sorta di reiterata indecisione tra il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, secondo quella che è ormai diventata la metafora più usata in questi casi. Il modo migliore per uscire da questa empasse è quello di valutare l’importanza della posta in gioco e capire se sono state prese misure adeguate.
La crisi del debito non molla l’Europa, anzi negli ultimi giorni sembra addirittura approfondirsi. Mentre il sistema bancario europeo – fortemente esposto sui titoli pubblici – è costretto a richiedere straordinarie iniezioni di liquidità alla Banca centrale europea (247,2 miliardi di euro in finanziamenti a sette giorni, il livello più alto dal 2009), i tassi dei titoli dei paesi più colpiti, Italia e Spagna inclusi, toccano livelli record.