Nell’insieme di paradossi che complicano l’attuale contesto internazionale, uno sembra destinato a pesare sempre di più sia a livello regionale che a livello globale. Da un lato, la natura dei problemi che gravano sulla sicurezza degli attori (tanto statuali quanto non statuali) sarebbe tale da richiedere risposte concertate e, nei limiti del possibile, multilaterali. Questo vale, scontatamente, per i problemi che investono direttamente le istituzioni esistenti, come la crisi del debito e la recessione economica nel quadro dell’Unione Europea.
Risultati della ricerca:
In uno scenario globale di perdurante incertezza nella politica mondiale (il rischio di Babele), l’Unione Europea contribuirà ad accrescerla, continuando a parlare con voci diverse o, per contro, agirà come riduttore di complessità, risolvendo i suoi dilemmi interni e sviluppando una politica estera e di difesa univoca?
Nel Duemila i paesi ricchi producevano quasi i due terzi del prodotto lordo mondiale. Oggi siamo scesi a poco più della metà e, secondo le previsioni, solitamente non catastrofiste, del Fondo Monetario Internazionale, la nostra quota cadrà al 47 per cento nel 2015. Oltre a essere una minoranza demografica – ferma a poco più di un miliardo di persone su una popolazione mondiale che ha superato i sette miliardi di individui e alla quale si aggiungono ogni anno almeno tante persone quante ne conta la Francia – stiamo diventando una minoranza economica.
Brasile, Russia, India e Cina (e più in generale i cosiddetti “emergenti”) hanno una peculiarità: comunque vada la loro economia, qualunque evoluzione prenda la loro politica interna ed estera sono per noi, per l’Occidente, un fattore di preoccupazione.
Negli anni ’80 e ’90 erano le loro crisi finanziarie (prima il Brasile, poi la Russia e l’Asia) a mettere periodicamente in subbuglio i nostri mercati.
All’inizio della crisi finanziaria internazionale, lo spavento alimentava la cooperazione globale. Un rinnovato G20 aveva obiettivi ambiziosi: riformare la finanza, riequilibrare lo sviluppo, tenere liberi i mercati favorendo la ripresa dei commerci, rafforzare il Fmi, rilanciare il Wto. Una grave crisi economica può incentivare a cooperare nel rimediare e riprendere, come in un dopoguerra.
L’osservazione dell’Europa, e in particolare dei 27 Paesi che fanno parte della Unione Europea, conferma la tesi secondo cui l’andamento dell’economia incide potentemente sul funzionamento delle istituzioni politiche. È noto da molto tempo che esiste un rapporto stretto fra lo sviluppo economico e la genesi, e poi la stabilità, della democrazia. L’Europa di oggi ci mostra anche quanto sia stringente il legame fra la crescita (o la recessione) economica e i processi d’integrazione sovranazionale.
Agli osservatori della politica internazionale piacerebbe avere chiavi di lettura che consentano di dare un senso alle maggiori vicende del mondo e di raggrupparle secondo alcune tendenze chiaramente riconoscibili. Ci piacerebbe potere affermare, per esempio, che l’economia sarà sempre più globalizzata, che la crescita economica dei Paesi emergenti andrà di pari passo con lo sviluppo della società civile, che le piccole realtà nazionali dovranno raggrupparsi su scala regionale per meglio affrontare i problemi della modernità e della concorrenza.
The spatial dimension of Russia is crucial in evaluating the consequences of all domestic reforms and external shocks, taking into consideration the territorial size of the country and the degree of interregional disparities. Thus, the recent global economic crisis has shown a significant degree of variation of recovery across Russia’s regions. If true economic modernisation is undertaken in Russia, in the short run it will inevitably lead to an increase of polarisation and fragmentation.
Lontano da scenari ben più strategici e mediatici, è in atto un’altra guerra che, in questi giorni, sta mietendo vittime, creando rifugiati e rimettendo in discussione confini tra stati: la guerra per il controllo del Congo orientale, cuore ricchissimo e dannato dell’Africa centrale. Martedì 20 novembre il gruppo ribelle M23 ha preso il controllo di Goma, capitale del Nord Kivu, regione all’estremità est della Repubblica Democratica del Congo.
La lunga e tormentata transizione che ha portato Xi Jinping e Li Keqiang a guidare per il prossimo decennio la Cina al termine del 18° Congresso del Partito comunista ha evidenziato quanto profonde e nette siano le divisioni ai vertici del Pcc. Una debolezza strutturale confermata dalla riduzione dei membri del Comitato permanente (che scendono da nove a sette) e dall’età avanzata degli stessi (quattro su sette hanno più di 65 anni e con ogni probabilità saranno sostituiti al termine del quinquennio appena iniziato).