La guerra civile libanese è durata 15 anni e sei mesi, dal 1975 al 1990. Ufficialmente è divisa in quattro fasi ma le guerre sono state molte di più e per molte cause diverse: all’inizio, nella prima, i palestinesi erano protagonisti; nell’ultima, tre lustri più tardi, erano completamente spariti dalla scena. Morirono circa 200mila persone, in gran parte civili e più di un milione diventarono profughi o sfollati: allora il paese aveva due milioni e mezzo di abitanti.
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Gli Stati Uniti sono un nostro fondamentale partner economico-commerciale, i garanti ultimi, attraverso la Nato, della nostra difesa. Esercitano un’influenza decisiva sulle crisi regionali per noi di maggiore rilevanza, dal Mediterraneo all’Europa orientale, come sui rapporti con la Russia. Condizionano le attività di organismi quali Onu e Osce e pesano, direttamente o indirettamente, sugli sviluppi del progetto di integrazione europea. Si tratta palesemente di un rapporto essenziale e prioritario.
Il premio istituito dall'Ispi trae la sua nobiltà dall'ancoraggio alla figura di Boris Biancheri, un autentico fuoriclasse della tradizione diplomatica italiana, di cui rappresentò la continuità anche nel succedersi, come nel suo caso, di padre in figlio per più generazioni. Un fuoriclasse per qualità delle sue missioni che ebbi la ventura di seguire da vicino, a Londra come a Washington e alla Farnesina, un fuoriclasse per intelligenza, sobrietà, eleganza e stile.
Per Israele sono giorni critici. Oltre alle difficoltà interne, con il primo ministro Benjamin Netanyahu che rischia l’incriminazione per corruzione, anche il fronte esterno si è fatto più caldo: soprattutto quello siriano.
Con le dimissioni rassegnate la sera del 14 febbraio Jacob Zuma mette fine alla sua travagliata presidenza del Sudafrica. Un ultimo gesto, ormai quasi insperato, che ha scongiurato il voto di sfiducia programmato per il 15 febbraio proprio dal suo partito di governo, l’African National Congress (ANC) che guida la nazione arcobaleno dalla fine dell’apartheid.
Chi è vicino a Hezbollah, sostiene che Hassan Nasrallah, il leader supremo del movimento sciita libanese, stia pensando che una nuova guerra con Israele sarebbe la soluzione del principale problema di tutto il mondo islamico nel Levante: la divisione fra sunniti e sciiti. Di fronte alla “santità” di un conflitto contro gli ebrei e al permanere della “grande minaccia sionista”, il regime di Bashar al-Assad e le opposizioni islamiste che stanno riguadagnando terreno, girerebbero le loro armi verso Sud.
Che cosa fare con Erdogan? Le sue provocazioni, anche quando difende gli interessi nazionali della Turchia, sono diventate quasi insostenibili perché attuate con una sistematica violazione del diritto internazionale e delle regole della diplomazia. Prima arriva il fatto compiuto, la provocazione poi, se è il caso, viene anche il resto. È stato così con l’operazione militare nel Kurdistan siriano, con il blocco della nave Saipem, con lo speronamento di una nave greca.
Gli occhi del mondo sono nuovamente rivolti alla penisola coreana, e questa volta non per il timore di una guerra, ma per la speranza di una distensione. La cerimonia di inaugurazione dei XXIII Giochi olimpici invernali a Pyeongchang, in Corea del Sud, è stata illuminata da un evento che non si era più ripresentato dal 2006: la sfilata degli atleti nordcoreani e sudcoreani sotto la bandiera della Corea unificata.
Gli annuali discorsi sullo stato dell’Unione rispondono a un obbligo costituzionale del Presidente e sono diventati, nell’ultimo secolo, importante momento pubblico e politico della vita statunitense. Raramente, però, sono memorabili, originali o provocatori. A prevalere sono quasi sempre le convenzioni dell’occasione: le procedure solenni che contraddistinguono l’evento e il suo utilizzo da parte del Presidente in carica.