L’evoluzione della situazione in Libia rischia potenzialmente di mettere a repentaglio le relazioni economiche ed energetiche con l’Italia. È un rischio che corrono molti paesi occidentali ma che, per intensità di rapporti, minaccia maggiormente l’Italia, primo partner commerciale di Tripoli.
Risultati della ricerca:
Chi e che cosa rappresenta il partito Akp, sinonimo di «Islam moderato», di questo primo decennio del secolo? Alcuni osservatori, fuori e dentro la Turchia, sostengono che il suo leader indiscusso, Erdoğan, abbia un’agenda segreta, mirante a islamizzare progressivamente il paese attraverso misure volte a indebolire i militari, tradizionali garanti della laicità, l’apparato giudiziario e burocratico kemalista, lo stesso stato centrale, in favore di un relativo decentramento amministrativo (peraltro in linea con gli standard europei).
L’ho visto accadere in troppi posti perché possa essere considerato un incidente di percorso. Noi, l'Occidente ricco e – ammettiamolo – presuntuoso, che impone i suoi modelli politici, culturali ed economici al mondo. Qualche volta con le maniere buone, o almeno non troppo cattive, qualche volta con sistemi decisamente violenti. Siamo arrivati all’assurdo nominale della “Guerra umanitaria”. Ossimoro della vergogna. Principi monumentali i nostri, lapidari, col peso assoluto della parola “Democrazia”. Salvo sconti per gli amici.
«Qualcuno dovrà pur dire che l’Unione europea non vuole l’Albania all’interno della sua area. Soprattutto adesso che, per l’ennesima volta, il paese chiede il suo aiuto per risolvere una bega politica». Sam Vaknin, analista economico nato in Israele, ma esperto di Balcani, mette da parte la diplomazia. E dice una cosa che, secondo lui, a Bruxelles come a Strasburgo pensa la maggior parte dell’Eurozona. «L’Albania non è uno stato», sostiene Vaknin, «è un’entità che pretende di essere tale ed è gestita come pezzo di territorio dal quale trarre ricchezza».
La vicinanza geografica può avere avuto un “effetto contagio”, ma fra Algeria e Tunisia le differenze prevalgono sulle analogie.
La questione WikiLeaks dimostra che, di fatto, il mondo delle nazioni è sempre più costretto a confrontarsi con il mondo delle reti. L’organizzazione del movimento d’opposizione iraniano tramite il web e il recente contrasto tra Google e il governo cinese sembrano alimentare la convinzione che Internet e le tecnologie digitali possano favorire ovunque una maggiore libertà, nonché contribuire a diffondere la democrazia.
Il secondo anno di presidenza di Obama è stato più difficile del primo. Si chiude infatti con un insuccesso elettorale e con un franco e insolito riconoscimento di responsabilità da parte sua. Quando si va indietro con la mente alle aspettative di novità e di progresso suscitate a suo tempo dall’elezione di questo brillante e innovativo presidente, i risultati effettivamente raggiunti appaiono piuttosto deludenti e non gli sarà agevole ora risalire la china per affrontare al termine del suo mandato una nuova consultazione popolare.
Nel 2010 il connotato caratteristico della crisi finanziaria internazionale sono state le difficoltà dei debiti dei governi. Nell’eurozona i paesi non battono moneta in proprio ma tramite una banca centrale comune e indipendente. I loro titoli di stato sono tutti denominati, in un certo senso, in valuta “estera” e implicano dunque rischi di illiquidità e insolvenza. Si è mormorato che ciò mette in pericolo la stessa esistenza della moneta comune. È un’esagerazione, ma le difficoltà dei debiti pubblici dell’eurozona sono molto nocive per l’Ue.
Il decennio che si sta per chiudere ha assistito al progressivo sgretolamento dell’illusione di continuità che politici, commentatori e studiosi avevano proiettato sulla fine del sistema bipolare e, con essa, dell’intero Novecento: continuità nella distribuzione internazionale del potere, grazie all’inattaccabile e confortevole superiorità degli Stati Uniti e dei loro alleati europei; continuità nei principi e nei valori di fondo della convivenza interna e internazionale, celebrati nella religione civile della “transizione al mercato e alla democrazia”;...
Sebbene non sia stato ancora designato come il candidato del Partito nazionale democratico (Pnd) alle presidenziali del 2011, Gamal Mubarak continuerà a essere al centro del dibattito politico in Egitto. Nonostante la mancanza di una designazione ufficiale e a dispetto delle recenti smentite sulle sue mire personali, il figlio maggiore del presidente egiziano Hosni sembrerebbe il più accreditato successore del padre alla guida del paese.