Da alcuni anni e sempre più spesso negli ultimi mesi, dall’interno dei paesi dell’Unione Europea si levano voci contro l’Unione stessa. Le critiche, le accuse e le recriminazioni sono diverse nei toni e nei contenuti. L’Europa non deve né può diventare uno stato perché non esiste oggi né esisterà in futuro un popolo europeo, un demos comune, al di sopra degli stati nazionali e dei popoli delle nazioni. La burocrazia di Bruxelles impone ai nostri paesi un’uniformità coatta e dannosa. L’Unione manca di legittimazione democratica.
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La tappa al Cairo del recente tour in Medio Oriente del nuovo segretario di stato americano, John Kerry, ha trovato eco sui media globali principalmente per le proteste che ha suscitato presso la variegata galassia delle opposizioni egiziane, tanto sul versante delle piazze, da cui ha presto fatto il giro del mondo la caricatura del neosegretario raffigurato con un’improbabile barba islamica, quanto su quello più politico, con il significativo rifiuto a una proposta d’incontro espresso dai due principali leader del Fronte di Salvezza Nazionale, il
Dopo quasi cinquant’anni, ovvero da quando nel 1964 il generale Ne Win nazionalizzò le varie testate private che fino ad allora avevano regolarmente pubblicato oltre che nella lingua nazionale anche in inglese, cinese e indiano, i lettori birmani potranno presto acquistare ogni mattina un quotidiano non controllato dallo stato.
L’eredità di Chávez è un frutto avvelenato. Come toccherà sorbirlo ai venezuelani non si sa. Ma che dovranno farlo è scontato. Guardando agli anni di manna petrolifera alle spalle e ai venti favorevoli dell’economia globale che hanno sospinto le vele di tutta l’America Latina, non sfugge che il Venezuela ha gettato un’occasione storica. Poteva costruire un edificio solido e duraturo. Lascia invece macerie economiche, rovine istituzionali, abissi d’odio che non si vede chi potrà colmare. Ma ha speso per il popolo, diranno i devoti.
La scomparsa di Hugo Chávez avrà un profondo impatto sulla politica interna ed estera del Venezuela e di conseguenza sulle sue relazioni con gli Stati Uniti d’America.
Il prossimo primo luglio la Croazia diventerà il ventottesimo membro dell’Unione europea, e questo avrà diverse conseguenze, non solo all’interno della società croata e dell’Unione stessa, ma anche sul resto della regione balcanica, e in particolare sulla vicina Bosnia Erzegovina. Circa mezzo milione di cittadini bosniaco-erzegovesi, ovvero la quasi totalità dei bosniaco-croati, diventerà infatti cittadini dell’Unione, alla pari dei loro vicini zagabresi, dalmati, o slavoni. Il confine tra “Europa” e “mondo balcanico”, si farà più marcato, e allo stesso tempo, più labile.
Con la sorprendente rinuncia al ministero petrino di Papa Benedetto XVI, dalle ore 20 del 28 febbraio 2013 avrà inizio il periodo della “Sede Apostolica Vacante”. Di lì, nel giro di una ventina di giorni, i cardinali elettori saranno chiamati a riunirsi in Conclave per eleggere, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, un nuovo Romano Pontefice.
A due anni dall’avvio delle rivolte in Libia (15-17 febbraio 2011) il paese è alle prese con il rischio di piombare nell’anarchia. Nonostante l’impegno, il governo di Ali Zeidan, nominato nell’autunno dal Parlamento eletto nel luglio scorso non controlla ampie parti del paese, soprattutto nel Fezzan e in Cirenaica. Da diverse settimane addirittura il Parlamento è stato occupato da alcuni manifestanti che ne impediscono il normale funzionamento.
Il secondo anniversario della rivoluzione egiziana, è stato contraddistinto da violenze e scontri che hanno avuto come protagonisti gli ultras. Per capire meglio chi sono questi gruppi, ecco un’intervista che Carl Rommel dottorando alla SOAS di Londra con una tesi sul calcio in Egitto ha rilasciato a Matteo Colombo per l’ISPI.
Chi sono gli ultras? Si può parlare di un’ideologia ultras in Egitto?
Con l’insediamento della nuova amministrazione Obama si chiude (almeno formalmente) la lunga fase d’incertezza che ha seguito la riconferma del presidente uscente nelle elezioni dello scorso novembre. Ciò, a maggior ragione, nel delicato settore della politica estera, che, negli ultimi mesi, ha assistito all’evidente “smarcamento” di Washington da tutte le principali vicende. Rimane invece aperta alla speculazione quella che sarà la postura internazionale di Washington nei quattro anni che si prospettano.