Il 20 marzo, un ordine esecutivo (Executive Order) del presidente Obama ha esteso la lista dei funzionari russi o filo-russi colpiti dalle targeted sanctions statunitensi dopo la proclamazione della secessione della Crimea da Kiev e il suo ‘ricongiungimento’ a Mosca.
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La crisi in Ucraina mostra che l'assetto europeo nel post guerra fredda, malgrado gli oltre vent'anni trascorsi dalla caduta del muro di Berlino, non ha ancora trovato un assetto stabile. La storia non è finita.
È quindi ragionevole chiedersi in che misura un'organizzazione quale l'OSCE, erede istituzionale del processo di Helsinki, possa ancora svolgere un ruolo utile in una fase storica in cui la sua attualità è stata frequentemente messa in questione.
Il referendum sull’indipendenza della Crimea della Ucraina del 16 marzo 2014 ha con-fermato anche nei numeri la forza dell’opzione secessionista nella penisola che Nikita Chruščëv aveva ceduto a Kiev nel 1954, in occasione del 300º anniversario del trattato di Pereyaslav. Si tratta di un risultato scontato e ampiamente anticipato dagli osservatori.
A pochi giorni dal referendum indipendentista crimeano, abbiamo chiesto al prof. Edoardo Greppi, ISPI e Università di Torino, di commentare la legittimità di questa convocazione popolare secondo le norme del diritto internazionale e se fosse possibile individuare un parallelismo con quanto avvenuto in Kosovo nel 1999.
Secondo le norme del diritto internazionale, le istanze secessioniste della Crimea sono legittime?
In preparazione del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, la delegazione dell’EIGE -European Institute for Gender Equality, agenzia europea per l’eguaglianza di genere con sede a Vilnius, guidata dalla direttrice Virginjia Langbakk, ha avuto a Roma dal 17 al 19 febbraio una serie di incontri. È stata un’opportunità di confronto e conoscenza tra istituzioni italiane e l’istituzione europea sul tema della parità di genere. Ma anche l’occasione di un bilancio.
In 32 anni, dal 1957 al 1989, solo 20 donne in uniforme hanno preso parte alle missioni di pace delle Nazioni Unite. A oggi sono 3.701 le donne che prestano servizio nei contingenti militari o nei reparti di polizia dell’ONU, sparse nelle 15 missioni di pace attualmente dispiegate nel mondo. Nonostante un notevole miglioramento, tuttavia, le donne rappresentano solo il 3,75% dei caschi blu.
Che vantaggi reali ha portato la ricostruzione post-talibana per le donne? Alcuni passi avanti sono stati fatti: sono aumentati i tassi di scolarizzazione femminile, è diminuita la mortalità materna, e sono sorte centinaia di associazioni che offrono corsi vocazionali e di assistenza legale alle donne maltrattate. Anche la visibilità femminile nello spazio pubblico è aumentata, favorita dalla decisione d'introdurre le quote rosa per la camera Alta (meshrano jirga) e per quella Bassa (wolesi jirga).
L’Ucraina vive ore di grande tensione e si trova sull’orlo di una guerra civile. E’ necessario che l’Occidente analizzi con attenzione e onestà intellettuale quanto è avvenuto nel corso delle ultime settimane per trovare una soluzione che permetta realmente alla democrazia di trionfare e d'indicare la legittima amministrazione pubblica per il paese. Vi sono in Ucraina essenzialmente due fazioni in competizione: una orientata a stabilire più forti legami con l’Unione Europea e una orientata a mantenere legami privilegiati con la Federazione Russa.
La recente visita del segretario di stato americano, John Kerry, a Kiev aggiunge un nuovo tassello alla delicata questione ucraina. Essa non costituisce, tuttavia, un fatto inatteso né, molto probabilmente, è destinato a rappresentare un passaggio dirimente nello sviluppo della vicenda. Dopo l’escalation verbale degli ultimi giorni, culminata nei duri attacchi del presidente Obama alla Russia e alle sue scelte politiche e militari, questa visita rappresenta una sorta di passaggio obbligato.
A un anno dalla morte di Chávez, il modo in cui la regione ha reagito all’ondata di proteste che si è scatenata in Venezuela dimostra come in teoria la maggioranza di governi di sinistra continui ad appoggiare il suo successore Maduro, e quasi senza differenza tra amministrazioni più moderate e più radicali.