The recent United Nations Sustainable Development Summit 2015 marked the beginning of the Sustainable Development Goals (SDGs) era. As part of the 2030 Agenda for Sustainable Development, 17 goals have been released; they replace the Millennium Development Goals (MDGs) Agenda that has come to an end after 15 years. Where the focus of the MDGs was on eradicating poverty, the SDGs shed light on the need for an inclusive, long-term, and sustainable development process.
L’arresto da parte della Guardia presidenziale del capo dello Stato, Michel Kafando, e del premier, Isaac Zida, in Burkina Faso sembra aver interrotto la transizione democratica in atto nel paese, mettendo una seria ipoteca sul processo interno di democratizzazione.
Ogni mese fuggono dall’Eritrea dalle mille alle tremila persone (ma c’è chi dice siano cinquemila). Sono in maggioranza ragazzi che lasciano il loro paese per cercare di raggiungere l’Europa e il Nord America. Cercano sicurezza, ma anche un lavoro per poter mantenere la propria famiglia rimasta in patria. Ma da che cosa fuggono queste persone? Perché in così tanti lasciano il piccolo Stato del Corno d’Africa?
Nonostante i successi dell’offensiva militare governativa dei primi mesi dell’anno, Boko Haram (BH) resta il maggiore fattore d’instabilità e d’insicurezza del nord della Nigeria. La struttura decentralizzata e la composizione eterogenea rendono il gruppo estremamente flessibile e quindi capace di reagire a contesti diversi. Anche negli ultimi mesi BH si è adattato velocemente al “cambio di passo” del governo, tanto da intensificare il numero dei suoi attacchi.
La passione per il sociale e l’ambizione di lavorare in un ambiente internazionale e dinamico sono state la molla che ha spinto Simona Cervi, ex studentessa del Master ISPI in International Cooperation, a scegliere di lavorare nella cooperazione. (...)
La questione flussi migratori e la gestione dei migranti rimane al centro del dibattito pubblico e politico italiano, anche se spesso solo in maniera superficiale. Per essere in grado di proporre una discussione matura e per provare a fornire soluzioni concrete è necessario, invece, osservare meglio quali siano le caratteristiche di tali flussi, soprattutto a sud del Mediterraneo. Conoscendo le rotte dei migranti in Africa, quali conseguenze e quali effetti avrebbero le politiche spesso proposte per fermare i flussi verso l’Europa e l’Italia?
Ricorre domani, 20 giugno, la giornata mondiale del rifugiato. Secondo l’ultimo rapporto UNHCR "Un mondo in guerra", sono quasi 60 milioni le persone in fuga da guerre e violenze nel 2014. Se queste persone fossero riunite in un paese, formerebbero il 24° paese più popoloso al mondo (appena dopo l’Italia). Un dato in forte crescita – 8,3 milioni in più rispetto al 2013 – anche se la drammatica impennata ha avuto inizio nel 2011, anno dello scoppio della crisi siriana e di quella libica. Proprio la molteplicità di focolai di crisi e conflitti in corso in questo momento storico dovrebbe spingere a una riflessione circa la relazione tra contesti di crisi, bisogni della popolazione e necessità di una risposta politica, che sempre di più tarda ad arrivare. Allo stesso tempo, è importante contestualizzare la questione all’interno del più vasto fenomeno dei flussi migratori mondiali, allo scopo di elaborare analisi e proposte quanto più complete e approfondite.
Nessuno sa veramente quanti campi di rifugiati esistano nel mondo. Nel 2012 quelli ufficialmente censiti erano 700, ma ce ne sono in realtà centinaia di altri che si sottraggono al conto. Piccoli campi organizzati da comunità e amministrazioni locali. Campi provvisori creati dalle autorità di sicurezza, senza coordinamento con le Nazioni Unite. Campi gestiti da piccole organizzazioni religiose, da Ong locali, dalle comunità della diaspora. Campi informali costituitisi con il graduale assembramento di rifugiati in fuga. Ci sono anche centinaia di migliaia di rifugiati che sono ospitati da famiglie nelle proprie case, o vivono in edifici occupati nelle città.