Abstract
Per spiegare l’attuale situazione nel sud della Libia e in Niger si potrebbe ricorrere alla classica interpretazione delle relazioni internazionali come “palla da biliardo”. Secondo questa gli stati reagirebbero nell’arena internazionale esattamente come su un tavolo da biliardo rispondendo agli stimoli esterni. L’instabilità del Mali e dell’area saheliana è stata in buona misura il risultato dell’intervento militare in Libia del 2011.
Lo scoppio della guerra in Mali, l’11 gennaio scorso, ha portato l’attenzione mondiale su un fenomeno fino ad ora in parte sottovalutato: la radicalizzazione del sentimento religioso di una fetta ancora fortemente minoritaria ma crescente di musulmani dell’Africa occidentale.
Le elezioni presidenziali del Mali sono grandemente attese. Forse, più dalla cosiddetta comunità internazionale, che soprattutto per iniziativa francese si è vista coinvolta direttamente in questo paese saheliano, piuttosto che dai cittadini maliani, impegnati nel Ramadan e probabilmente disincantati sulla possibilità che effettivamente le elezioni determinino un cambio di passo in una situazione nazionale comunque molto instabile.
La conquista di Chisimaio nel settembre 2012 da parte del contingente internazionale a sostegno del Governo di Mogadiscio ha innescato una serie di dinamiche che, paradossalmente, potrebbero destabilizzare l’Africa orientale, rendendola una porta aperta nell’arco di tensione che unisce l’Asia al Sahel, un corridoio privilegiato del jihadismo compreso idealmente tra i territori di al-Shabaab, Boko Haram e della galassia dell’Islam combattente sahelo-sahariano.
Nel 2011 le persone impiegate come cooperanti, volontari o consulenti in progetti di sviluppo o emergenza hanno superato quota 6.300, mantenendo il trend positivo riscontrato negli ultimi 5 anni. Questo è quanto emerge dall’ultimo report di SISCOS che da vari anni monitora il numero degli operatori italiani della cooperazione internazionale. (...)
La storia recente del Mali è costellata di accordi fra potere centrale e ribelli tuareg del nord. È successo nel ’91, nel ’95, nel ’96, nel 2006 e nel 2008. Minimo comun denominatore è che la pace al nord non è mai durata un granché. Ma questa volta, secondo molti, sarà diverso.
Cinquant’anni fa nasceva l’OUA, l’Organizzazione dell’Unità Africana, promessa e premessa del panafricanismo realizzato e strumento di resistenza al sistema bipolare. Era il 1963: l’Africa sanciva la propria unione sulla base del comune passato coloniale e della liberazione recente, in nome di un futuro in cui lo sviluppo economico e sociale era già percepito come chiave per la sopravvivenza degli stati nascenti.
The Conference, organized with Fondazione EDU, explored the relationship between higher education and development in Sub-Saharan Africa, considering both direct benefits and spillover effects, in order to identify the factors that enhance the efficacy of international donors’ funding.
La Conferenza, organizzata con la Fondazione EDU, ha analizzato la relazione tra educazione superiore e sviluppo in Africa subsahariana, prendendo in considerazione sia i benefici diretti che le esternalità positive, allo scopo di identificare i fattori che aumentano l’efficacia del sostegno