Various observers of Yemeni political dynamics have rightly highlighted that what we generally call the Yemen civil war is, in reality, three separate yet overlapping conflicts. The first one is the multi-sided civil war, namely the conflict opposing the internationally recognised government of President Abu Rabbu Mansour Hadi, supported by the Saudi-led coalition and a plethora of various local militias and UAE’s proxies, against the Houthi movement.
Gli ultimi eventi di cronaca provenienti dall’Africa occidentale riportano l’attenzione sulla recrudescenza del jihadismo saheliano, che risulta tutt’altro che sconfitto dal dispositivo antiterrorismo franco-americano dispiegato da oltre due anni nella regione. Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) a differenza del passato sta riuscendo a concentrare sotto il proprio controllo la pletora di sigle della galassia neo-jihadista regionale e per farlo sta cambiando strategia, modus operandi e comunicazione.
È stata la crisi libica, culminata con il crollo del regime di Muammar Gheddafi, a mettere a disposizione dei ribelli tuareg maliani una grande quantità di armamenti (quasi) a costo zero. Per capire il perché è necessario però fare un passo indietro. Muammar Gheddafi era un politico di estrazione militare che guardava con estremo interesse al modello di difesa jugoslavo. Dopo la seconda guerra mondiale e l’esperienza della lotta partigiana che nei Balcani aveva messo alle corde le forze amate tedesche, Belgrado aveva creato un sistema di difesa unico.
I Tuareg (o, come loro chiamano se stessi, i kel tamasheq, “coloro che parlano il tamasheq”, la lingua in questo caso è il criterio di identificazione del gruppo etnico), popolazioni di origine berbera, spinte verso il Sahara a ondate successive (e percettibili fino al XIX secolo) dalle invasioni arabe del Nord Africa a partire dall’VIII secolo d.C., occupano una superficie molto vasta nel deserto del Sahara, oggi divisa tra diversi Stati: oltre a quelle che vivono in Niger (tra le 700.000 e il milione di persone) e del Mali (tra le 300.000 e le 500.000), altre co
L’intervento militare francese in Mali che si sta sviluppando in queste ore suscita qualche interrogativo non ozioso sul piano della legittimità internazionale e su quello delle strategie politiche perseguite dalla Francia sul continente africano e nel mondo.
Lunedì sera all’aeroporto internazionale di Bamako-Senou c’era uno strano clima. E non era a causa dell’Harmattan che ha da poco cominciato a soffiare portando sabbia e un po’ di frescura su tutto il Sahel. Militari armati e nervosi fermavano tutte le vetture in avvicinamento al terminal della capitale del Mali, senza fornire spiegazioni. Caos calmo, come quello che ha caratterizzato la vita quotidiana delle ultime settimane nel remoto paese dell’Africa occidentale.
Senza povertà e disperazione, probabilmente non esisterebbe neppure il fondamentalismo islamico o comunque non attecchirebbe e non crescerebbe a dismisura, trovando un terreno fertile come sta accadendo. Tutto parte dall’Algeria un paio di decenni fa, quando i radicali del Fronte islamico di salvezza (Fis) e del Gruppo islamico armato (Gia) sfruttano le aperture democratiche del governo laico e vincono le elezioni.
Most of the US public opinion generally remembers the 80s as a successful decade, characterized by a great economic recovery and the victory in the Cold War at the expense of the Soviet Union. Those years came after the uncertain 70s, when the American weakness was particularly visible. Many authors use to describe the then-President, Ronald Reagan, as the leading “actor” of that patriotic renaissance. More than thirty years on, the ghost of the US decline is back.
Nonostante i tentativi di mediazione da parte dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, l’ex segretario generale Kofi Annan, la situazione in Siria non accenna a migliorare e la crisi interna si acuisce di giorno in giorno. Il piano proposto da Annan, che dovrebbe essere supportato anche da attori esterni come la Cina e la Russia, prevede sei punti negoziali dai quali far partire i colloqui per una soluzione di quella che ormai rischia di essere una vera e propria guerra civile.