Siria: Il puzzle degli oppositori al regime perde un tassello fondamentale
Archiviata la battaglia di Mosul, l’offensiva contro lo Stato Islamico in Siria e Iraq sta per entrare nella sua seconda, e per certi versi decisiva, fase.
Tra i diversi conflitti che alimentano il caos siriano, ce n’è uno meno riconoscibile degli altri, ma altrettanto pericoloso: quello per l’egemonia del jihadismo transnazionale. Non deve sorprendere che venga combattuto in Siria, perché è proprio intorno al “dossier siriano” che ha preso forma l’antagonismo tra le due principali formazioni del salafismo-jihadista, lo Stato islamico e al-Qaeda.
Osama bin Laden ripeteva ai suoi uomini di prepararsi a una sua eventuale scomparsa. Il portavoce dello Stato islamico (IS) al-Adnani, nel maggio del 2016, predicava la stessa cosa ma riferendosi all’intero califfato. Istruzioni e tradizione consolidate che dovrebbero permettere al movimento di resistere anche dopo la caduta delle città chiave. Per questo, analisti e intelligence hanno elaborato scenari sul futuro di IS.
Il territorio
Per la seconda volta in due settimane, a Bamako si trascorre la domenica al suono di elicotteri e droni di sorveglianza che sorvolano la città. Questa volta però, a differenza del 18 giugno, giorno dell’attentato che ha causato dieci morti al Campement Kangaba, resort per espatriati occidentali e ricchi maliani, non è per via di un attacco terroristico.
Il 3 settembre 2014 il capo di al-Qaeda Central, Ayman al-Zawahiri annunciò al mondo islamista la nascita di un nuovo gruppo combattente il cui scopo principale era diffondere il jihad in tutto il subcontinente indiano. Da diversi anni nelle regioni del Kashmir, nel Gujarat, Assam e Burma i musulmani soffrivano la politica discriminante dei rispettivi governi che li aveva condannati all’isolamento e in alcuni casi alla persecuzione.
L'11 settembre 2001 ha segnato l'avvio di un nuovo capitolo della storia mondiale. Da quel momento il terrorismo di «matrice islamica» è diventato uno dei fenomeni che più hanno segnato lo scenario internazionale, lasciando lungo il suo corso una scia di sangue pare esulare da ogni logica e ragione.
Ma quali sono le radici storiche che hanno alimentato la nascita delle diverse formazioni jihadiste e quali percorsi ne hanno segnato l'evoluzione in questi anni? Cosi si intende per jihadismo e quali rapporti esso intrattiene con il concetto di jihad? Cosa distingue al-Qa‘ida dal sedicente «Stato Islamico» e come ha fatto quest'ultimo a divenire un attore di primo piano all'interno del contesto mediorientale e globale? Chi sono i foreign fighters partiti per andare a combattere in Siria e Iraq? Quali sono le sfide portate dai gruppi jihadisti a Tunisia, Libia ed Egitto? Come viene letta dalle nostre agenzie di sicurezza la minaccia posta dai mujaheddin e come possono affrontarla in teatri distanti e complessi?
Sono queste alcune delle domande a cui il volume intende dare risposta, avvalendosi del sostegno di un gruppo di sette ricercatori riuniti dall'ISPI, uno dei più antichi e importanti istituti di ricerca con sede a Milano.
“Il vostro obiettivo per il momento dovrebbe essere quello di insegnare loro le basi, educarli ad essere veri musulmani, e solo fra alcuni anni allora sarete in grado di introdurli a norme più dure perché le persone così capiranno che cosa ci si aspetta da loro”. Chi parla, anzi scrive, è Abou Mossab Abdelwadoud (nom de guerre di Abdelmalek Droukdel), leader di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim), in una lunga lettera pedagogica ai suoi seguaci di stanza in Mali.
The last Boko Haram’s attacks in Cameroon are yet another confirmation that the Nigerian Islamist group has now turned into an organization capable of striking at the regional level.
To affect in a tangible way on the overall strategy of Salafi Nigerian was also the alliance with the Islamic State (IS), in consequence of which the organization has changed its name to “Islamic State’s West Africa Province (ISWAP).
Abstract