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al-Qaida

Dal Sahel al Corno d’Africa: l’arco di instabilità e le aree di crisi in Africa subsahariana

Nonostante i rischi di instabilità e di violenza relativamente elevati che caratterizzano l'Africa in relazione alle altre aree del globo, nel lungo periodo il continente africano ha compiuto importanti passi verso una maggiore stabilità. La regione è da anni attraversata da profonde trasformazioni di carattere economico, politico e sociale. Da un punto di vista economico, gli stati africani hanno attraversato, tra il 2000 e il 2014, una fase di crescita eccezionalmente rapida e sostenuta. Sotto un profilo politico, l'adozione di riforme democratiche ha favorito l'introduzione di meccanismi elettorali e delegittimato il ricorso a colpi di stato. Infine, la crescita demografica del continente ha registrato tassi straordinariamente elevati. L'insieme di questi mutamenti ha prodotto ripercussioni sulla stabilità del continente.

La debolezza degli stati saheliani di fronte alla sfida del jihadismo

La genesi degli stati africani, soprattutto per quanto riguarda la loro conformazione geopolitica, è stata segnata, più di quanto non avvenga un po’ ovunque quando ci siano scambi trasversali di carattere umano o economico, da influenze esterne. Il colonialismo europeo, nella sua funzione di state-maker, ha rappresentato il fattore che ha influito di più non solo sul tracciato dei confini ma sulle istituzioni e in ultima analisi sui meccanismi del potere, a cominciare dal grado effettivo d’indipendenza conseguita o consentita. 

Sahel: i danni delle guerre per procura

Sahel e Corno d’Africa presentano una pletora di gruppi armati che rinnovano la minaccia terroristica nelle retrovie dell’Africa settentrionale: Boko Haram, Aqim (al-Qaeda nel Maghreb Islamico), al-Mourabitoun e Ansar Eddine, e al-Shaabab.  

Siraq: outlook negativo

Il 2015 ha rappresentato un anno denso di avvenimenti per il quadrante siro-iracheno. Dei diversi attori impegnati sul campo, il sedicente Stato Islamico (IS) è forse quello che ha registrato l’andamento più ondivago, alternando importanti successi (a Deir el-Zor, Palmira e nel centro-sud della Siria, oltre che a Ramadi in Iraq) a una serie di sconfitte (Kobane, Tal Abyad, Tikrit e a Sinjar) che hanno in una certa misura dissipato l’aura di invincibilità acquisita nel corso del 2014.

L’evoluzione di Boko Haram: leadership, organizzazione e rapporti internazionali

Nonostante i successi dell’offensiva militare governativa dei primi mesi dell’anno, Boko Haram (BH) resta il maggiore fattore d’instabilità e d’insicurezza del nord della Nigeria. La struttura decentralizzata e la composizione eterogenea rendono il gruppo estremamente flessibile e quindi capace di reagire a contesti diversi. Anche negli ultimi mesi BH si è adattato velocemente al “cambio di passo” del governo, tanto da intensificare il numero dei suoi attacchi.

Siria: Assad è in crisi? La strategia militare di Damasco

Le vittorie ottenute da Jaysh al-Fatah [1] nella regione di Idlib, la presa di Palmira da parte dei jihadisti del sedicente Stato islamico (IS), la crescente dipendenza di Damasco dal sostegno dell’Iran e di Hezbollah e le gravi divisioni all’interno del regime guidato da Bashar al-Assad hanno evidenziato come il conflitto siriano sia ben lungi dall’essersi esaurito in una mera guerra di posizione. In questo contesto, la crisi del regime e l’avanzata dei ribelli potrebbe avere conseguenze durature per il futuro del paese.

L'Italia e la minaccia jihadista. Quale politica estera?

L’ascesa di IS in un vasto territorio tra Siria e Iraq e la competizione innescatasi all’interno della galassia jihadista della vecchia al-Qaida sembrano attivare dinamiche di concorrenza/coesistenza che hanno conseguenze molto rischiose per un’intera area geopolitica affetta da un’instabilità che già costituiva un terreno fertile per la proliferazione di gruppi radicali. La minaccia, che sta assumendo sempre più connotazioni di territorialità, sembra coinvolgere in particolare un vasto spazio di prossimità – che va dai Balcani sino al Maghreb – di grande interesse per l’UE e l’Italia in particolare.
Nella prima parte il Rapporto analizza la natura di questa minaccia e la sua reale portata, osservando quelle aree geopolitiche di permeabilità alla stessa in relazione agli attori locali e agli interessi italiani. Nella seconda si approfondiscono le implicazioni per la nostra politica estera e di difesa e sicurezza in senso ampio, cercando di fornire alcuni spunti di policy nell’ottica dell’azione internazionale dell’Italia.

L’escalation violenta e il rischio disintegrazione dello Yemen

Lo Yemen recente vive il suo giorno più buio. Il 20 marzo gli attacchi kamikaze coordinati contro le moschee Badr e Hashoush di Sana’a, frequentate soprattutto da sciiti zaiditi, hanno causato oltre 140 morti e 350 feriti. La strage, rivendicata da un’esordiente, e tutta da verificare, cellula yemenita dello Stato Islamico, potrebbe segnare un punto di non ritorno per la repubblica delle Penisola arabica.

Boko Haram stringe la mano all’IS

Il 7 marzo, attraverso un audio-messaggio pubblicato su un account Twitter, Abubakar Shekau, leader del gruppo terrorista nigeriano Boko Haram, ha rivolto una promessa di fedeltà (bayah) allo Stato Islamico (IS). La richiesta sembra essere stata accolta, poiché il 12 marzo, Mohammed al-Adnani, portavoce dell’IS, ha annunciato che Baghdadi ha accettato il patto di alleanza e sottomissione, anche se gli esperti attendono ulteriori conferme ufficiali. 

What Makes Libya A Perfect Place for Terrorists?

At this year's Security Conference in Munich, the European Union's High Representative Federica Mogherini named Ukraine and Libya as her top priorities. She explained, "In Libya there is the perfect mix ready to explode and in case it explodes, it will explode just at the gates of Europe. […] The combination of elements present there is extremely dangerous for us and for the security of the region"(1).

Libia: non solo Stato Islamico

Lo Stato Islamico (IS) è solo l'ultimo dei gruppi terroristici presenti in Libia e nel Maghreb. Il panorama jihadista in Libia è molto ampio. Come riportato da un rapporto RAND, diverse reti salafo-jihadiste hanno eletto il paese a safe-haven fin dal 2012. Il periodo estremamente critico che la Libia sta attraversando ha cause profonde e origini lontane, che vanno da una debole identità nazionale libica alle eredità dalla guerra civile del 2011, che non si è esaurita con la caduta del regime di Gheddafi e la sua uccisione. Il paese è rapidamente scivolato verso il fallimento.

Yemen: la guerra al terrore tra al-Qaida e Stato Islamico

Ci sono luoghi, nei dintorni di Sana’a, che hanno una precisa reputazione e che ogni tanto ritornano agli onori delle cronache come simboli di quella che da vent’anni è conosciuta come “la tana di al-Qaida”. La Moschea Annour nel quartiere Museeik, è uno di questi.

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