Molte cose stanno cambiando in Arabia Saudita. Alcune in maniera poco visibile e comunque poco apprezzabili ai nostri occhi, come nell’area dei diritti della persona, e della donna in particolare, dove il patto tra la famiglia regnante e la famiglia religiosa posto a fondamento della stessa identità nazionale lascia meno spazio all’allentamento di usi e tradizioni consolidati.
Prima Jeddah, poi Qatif e, infine, Medina. In una sola giornata, il terrorismo di matrice jihadista ha alzato sensibilmente il livello dello scontro nei confronti della monarchia saudita.
Per fortuna, gli attacchi suicidi sferrati il 4 luglio in Arabia Saudita hanno causato “solo” quattro vittime tra le forze di sicurezza. Ciò non deve tuttavia condurci a sottovalutare ciò che è accaduto, impedendoci di coglierne il messaggio.
L’incontro fra il presidente statunitense Barack Obama e il re saudita Salman bin Abdulaziz al-Saud, previsto il 4 settembre a Washington, ha un forte significato simbolico, dunque politico, ancor prima che strategico. Pertanto, il faccia a faccia tra i due storici alleati rappresenta, di per sé, il vero messaggio, che, dunque, precede i contenuti della stessa discussione e gli annunci che potrebbero seguirne.
Con chi sta l’Occidente? Iran o Arabia Saudita? Per anni il governo di Tehran è stato descritto come un ‘mostro’, nemico di libertà e democrazia e fondato su un potere teocratico. Il successo dei negoziati sul nucleare di Losanna ha però improvvisamente aperto nuove prospettive.
La decisione dell’Arabia Saudita d’intervenire in Yemen rappresenta un evento di grande rilevanza per gli equilibri mediorientali. Quest’operazione militare è caratterizzata da due novità che segnano l’inizio di una nuova fase nelle dinamiche tra gli stati della regione.