Nei giorni in cui si celebra il sesto anniversario delle dimissioni di Hosni Mubarak che diedero avvio alla Primavera araba egiziana, il paese si presenta ancora in una situazione di profonda instabilità politica, economica, sociale e istituzionale alla quale il nuovo establishment al potere non sembra aver trovato ancora le giuste contromisure.
L’11 dicembre 2016 è domenica, i cristiani pregano in chiesa e i mussulmani celebrano l'anniversario della nascita del profeta Maometto. Quel giorno una bomba viene fatta esplodere al Cairo, nella chiesa di San Pietro e Paolo, a pochi passi dalla cattedrale copta edificata nel 1965.
Qual è il vero Egitto? Quello dei faraonici – è proprio il caso di indulgere nei cliché – progetti infrastrutturali per gli investitori privati annunciati alla conferenza Egypt Economic Development Conference di Sharm El-Sheikh nel marzo 2015, della nuova sezione del Canale di Suez e dell’annunciata costruzione di una nuova, modernissima, capitale, oppure quello bacchettato in agosto dall’Economist, da Bloomberg e dal Financial Times, con una disoccupazione giovanile oltre il 40%, inflazione rampante e un pessimo clima per gli investimenti?
A un anno dall’inaugurazione del nuovo Canale di Suez, cade un altro importante anniversario: i sessant’anni dalla sua nazionalizzazione. La decisione di consegnare il canale nelle mani dell’Egitto, a danno di inglesi e francesi (al tempo la società di gestione era per il 44% britannica e per il resto francese), venne presa il 26 luglio 1956 dall’allora presidente della repubblica Gamal ‘Abd al-Nasser.
Trade, business, geography, geopolitics and wars. Since Caesar’s time, it has been hard to find two countries on the shores of the Mediterranean as connected as Egypt and Italy. After the discovery of the Zhor gas field, with a potential investment of 10 billion euros, ENI, the Italian oil and gas company, became an essential partner in the development of the Egyptian energy. With trade worth 5 billion euros, Italy was Cairo’s leading European partner.
Mai come a partire dal 2011 si è discusso in maniera così continuativa e approfondita del ruolo che l’Islam dovrebbe giocare all’interno del sistema politico egiziano, e anche oggi il dibattito rimane estremamente attuale e vivo. Ad animarlo, però, non sono tanto quei movimenti eversivi di matrice islamista radicale che in questi anni sono tornati a sfidare l’autorità del Cairo, soprattutto nella regione del Sinai: piuttosto, a far riemergere questo dibattito sono, serie di realtà portatrici di agende e punti di vista spesso fortemente divergenti. I termini della questione, infatti, hanno r
Parigi è riuscita finalmente a piazzare le due navi classe Mistral che le erano rimaste sul groppone dopo l’imposizione delle sanzioni alla Russia. Diventata impossibile la consegna a Mosca, i francesi avevano cominciato a bussare discretamente tutte le porte in cerca di nuovi acquirenti per due articoli tutt’altro che economici come due navi d’assalto anfibio portaelicotteri. Alla fine qualcuno ha aperto loro la porta: l’Egitto del presidente Al-Sisi.
Egypt has reappeared again as a leading actor in the Middle East. After the fall of Mubarak, the rise to power of the Muslim Brotherhood and its ouster, the country has chosen its new ‘strongman’. Following the elections of al-Sisi, Egypt is back to pursuing a pro-active policy not only internally, but also in the neighbourhood.
The restoration of the strategic axis with Saudi Arabia and the struggle against radical Islam are the two pillars of this new political phase.
However, there are critical elements, too, from further deterioration of the political and civil liberties indexes, to the emergence of jihadist groups in the Sinai, to the enduring economic and financial difficulties. As a result of these changes, Europe and Italy should calibrate a new policy aimed at safeguarding their interests,especially from the points of view of security, stability and the fight against terrorism, also promoting more inclusive practices by the Cairo government vis-à-vis the opposition (including the Muslim Brotherhood) and developing policies which can help Egypt to respond to future challenges in terms of economic growth, poverty alleviation, demographic pressure and the creation of employment opportunities.
Nella settimana del secondo anniversario della destituzione del presidente legittimo Mohammed Morsi (29 giugno-3 luglio 2013), non sembra conoscere sosta la spirale di violenza che minaccia in maniera costante l’Egitto post-rivoluzionario.
Con chi sta l’Occidente? Iran o Arabia Saudita? Per anni il governo di Tehran è stato descritto come un ‘mostro’, nemico di libertà e democrazia e fondato su un potere teocratico. Il successo dei negoziati sul nucleare di Losanna ha però improvvisamente aperto nuove prospettive.
La conferenza di Sharm el-Sheikh, organizzata dal governo egiziano tra il 13 e il 15 marzo, ha avuto come principale obiettivo di dimostrare che l’Egitto è tornato a essere un luogo economicamente importante su cui investire e politicamente rilevante su cui scommettere. È un messaggio rivolto soprattutto all’opinione pubblica egiziana, che si aspetta un miglioramento della situazione interna dopo anni di difficoltà economiche.
In seguito alla strage di 21 copti egiziani, decapitati dai jihadisti libici, l'Egitto ha deciso un attacco unilaterale in Libia, al fianco della fazione militare che fa capo all'ex generale, Khalifa Haftar, che appoggia il parlamento di Tobruk, il premier Abdullah al-Thinni, con il sostegno dei miliziani di Zintan.