Belgrado schiera l’esercito al confine dopo due settimane di blocchi stradali che ha esacerbato la tensione con Pristina. Ma per gli analisti un conflitto aperto è per ora improbabile.
Nella stessa settimana in cui la storica vittoria sul Brasile portava la Croazia tra le prime quattro del Mondiale, Zagabria otteneva il via libera definitivo per l’ingresso nell’area Schengen, nonché nell’eurozona, a partire dal 1° gennaio 2023. Un momento di svolta per il paese che 31 anni fa dichiarò l’indipendenza dalla Jugoslavia. L’abolizione – per chi viene da altri paesi UE – della frontiera croata sembra rimettere in discussione decenni di storia: quella del confine orientale e dei turbolenti fatti accaduti prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale.
Oggi si è tenuto a Tirana il vertice Unione Europea-Balcani Occidentali. Si è trattato del primo summit di questo tipo organizzato nella regione (a differenza dei precedenti, tenutisi nei Paesi Ue). Per l’occasione, Bruxelles ha schierato entrambe le sue cariche apicali, Charles Michel e Ursula von der Leyen: di questi tempi, una rarità. A loro è toccato il difficile compito di discutere, insieme ai leader dei sei Paesi balcanici, un’agenda tanto ricca quanto divisiva.
Le elezioni in Bosnia-Erzegovina del 2 ottobre hanno portato alcune novità, almeno formali, sul futuro politico del paese dopo oltre un anno di minacce alla sua esistenza. Per la prima volta alla presidenza tripartita sono stati eletti due rappresentanti civici, per i seggi bosgnacco e croato, mentre quello serbo è stato conquistato da Zeljka Cvijanovic, del partito nazionalista di Milorad Dodik.
La disputa sulle targhe tra Pristina e Belgrado provoca nuove tensioni al confine. Mosca parla di ‘provocazione’ e la missione Nato aumenta i pattugliamenti.
Il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno verrà ricordato per la concessione dello status di candidato UE all’Ucraina e alla Moldavia. A latere, i leader dei 27 hanno incontrato i capi di stato e di governo dei Balcani Occidentali: sei paesi che gravitano nell’orbita di Bruxelles da così tanto tempo che l’effetto centrifugo ha spinto alcuni di loro verso altri poli.
La proposta di una “comunità politica europea” rischia di aumentare la delusione per le promesse mancate dopo anni di riforme. E rischia di favorire Mosca e Pechino.
La forte conferma di Orbán e Vucic è un problema per l’UE. I legami economici dei due Paesi filo-russi oscillano pericolosamente tra Bruxelles e Mosca.
La guerra in Ucraina è scoppiata a trent’anni dall’inizio di quella in Bosnia-Erzegovina, il capitolo più lungo e violento del processo di dissoluzione della Jugoslavia. I due conflitti si inseriscono in categorie spazio-temporali e geopolitiche distinte e, sebbene la guerra in Ucraina sia appena alle fasi iniziali, quella nella ex Jugoslavia, con particolare riferimento al periodo 1991-1995, offre il pretesto per un’analisi comparata che, possibilmente, aiuti a comprendere meglio l’invasione russa.