0,75 punti percentuali: è l’aumento dei tassi di interesse annunciato ieri dalla banca centrale statunitense. Un segnale forte (il maggior aumento negli ultimi 28 anni), indizio di una Fed determinata a combattere l’inflazione (la più alta dagli anni Ottanta) e a non perdere la fiducia dei mercati. Segnali analoghi anche dalla Bank of England, che oggi ha deciso di alzare i tassi di interesse per la quinta volta consecutiva.
A Francoforte la parola d’ordine è “normalizzazione”. In primo piano le mosse della FED e lo spettro della stagflazione. Che fare? Il dibattito è acceso.
La Bce vara un piano d’emergenza contro i rischi del coronavirus e lancia un nuovo programma di acquisto di titoli da 750 miliardi di euro. “Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie” twitta Lagarde. Basteranno?
Fino al 21 ottobre c’è la possibilità di candidarsi per un tirocinio retribuito, full-time, da svolgere presso la Banca Centrale Europea a Francoforte. Sono cinque le aree in cui è possibile fare il tirocinio (da indicare al momento della candidatura online):
Se per il nuovo anno volete aggiungere un’ottima esperienza all’estero sul vostro CV e vi siete laureati in discipline economiche, online sono aperte le candidature per delle posizioni di stage retribuito presso la European Central Bank. I tirocini hanno una durata di 3 o 6 mesi, prorogabili fino a un anno, e prevedono un compenso mensile superiore ai 1.000 €, in base alla media dei compensi erogati nelle precedenti edizioni e prevedendo una copertura delle spese di vitto e alloggio.
Unità nella diversità. È il motto adottato dal 2000 per l’Unione europea che oggi però suona come un ossimoro inconciliabile. E lo sarà ancora di più nel 2016 e negli anni a venire perché inesorabilmente sbagliato. Si basa infatti su un concetto statico di diversità: il dato cumulato di secoli di storie diverse – e spesso altamente conflittuali – che avrebbero dovuto trovare nella costruzione europea il momento ultimo di sintesi unitaria.
Secondo Forbes è l’italiano più potente del mondo, o almeno lo è stato nel 2014. Parliamo di Mario Draghi(1), il presidente della Banca centrale europea (Bce). Nel corso di questi anni, Draghi è andato ben al di là del mandato ‘tecnico’ che gli statuti Bce prescrivono, e si è spesso comportato da politico, se non da statista, al servizio della causa europea.
Durante il periodo della presidenza italiana dell’UE è proseguita la difficoltà di far convivere la disciplina fiscale, cui spesso ci si riferisce con l’ambiguo termine di “austerità”, coi due altri pilastri sui quali deve appoggiare la prosperità dell’Unione e dell’eurozona: la dose opportuna e il giusto tipo di solidarietà fra gli Stati membri, che è un imprescindibile riflesso della loro crescente interdipendenza, e il disegno di politiche nazionali ed Europee dotate di sufficiente flessibilità per non ostacolare la crescita.
Il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea è stato, come sappiamo, fortemente ridotto nella durata effettiva. La concomitante sovrapposizione dell’elezione europea e della complessa procedura di nomina della Commissione lo hanno di fatto limitato a poco più di due mesi di reale operatività. Ciò nonostante le iniziative di promozione per cambiamenti incisivi non sono mancate, come bene documenta il rapporto dell’ambasciatore Sannino.
Il recente scambio di opinioni fra Juncker e Renzi sulla natura dell’esecutivo dell’Unione Europea ha riportato alla luce la questione sul ruolo tecnico o politico della Commissione Europea. La Commissione è un organo tecnico, composto da grigi burocrati, o è un organo politico, espressione della volontà di una maggioranza?
È un piano di investimenti tanto atteso quanto controverso quello che il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha presentato oggi a Strasburgo, durante una sessione plenaria del Parlamento europeo. Costretto a evitare nuovo debito pubblico, sia per venire incontro alla Germania sia perché molti paesi hanno evidenti difficoltà a far quadrare le finanze statali, l’ex premier lussemburghese è stato costretto a fare una acrobazia finanziaria.
Juncker ha finalmente presentato il suo piano da 315 miliardi di euro per uscire dalla crisi. L’aveva annunciato a metà luglio a un Parlamento europeo sempre più euroscettico e che si attendeva un segnale; ed era un momento in cui gli ultimi dati economici indicavano ancora una ripresa lenta piuttosto che lo spettro di una tripla recessione, come invece accade oggi.