Lutto nazionale in Libano all’indomani dei violenti scontri armati a Beirut. E nel paese senza elettricità e che non riesce ad ottenere giustizia, ora sembra a rischio anche la pace.
Lutto nazionale in Libano all’indomani dei violenti scontri armati a Beirut. E nel paese senza elettricità e che non riesce ad ottenere giustizia, ora sembra a rischio anche la pace.
Dopo un’attesa di oltre un anno il Libano torna ad avere un governo, riuscirà a frenarne la corsa verso l’abisso?
Il premier incaricato Hariri rimette il mandato per la formazione di un esecutivo. E il Libano si ritrova in caduta libera, ostaggio di una classe politica corrotta e impunita, aggrappata al potere anche a costo di distruggere il paese.
Era la fine di agosto e i riflettori si sono improvvisamente volti verso il Libano e le grandi manifestazioni di piazza targate YouStink (Tol3et Re7tkom in arabo libanese).
Non è mai semplice raccontare il Libano, tanti sono i fili da riprendere, tanti i nodi ingarbugliati da provare ad allentare. Lo stesso vale per quello che sta succedendo in questi giorni.
Quasi sempre, in qualunque città del mondo ci si trovi, essere uno “street artist” o un “writer” è un mestiere pericoloso. Arresti e multe sono all’ordine del giorno, insieme al pericolo concreto di vedersi cancellata in pochi giorni un’opera che magari era costata ore e ore di duro lavoro e preparazione.
L’attentato del 9 luglio a Bir el-Abed, quartiere della periferia sud di Beirut, ha il sapore di una provocazione, se non di una schietta dichiarazione di guerra. La zona è abitata da una comunità quasi a prevalenza sciita, quindi vicina a Hezbollah, quindi ancora sostenitrice del presidente Assad nella guerra civile in Siria. Fare esplodere un’autobomba tra quei caseggiati, che sette anni fa sono stati già bersaglio dell’aviazione israeliana, durante la “guerra dei 33 giorni”, significa colpire, o tentare di colpire il Partito di Dio.
Il 22 marzo scorso si è dimesso il premier libanese Najib Mikati, dopo quasi due anni d’incarico. Le dimissioni avvengono a pochi mesi dalle elezioni parlamentari di giugno e nel bel mezzo di una delle fasi più delicate della storia recente libanese, con il vicino – ed ex occupante – siriano sconvolto da una feroce guerra civile.
Autobomba a Beirut. Uno dei titoli che la triste storia recente del Libano ha reso quasi un luogo comune. Venerdì, nelle prime ore che seguivano l’esplosione avvenuta ad Ashafieh, uno dei quartieri cristiani più popolosi nel pieno centro della città, la paura maggiore diffusa dentro e fuori il paese era che si trattasse di un attentato rivolto genericamente contro la comunità cristiana, richiamando quello che è un altro triste luogo comune libanese: la guerra settaria.