Francesco Rocchetti, Segretario Generale ISPI, e la giornalista Silvia Boccardi parlano con Ugo Tramballi, Senior Advisor ISPI ed editorialista per il Sole 24 Ore, dell'incontro tra il segretario di Stato statunitense Blinken e il primo ministro israeliano Netanyahu e di cosa significa per le relazioni internazionali tra Occidente e Medio Oriente.
Ha avuto scarsa rilevanza mediatica una votazione avvenuta il mese scorso all'Assemblea generale dell'Onu. E' comprensibile: di qualsiasi conflitto ci si occupi al Palazzo di Vetro, raramente ciò che viene deciso ha la forza di determinare le vicende sul campo.
“Hanno provato col capitalismo, hanno provato col socialismo. C'è una cosa che non hanno provato: ‘Se tu obbedisci’”, spiegava qualche giorno fa dell'economia israeliana Bezalel Smotrich. La sottomissione alla quale si riferiva il leader di Sionismo religioso, uno dei partiti di estrema destra che avranno ruoli fondamentali nell'imminente governo di Bibi Netanyahu, è alla Torah, il testo fondamentale dell'ebraismo.
Benjamin Netanyahu annuncia l’accordo per un nuovo governo di coalizione: sarà l’esecutivo più a destra della storia di Israele.
Secondo l'intelligence ucraina, una parte dei 4.500 missili lanciati dai russi in questi otto mesi di guerra è di fabbricazione iraniana. Oltre a questo, Mosca avrebbe ordinato a Teheran altri 2mila droni Shahed, dopo averne provato in queste settimane l'efficacia sulle città e le infrastrutture ucraine.
Firmato l’accordo per i confini marittimi con il Libano. Il premier Lapid esulta ma a pochi giorni dal voto la partita con Netanyahu è aperta.
Indebolito dalle defezioni, il governo Bennett-Lapid annuncia lo scioglimento. Israele tornerà al voto per la quinta volta in meno di quattro anni e Netanyahu punta a riprendersi la scena politica.
Il nuovo governo israeliano vede la luce grazie a un solo voto di scarto. Una maggioranza risicata che rispecchia le divisioni delle numerose anime che lo compongono.
L’accordo per un nuovo governo in Israele sta per sancire la fine dell’era Netanyahu, e per la prima volta dalla fondazione dello stato ebraico un partito arabo entra nell'esecutivo.
In Israele è cominciato il conto alla rovescia per la ‘fine dell’era Bibi”, ma il premier non molla e accusa: “Questa è la frode del secolo”.
51% of Israelis do not want Netanyahu to remain as Prime Minister, while only 21% of Israelis want a government with Haredi parties (Channel 12 poll): looking at the dynamics at play, it seems difficult that this statement will be reinforced by the still uncertain results of March 23rd. The hope is, however, that this election can put an end to the political stalemate of the last two years.
Il 51% degli israeliani non vuole che Benjamin Netanyahu rimanga come primo ministro e solo il 21% vuole un governo con i partiti ultraortodossi (sondaggio di Channel 12): guardando le dinamiche in gioco, sembra difficile che questa affermazione possa effettivamente essere rispecchiata dai risultati (ancora incerti) del 23 Marzo. Si spera però che queste elezioni possano porre una fine allo stallo politico degli ultimi due anni.
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