Brexit: cosa succede adesso?
10 domande e 10 risposte sull'ormai prossima Brexit
10 domande e 10 risposte sull'ormai prossima Brexit
Si è aperto questa settimana l’ottavo round di negoziazioni tra il capo negoziatore Ue, Michel Barnier e quello britannico, David Frost. L’obiettivo è quello di arrivare a un accordo di libero scambio tra il Regno Unito e l’Ue da avviare a gennaio prossimo. I punti su cui ormai da mesi non si riesce a trovare la quadra sono principalmente due: la pesca e le regole del gioco sulla concorrenza, e in particolare sugli aiuti di stato (ne abbiamo trattato recentemente in questo articolo di Global Watch).
L’esplosione della crisi da coronavirus ha comprensibilmente distolto l’attenzione da questioni internazionali che fino a pochi mesi fa occupavano le prime pagine dei giornali. Tra queste c’è senza dubbio Brexit. Che se ne parli poco è piuttosto ovvio, non solo a causa del Coronavirus. Brexit infatti c’è stata ma non si vede. O meglio non se ne vedono gli effetti per il semplice fatto che al momento sono pochissimi.
Mentre le trattative per un accordo post-Brexit languono, e si riaffaccia lo spettro di un ‘no-deal’ tra Londra e Bruxelles alle prese con la pandemia da Coronavirus, cominciano domani i negoziati per un accordo commerciale bilaterale tra Stati Uniti e Regno Unito.
Brexit sotto l’albero. È questo il regalo di Natale che Boris Johnson ha promesso ai cittadini britannici, che voteranno a elezioni anticipate il 12 dicembre per rinnovare il parlamento, sciolto proprio dal premier uscente Johnson nella speranza di trovare una maggioranza più solida.
Per la Repubblica di Irlanda la Brexit sta avendo un effetto pari a quello di una macchina che travolge un passante: le decisioni vengono prese a Westminster, e il governo di questo paese non ha potuto far altro in questi tre anni che rispondere a ogni accadimento ribadendo la propria collocazione sotto l’ombrello dell’Unione Europea, sì, ma consapevole che nel peggiore scenario del No deal, ovvero di una uscita senza accordo, dovrà fronteggiare la realtà dei problemi, prima di tutto economici, inevitabilmente con una negoziazione diretta con il Re
Un atto di “indecenza costituzionale”: così lo speaker della Camera dei Comuni, il conservatore John Bercow, ha definito la richiesta del premier Boris Johnson alla regina di sospendere per 5 settimane il parlamento (c.d. “proroguing”) in vista del discorso della regina previsto per il 14 ottobre.
Il Regno Unito ha un nuovo Primo ministro. Ieri a mezzogiorno Boris Johnson è stato eletto segretario dei Tories dai 160.000 iscritti al Partito conservatore.