In uno storico vertice in Arabia Saudita, i paesi del Golfo annunciano la fine dell’embargo sul Qatar dopo il boicottaggio imposto nel 2017 dall'Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi e Bahrein.
In uno storico vertice in Arabia Saudita, i paesi del Golfo annunciano la fine dell’embargo sul Qatar dopo il boicottaggio imposto nel 2017 dall'Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi e Bahrein.
Gli incontri di Camp David hanno spesso fatto la storia della politica statunitense e mediorientale; tuttavia, l’incontro di giovedì 14 maggio tra il presidente Barack Obama e i leader delle monarchie del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) non sarà annoverato tra questi. Nulla di concreto è stato infatti deciso, anche se le parole “fiducia” e “impegno” sono risuonate forti durante la due giorni americana dei (vice)sovrani del Golfo.
Nella strategia del feldmaresciallo-presidente Abdel Fattah al-Sisi, la conferenza economica internazionale di Sharm el-Sheikh doveva assolvere due funzioni: attrarre investimenti diretti esteri verso Il Cairo e riportare l’Egitto al centro della scena geopolitica mediorientale.
I recenti colloqui fra la Nato e alcuni paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) avvengono mentre l’Arabia Saudita e l’occidente attraversano un momento tormentato della loro storia diplomatica. E stimolano qualche riflessione sul concetto di sicurezza e sulle sue molteplici “traduzioni” politiche.
Per tentare di comprendere cosa stia accadendo lungo la sponda arabica del Golfo, occorre guardare, più che al summit dei capi di stato svoltosi il 10-11 dicembre in Kuwait, a ciò che è avvenuto prima e intorno alla riu-nione. Il tradizionale vertice dicembrino del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) si è infatti concluso con i soliti, vaghi impegni per il rafforzamento della cooperazione economica e finanziaria.
I tre attacchi coordinati che lo scorso venerdì sono costati la vita a cinquantasei fra poliziotti e soldati yemeniti dimostrano – qualora ce ne fosse ancora bisogno – la capacità operativa di al-Qaeda nella Penisola arabica (AQAP). E gettano ulteriori ombre sull’efficacia della pluridecennale politica di securitization degli Stati Uniti nel paese. Perché proprio ad agosto, i droni di Washington hanno colpito lo Yemen con frequenza e intensità inaudite, uccidendo, tra gli altri, un leader locale di AQAP, Qaid Ahmad Nasser al-Dhahab.