Nonostante un 3° trimestre superiore alle attese, la frenata colpirà tutti i “Big 4”, ma a velocità diverse. Inverno e inflazione potrebbero aggravare la crisi.
L'UE ha bisogno di investire nel campo del digitale, dell’energia sostenibile e della difesa. Ma ci sono le condizioni per altre soluzioni comuni dopo NGEU?
Il conflitto in Ucraina avrà serie ripercussioni sull’economia europea. L’effetto combinato di crescita più bassa e inflazione elevata peggiora le prospettive.
Nel giorno in cui ha preso avvio un altro Consiglio europeo in cui è stata Brexit a tenere banco, ISPI ha lanciato la newsletter "Le parole dell’Europa”, che accompagnerà i propri lettori fino alle elezioni europee del 26 maggio.
Il Consiglio europeo di fine giugno avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per lanciare una roadmap per il rafforzamento dell’Eurozona.
Unità nella diversità. È il motto adottato dal 2000 per l’Unione europea che oggi però suona come un ossimoro inconciliabile. E lo sarà ancora di più nel 2016 e negli anni a venire perché inesorabilmente sbagliato. Si basa infatti su un concetto statico di diversità: il dato cumulato di secoli di storie diverse – e spesso altamente conflittuali – che avrebbero dovuto trovare nella costruzione europea il momento ultimo di sintesi unitaria.
Fino a giovedì scorso l’accordo con la Grecia sembrava davvero a portata di mano. I termini di questo accordo erano trapelati e vertevano su tre punti fondamentali. Anzitutto c’era il nodo delle pensioni. Nelle intenzioni del governo greco l’età pensionabile sarebbe stata portata a 67 anni, ma non prima del 2036. Il compromesso raggiunto puntava invece ad anticiparla al 2025. Considerando l’enorme peso – il più alto in Europa – che la spesa pensionistica ha sul Pil greco non appariva un compromesso inaccettabile.
Le operazioni di sicurezza in Libia, i rapporti con la Russia, lo stato dell’Unione Europea e dell’euro, il sistema di contrappesi alla leadership economica della Germania, le spese militari e gli accordi di libero scambio nell’area transatlantica.
Secondo Forbes è l’italiano più potente del mondo, o almeno lo è stato nel 2014. Parliamo di Mario Draghi(1), il presidente della Banca centrale europea (Bce). Nel corso di questi anni, Draghi è andato ben al di là del mandato ‘tecnico’ che gli statuti Bce prescrivono, e si è spesso comportato da politico, se non da statista, al servizio della causa europea.
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